«Bisogna dare battaglia, perché Dio doni la vittoria»

L’educazione sessuale fornita a scuola dallo Stato non è naturale, non è sempre esistita. Quando è stata inventata, e perché? Le origini dell’educazione sessuale risalgono all’inizio del secolo scorso. L’inventore è l’intellettuale comunista ungherese György Lukács... [R. Marchesini]
VA TUTTO BENE?
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Ho appena partecipato a Roma al Simposio internazionale che l’Associazione 40 Days for Life organizza annualmente in Europa e sono rimasto colpito e affascinato tanto dai giudizi espressi quanto dalle testimonianze incontrate. Segno che, come tante volte affermato, «1il declino non è il destino».
Avremo modo di raccontare quanto accaduto, e di suggerire linee di azione, per il bene di tutta la nostra vita comune, e in particolare per i giovani.

In quella occasione un caro amico mi ha donato il libro di Francesca Romana Poleggi, Per amore dei nostri figli. Con curiosità ho iniziato a leggerlo, e subito mi sono imbattuto in questo pensiero: «Un esempio classico sia di indottrinamento propagandistico, sia di come ciò che abbiamo sempre vissuto ci appaia come naturale, è l’educazione sessuale scolastica. Anche l’educazione sessuale fornita a scuola dallo Stato non è naturale, non è sempre esistita. Quando è stata inventata, e perché? Le origini dell’educazione sessuale risalgono all’inizio del secolo scorso. L’inventore è l’intellettuale comunista ungherese György Lukács (1885-1971). Egli fu commissario per l’istruzione nella Repubblica Sovietica d’Ungheria di Bela Kun (1886-1938). Questo governo durò solo cinque mesi, durante i quali Lukács si adoperò per sradicare dall’Ungheria la morale tradizionale europea (cioè quella cattolica) attraverso il progetto denominato significativamente «terrore culturale». Lo strumento principale del terrore culturale fu proprio l’istituzione di corsi di educazione sessuale per tutte le scuole della Repubblica: sradicando la morale tradizionale nei bambini, nel corso di pochi anni essa sarebbe scomparsa definitivamente dall’Ungheria. Questi “corsi” consistevano nell’esposizione di materiale pornografico esplicito e nell’invito ai bambini di fare ogni tipo di esperienza sessuale; ovviamente, senza il coinvolgimento dei genitori.» [op. cit., Prefazione di R. Marchesini, p. 20]

Con stupore mi sono accorto che ci sono affinità tra quanto accaduto nel passato e quanto realizzato nel nostro presente, certamente fatte salve le necessarie diversità di situazione e di impostazione.
C’è sempre però il tentativo di dimenticare che la crescita dei giovani, la loro istruzione ed educazione, non può essere monopolio dello stato, che ha, in questo campo, una funzione sempre e solo sussidiaria, mai sostitutiva. Addirittura, basti pensare che nella vicina Italia tale compito è affidato alla famiglia stessa!

Potremmo chiederci se le nostre famiglie sono capaci di assumersi questo ruolo fondamentale e se tutti noi siamo depositari di una cultura propositiva, soprattutto in questo tempo in cui sembra che “i genitori abbiano subito lo stesso «lavaggio del cervello» che lasciano infliggere ai loro figli” (op. cit. p. 21).

Non è facile né dare una risposta né trovare una soluzione, sembra che sia difficile volerlo e che ne siamo sostanzialmente incapaci. La cultura dell’aborto, che sembra farci paladini di un diritto irreale all’uccisione dei bimbi concepiti, ha una forza di persuasione che sembra irresistibile, e il desiderio di mettersi insieme per una giusta battaglia sembra illusione, sembra scontrarsi col fatalismo di chi crede che le nostre voci e i nostri sforzi siano destinati all’insuccesso, anzi, che diano forza a coloro le cui posizioni si vogliono contrastare.

Allora? Che fare?

Abbiamo appena celebrato la «Giornata per la vita» ed ecco alcune considerazioni che Davide Prosperi, Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, ha scritto per Avvenire: «Si tratta, come cristiani, di comunicare la bellezza che abbiamo incontrato e che, pur con le fatiche di tutti, ogni giorno riscopriamo. La Giornata per la Vita può diventare così un grande momento di documentazione di ciò di cui ha bisogno il cuore dell’uomo: Qualcuno che lo faccia risorgere, che lo salvi per sempre. Anche nel limite e nel dolore. Del resto «tutto scorre», come diceva V. Grossman, ma la gloria di Cristo, umile e sofferente sulla croce, la stessa gloria di una madre che vede soffrire suo figlio nell’infermità e con tenerezza lo accompagna testimoniandogli la speranza dell’amore, la gloria del malato che offre a Dio il significato misterioso del suo male per la salvezza di ognuno di noi, questa gloria non tramonta. Ed è questa gloria che cambia il mondo.»

Per questo è necessario impegnarsi, senza preoccuparsi dell’esito, con tenacia, con ragioni, creando luoghi di verità e di vita, come quando famiglie appassionate dell’educazione si mettono insieme associate con l’impegno di aiutarsi, esprimendo giudizi, incontrando personalità vive, accogliendo coloro che portano le ferite dei loro bisogni, creando occasioni e spazi in particolare per i giovani, insomma, «dare battaglia», perché «Bisogna dare battaglia, perché Dio doni la vittoria», come ha ricordato santa Giovanna d’Arco.