“Per mantenere codesta vostra libertà”
Quanto accade nel piccolo Stato di San Marino ha una portata molto più vasta dei suoi confini- Autore:
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Mi è capitato più volte di rimanere colpito dai manifesti «pubblici» di San Marino, come quello che afferma “Lontana dai luoghi comuni, vicina a te”, invitando a visitare una Repubblica importante per la sua originalità e dalle caratteristiche uniche, come quella di essere la più antica Repubblica nella storia.
E, in questi giorni, mi ha incuriosito il manifesto che invita a visitare la mostra dedicata a Federico da Montefeltro e racchiude 25 delle 222 lettere conservate nell’Archivio di Stato Sammarinese che rappresentano la corrispondenza tra il principe urbinate e San Marino tra il 1441 e il 1482. Il titolo così si esprime: “Per mantenere codesta vostra libertà”.
Ed è tratto da una lettera di Federico da Montefeltro rivolta ai Capitani Reggenti da poco eletti.
Spinto da questo invito, sono andato a visitare la mostra al Palazzo Pubblico e ho comprato il catalogo che riporta tutte le lettere conservate nell’Archivio di Stato.
Ed ecco la lettera trascritta dai curatori del catalogo in italiano corrente: «Magnifici amici nostri carissimi, nei giorni scorsi abbiamo avuto una vostra lettera per mezzo della quale ci comunicate come siate stati eletti di recente capitani di codesta vostra terra. Rispondiamo che abbiamo avuto gran piacere di ciò, perché già in altri tempi abbiamo sperimentato la vostra buona fede verso il nostro Stato e sappiamo bene che voi due siete buoni amici di casa nostra. E così dal nostro canto vi offriamo quanto possiamo fare per mantenere codesta vostra libertà, come hanno fatto tutti i nostri predecessori. Ma vi preghiamo che ci facciate sapere con una lettera se volete essere con noi nel male e nel bene e avere l’amico per amico e il nemico per nemico, come avete sempre fatto con la casa di Montefeltro [...].»
Più avanti, in un’altra lettera, afferma: «Giacomo Piccinino d’Aragona e Federico da Montefeltro… siamo tenuti alla difesa della libertà di codesta terra di San Marino, contro chiunque cercasse di turbarla…», mentre altrove egli stesso si rammarica che qualcuno impedisca «la vostra libertà e le vostre immunità».
Si tratta della libertà di un paese caro e subito ci sovvengono le parole più recenti, antiche e ponderate, di Carducci, di cui ho avuto modo di scrivere altrove.
Che cosa colpisce di questo straordinario richiamo custodito gelosamente negli archivi della Repubblica? Innanzitutto la certezza che il nostro genoma è l’amore e la difesa della libertà, che viene riconosciuto anche da coloro che non appartengono alla Repubblica stessa. È un motivo di fierezza, è la ragione di esistere di una realtà come la nostra, per quanto piccola possa essere. Non solo, ma la consapevolezza (espressa anche in molte altre lettere) che ci sono dei nemici di questa libertà e che è necessario un comune impegno per sconfiggerli. E questo implica pure che si sappia scegliere con chi stare, come conclude la prima missiva citata.
Possono queste parole valere per l’oggi? A me pare di sì, e la visita della mostra me ne ha dato conferma.
La libertà è il bene più prezioso dell’uomo, come diceva Cervantes: “La libertà è il bene più grande che i cieli abbiano donato agli uomini” e per questo va continuamente difesa. Soprattutto in questi tempi drammatici, di guerra e di menzogna. Così vale la pena ripensare a quanto s. Paolo VI diceva a proposito dell’impegno per una vita libera nella Lettera Apostolica Octogesima adveniens: «Spetta alle comunità cristiane individuare, con l’assistenza dello Spirito Santo - in comunione coi vescovi responsabili, e in dialogo con gli altri fratelli cristiani e con tutti gli uomini di buona volontà -, le scelte e gli impegni che conviene prendere per operare le trasformazioni sociali, politiche ed economiche che si palesano urgenti e necessarie in molti casi… Nella diversità delle situazioni, delle funzioni, delle organizzazioni, ciascuno deve precisare la propria responsabilità e individuare, coscienziosamente, le azioni alle quali egli è chiamato a partecipare. Coinvolto in correnti diverse dove accanto a legittime aspirazioni s’insinuano orientamenti più ambigui, il cristiano deve operare una cernita oculata ed evitare di impegnarsi in collaborazioni non controllate e contrarie ai principi di un autentico umanesimo, sia pure in nome di solidarietà effettivamente sentite. Se infatti egli desidera avere una funzione specifica, come cristiano in conformità alla sua fede - funzione che gli stessi increduli attendono da lui - deve stare attento, nel suo impegno attivo, a elucidare le proprie motivazioni, e a oltrepassare gli obiettivi perseguiti in una visione più comprensiva, al fine di evitare il pericolo di particolarismi egoistici e di totalitarismi oppressori.»
Per una realtà che ha come fondatore e patrono un santo, che ha avuto l’amicizia nella storia di tali grandi personaggi, che ha nelle radici cristiane le ragioni della propria esistenza, questo impegno per la libertà, declinato dalla voce autorevole della Chiesa, è un programma irrinunciabile.
A meno di andare al seguito di coloro che, non amando la nostra storia, distruggono le nostre radici e i principi «non negoziabili» che, nella verità dell’umano, sostengono la Libertà di questo Stato.