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Castigo di Dio oppure Dio castigato?

Autore:
Mondinelli, Andrea
Fonte:
CulturaCattolica.it

Il polverone suscitato dalla trasmissione di padre Cavalcoli continua a crescere, passando dagli attacchi del viscido Melloni su Repubblica (http://ilsismografo.blogspot.it/2016/11/italia-quel-dio-crudeli-dei-cattolici.html?m=1), alla denuncia per diffamazione contro Cavalcoli. Perché tutta questa vera e propria canea? La nuova bussola on line la butta sulla politica più che sulla dottrina, con l’attacco lgbt a Radio Maria (http://www.lanuovabq.it/it/articoli-il-caso-radio-maria-unoperazione-della-lobby-gay-17977.htm), ma la questione è molto, molto più profonda e fondamentale.
Padre Serafino Lanzetta dei Francescani dell’Immacolata lo spiega bene nel video del cafè teologico di Verona del febbraio 2015, il cui titolo è “Dio castiga?” (https://youtu.be/O-ajeOcGApI). Padre Serafino, giustamente, spiega che la risposta alla domanda del titolo è strettamente correlata ad una più fondamentale risposta alla domanda: “Chi è Dio?”. A questa domanda ne segue un’altra fondamentale per la salvezza delle anime: “Come è avvenuta ed avviene la nostra Redenzione”?
È proprio questo il nocciolo della questione. La più bella e sintetica spiegazione che io abbia mai letto è contenuta nell’enciclica di Pio XII Haurietis aquas dedicata al Sacro Cuore di Gesù. Quando, qualche anno fa, la lessi per la prima volta rimasi doppiamente a bocca aperta: prima per lo stupore della bellezza, poi per il terribile obnubilamento di tale verità di fede. Ecco il brano:

“Il Mistero della Divina Redenzione, infatti, è propriamente e naturalmente un mistero di amore: un mistero, cioè, di amore giusto da parte di Cristo verso il Padre celeste, cui il sacrificio della Croce, offerto con animo amante ed obbediente, presenta una soddisfazione sovrabbondante ed infinita per le colpe del genere umano: «Cristo, soffrendo per carità ed ubbidienza, offrì a Dio qualche cosa di maggior valore, che non esigesse la compensazione per tutte le offese a Dio fatte dal genere umano». Inoltre, il Mistero della Redenzione è un mistero di amore misericordioso dell’Augusta Trinità e del Redentore divino verso l’intera umanità, poiché questa, essendo del tutto incapace di offrire a Dio una soddisfazione degna per i propri delitti, Cristo, mediante le inscrutabili ricchezze di meriti, che si acquistò con l’effusione del suo preziosissimo Sangue, poté ristabilire e perfezionare quel patto di amicizia tra Dio e gli uomini, ch’era stato una prima volta violato nel Paradiso terrestre per colpa di Adamo, e poi innumerevoli volte per le infedeltà del Popolo Eletto.
Pertanto il Divin Redentore — nella sua qualità di legittimo e perfetto Mediatore nostro — avendo, sotto lo stimolo di una accesissima carità per noi, conciliato perfettamente i doveri e gli impegni del genere umano con i diritti di Dio, è stato indubbiamente l’autore di quella meravigliosa conciliazione tra la divina giustizia e la divina misericordia, che costituisce appunto l’assoluta trascendenza del mistero della nostra salvezza, così sapientemente espressa dall’Angelico Dottore in queste parole: «Giova osservare che la liberazione dell’uomo, mediante la passione di Cristo, fu conveniente sia alla sua misericordia che alla sua giustizia. Alla giustizia anzitutto, perché con la sua passione Cristo soddisfece per la colpa del genere umano: e quindi per la giustizia di Cristo l’uomo fu liberato. Alla misericordia, poi, poiché, non essendo l’uomo in grado di soddisfare per il peccato inquinante tutta l’umana natura, Dio gli donò un riparatore nella persona del Figlio suo. Ora questo fu da parte di Dio un gesto di più generosa misericordia, che se Egli avesse perdonato i peccati senza esigere alcuna soddisfazione. Perciò sta scritto: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore che ci portava pur essendo noi morti per le nostre colpe, ci richiamò a vita in Cristo”».

Oggi molti teologi, e di conseguenza molti sacerdoti, hanno ribaltato questa verità di salvezza, sostenendo che Cristo non avrebbe patito per i peccati degli uomini, ma anzi avrebbe per così dire cancellato le colpe di Dio. Infatti, la massa del male deriverebbe dalla libertà che Lui stesso ha concesso.

Capite bene che, con questa inversione di rotta (definito come nuovo indirizzo) pensare ad un Dio che castiga è assolutamente impossibile ed impensabile. Anzi, siccome la colpa è di Dio e castigare significa etimologicamente “rendere casto”, allora siamo stati noi che, inchiodando Cristo alla croce, abbiamo castigato Dio, purgandolo dalle sue colpe (castigato, purificato e purgato sono sinonimi http://www.treccani.it/vocabolario/castigato_(Sinonimi-e-Contrari)/).

È chiaro a tutti che questa teologia è follia pura, oppure no?
Infatti, dove abbia portato la “inversione di rotta” ed il “nuovo indirizzo” è sotto gli occhi di tutti. Ma il fiat del Figlio non è centrato tanto sulla “collera” di Dio, quanto sulla riparazione della Giustizia violata. Il Verbo si è incarnato, per riparare il peccato di fronte al Padre, atto di cui l’uomo era incapace per l’entità della colpa che lo aveva separato dal Creatore e Signore: “Lui, Dio ha prestabilito mezzo di propiziazione, per via della fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia, a motivo della tolleranza per le passate colpe” (Rm 3,25). E anche: “Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4, 10). E ancora: “Tu sei degno, o Signore, di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione e li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti” (Ap, 5, 9-10). L’offerta di Gesù sulla Croce è sì la dimostrazione di un supremo atto di amore ma, insieme, è anche un atto supremo di obbedienza che compie una suprema giustizia.
Come è chiarissimo il Magistero della lettera enciclica “Haurietis aquas”, così è chiarissimo il catechismo di San Pio X:

il sacrificio della Croce è l’unico sacrificio della nuova legge, inquantoché per esso il Signore placò la Divina Giustizia, acquistò tutti i meriti necessari a salvarci, e così compì da parte sua la nostra redenzione. Questi meriti però Egli ci applica pei mezzi da lui istituiti nella sua Chiesa, tra i quali è il santo sacrificio della Messa” (n.658 Il Catechismo maggiore di San Pio X).


La questione è che il cattolico “moderno” non è più in grado di comprendere tale linguaggio, poiché il linguaggio liturgico del Santo Sacrificio della Messa è stato talmente marginalizzato da essere quasi totalmente espunto. Infatti, si parla solo di sacrificio di lode, perché accettabile dai protestanti, e ci si dimentica facilmente che il Sacrificio della Messa ri-presenta, rende attuale (in modo incruento) il Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo sulla Croce; e che i fini per i quali si offre il sacrificio della santa Messa sono: 1º per onorarlo come si conviene, e per questo si chiama latreutico; 2º per ringraziarlo dei suoi benefici, e per questo si chiama eucaristico; 3º per placarlo, per dargli la dovuta soddisfazione dei nostri peccati e per suffragare le anime del purgatorio; e per questo si chiama propiziatorio; 4º per ottenere tutte le grazie che ci sono necessarie, e per questo si chiama impetratorio.

Morale della storia
. L’impossibilità anche solo di parlare di castigo di Dio senza essere inceneriti dal mondo laicista e dall’anti-chiesa modernista è solo l’effetto di una causa ben più profonda: l’odio satanico verso il Santo Sacrificio della Messa. Ce lo ricorda proprio il nostro Divin Maestro nel capitolo 24 del Vangelo di Matteo (riportato per intero in appendice):

«15 Quando dunque vedrete l’abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo - chi legge comprenda -, 16 allora quelli che sono in Giudea fuggano ai monti, 17 chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere la roba di casa, 18 e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. 19 Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni. 20 Pregate perché la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato. 21 Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai avvenne dall’inizio del mondo fino a ora, né mai più ci sarà. 22 E se quei giorni non fossero abbreviati, nessun vivente si salverebbe; ma a causa degli eletti quei giorni saranno abbreviati».

L’abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, che sta nel luogo santo è questo (l’Arcangelo Gabriele parla a Daniele):

“Va, Daniele, queste parole sono nascoste e sigillate sino al tempo della fine. Molti saranno purificati, resi candidi, integri, ma gli empi continueranno ad agire empiamente. Nessuno degli empi intenderà queste cose, ma i saggi le comprenderanno. Ora, dal tempo in cui sarà abolito il sacrificio quotidiano e sarà eretto l’abominio della desolazione, ci saranno milleduecentonovanta giorni. Beato chi aspetterà con pazienza e giungerà a milletrecentotrentacinque giorni”. (Dn. 12, 9-12).


È proprio la Santa Messa il sacrificio quotidiano, l’oblazione pura che viene offerta al Signore in ogni parte, dal sorgere al tramonto del sole.

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