Il sacrificio della Messa

Autore:
Mondinelli, Andrea
Fonte:
CulturaCattolica.it
Vai a "Ultime news"
I quattro fini per cui si offre il Sacrificio della Messa

Caro don Gabriele,
il mondo in cui viviamo sta precipitando sempre più velocemente nell’abisso, in particolare il mondo occidentale, Europa in testa. L’elenco della nefandezze è lungo, ma più che l’elenco mi interessa focalizzare il motivo per cui ci troviamo in tale situazione. La risposta è contenuta in quella perla preziosa che è il Catechismo della Chiesa Cattolica:

2031. La vita morale è un culto spirituale. Noi offriamo i nostri “corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” (Rm 12,1), in seno al Corpo di Cristo, che noi formiamo, e in comunione con l’offerta della sua Eucaristia. Nella Liturgia e nella celebrazione dei sacramenti, preghiera ed insegnamento si uniscono alla grazia di Cristo, per illuminare e nutrire l’agire cristiano. Come l’insieme della vita cristiana, la vita morale trova la propria fonte e il proprio culmine nel sacrificio eucaristico.


Se è vero, come è vero, che il Sacrificio eucaristico è fonte e apice della vita morale, allora significa che tale Sacrificio è stato dimenticato; ce ne siamo allontanati.
Se ti ricordi, avevo messo al primo posto per la ricostruzione della nostra società l’esigenza che noi cattolici rimettessimo al primo posto il Santo Sacrificio. Purtroppo, molti di noi non sanno neppure di cosa si sta parlando. Del resto non lo sapevo neppure io fino a 8 anni fa, quando incontrai un sacerdote che lo negava dal pulpito durante la Messa! Era così imbufalito che cercai di capire cosa fosse tale Sacrificio. Puoi immaginare come rimasi di sasso nello scoprire che il Santo Sacrificio è proprio la Santa Messa. Feci un piccolo esperimento con amici catechisti e nessuno di loro ne sapeva qualcosa. Purtroppo, molti fedeli vanno a Messa senza sapere a cosa assistono, a cosa partecipano e, soprattutto, quali sono le immense grazie che si ricevono.
Il vertice della Redenzione si è compiuto sulla Croce! La via della salvezza, pertanto, è la via del Calvario. Non ce ne sono altre. Percorrendo la via del Calvario si diventa vittime d’amore e questo sacrificio gradito a Dio unito al Santo Sacrificio di Cristo ci porta alla Verità ed alla vera Vita.
Gesù ce lo vuole ricordare anche tramite la visibile esperienza dei santi stimmatizzati, in particolare ricordo santa Veronica Giuliani. Benedetto XVI, nella sua catechesi sulla santa:

Il Cristo a cui Veronica è profondamente unita è quello sofferente della passione, morte e risurrezione; è Gesù nell’atto di offrirsi al Padre per salvarci. […] Veronica arriva a chiedere a Gesù di essere crocifissa con Lui: “In un istante – scrive –, io vidi uscire dalle Sue santissime piaghe cinque raggi risplendenti; e tutti vennero alla volta mia. Ed io vedevo questi raggi divenire come piccole fiamme. In quattro vi erano i chiodi; ed in una vi era la lancia, come d’oro, tutta infuocata: e mi passò il cuore, da banda a banda… e i chiodi passarono le mani e i piedi. Io sentii gran dolore; ma, nello stesso dolore, mi vedevo, mi sentivo tutta trasformata in Dio” (Diario, I, 897).


Santa Veronica ha ricevuto le stimmate nella sua carne per testimoniarci quello che le nostre anime dovrebbero chiedere e vivere durante la Santa Messa. Infatti, dove incontriamo, principalmente, Gesù? Sul Calvario, tutte le volte che partecipiamo al Santo Sacrificio della Messa. Tutti, anche coloro che non possono ricevere la Santa Comunione. Innanzitutto, cosa significa Messa?

Se si apre il vocabolario etimologico, ci si accorge che alla voce Messa, compaiono due significati: il primo fa risalire il termine “Missa” al latino “missio” e al verbo “mittere”, ove “missio” era l’atto con cui si compariva davanti al superiore e con cui si era da lui congedati per compiere qualche ordine (missione); la seconda etimologia fa derivare “Missa” dall’ebraico “Missah”, che significa offerta o sacrificio. Entrambe le etimologie sono da ritenere per farsi una prima idea di ciò che è la santa Messa: un’offerta sacrificale, che si attua comparendo davanti ad un Superiore, da cui si parte con una missione ben precisa. Anche in latino, ordinariamente, la santa Messa era (ed è) chiamata “Sacrificium”, ovvero un’immolazione offerta a Dio, un tributo offerto a Lui da un suo servo a ciò esplicitamente designato per riconoscerne la Maestà infinita, per ripararne la giustizia offesa dai peccati, per impetrare grazie sull’umanità e per intercedere presso di Lui a favore dei vivi e dei defunti.
La santa Messa è dunque l’offerta di un sacrificio
. Quale sacrificio e chi lo offre? Noi sappiamo che nostro Signore Gesù Cristo, al fine di attestare l’assoluta Maestà del Padre e l’assoluta obbedienza che gli è dovuta, non ha esitato ad offrirGli il sacrificio supremo, quello della sua vita, un sacrificio cruento, consumatosi sul patibolo più infame che la storia abbia conosciuto, in una condizione estremamente infamante ed umiliante. Lo ha fatto anche per riconciliare l’umanità peccatrice, portando ed inchiodando sulla Croce i peccati di tutti, espiandoli davanti alla divina Giustizia tra pene indicibili ed ottenendo ogni grazia e benedizione presso il Padre, essendosi offerto a nome ed in rappresentanza dell’intero genere umano. Questo atto, a cui ha partecipato come Corredentrice Maria Santissima, unendo le sue sofferenze di Madre misticamente crocifissa a quelle del Figlio, ha riacquistato all’umanità intera la Grazia perduta da Adamo e da ogni uomo peccatore. Tuttavia, compiuto il Sacrificio e riacquistata la Grazia, mancava, se così si può dire, ancora qualcosa: un mezzo, uno strumento perché gli infiniti meriti acquistati da Gesù potessero raggiungere tutti gli uomini di ogni luogo e di ogni tempo, perché ne potessero beneficiare dei frutti ed usufruirne degli effetti; un mezzo adatto a distribuire ed applicare i meriti infiniti acquistati da Gesù attraverso il suo Sacrificio cruento: questo Mezzo sublime e divino è la santa Messa. (La Santa Messa: piccolo paradiso in terra).


La Messa è l’offerta di un sacrificio! Non si trova praticamente nulla, sia nei manuali di catechismo dell’ICFR, sia negli incontri di catechesi in cui si trattano i temi più svariati ed esotici, tranne l’insegnamento che la Messa è il Sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita cristiana:

Il principale insegnamento della Chiesa sulla santa Messa fu dato dal Concilio di Trento, che reagì alle eresie di Lutero che negava che la Messa fosse un vero sacrificio e che nell’Ostia consacrata fosse veramente, realmente e sostanzialmente presente Gesù. Il Concilio insegnò anzitutto che la S. Messa è un sacrificio vero e proprio, nel quale, sotto le apparenze sensibili del pane e del vino, si offre dal sacerdote a Dio sull’altare, il Corpo e il Sangue di Cristo istituito nell’Ultima Cena, quando Gesù costituì gli apostoli sacerdoti e con essi i loro successori e diede loro il potere di offrire questo sacrificio. Il Concilio prosegue qualificando questo Sacrificio come la rinnovazione e la perpetuazione del Sacrificio della Croce e non una semplice commemorazione di esso oppure un semplice sacrificio di lode o di ringraziamento: è un vero e proprio sacrificio propiziatorio. Questo significa che, sull’altare, dopo le parole della consacrazione viene realmente a riprodursi il sacrificio compiuto da Gesù sul Golgota, perché vediamo il suo Corpo separato dal suo Sangue, ovvero nella condizione in cui si trovava quando stava patendo sulla Croce per noi. È propiziatorio, in quanto applica la soddisfazione offerta da Gesù in espiazione dei peccati e della pena ad essi dovuta. Il Concilio prosegue affermando che c’è piena identità tra Sacrificio del Golgota e Sacrificio della Santa Messa; cambia solo il modo con cui Gesù si offre. Sulla Croce lo fece in maniera cruenta (con reale spargimento di Sangue) e da Se stesso; nella Santa Messa lo fa in modo incruento (senza spargere sangue), sacrificandosi ed annientandosi misticamente e sacramentalmente, attraverso la separazione del suo Corpo dal Sangue riprodotta nelle Sacre Specie; inoltre si offre non da Se stesso, ma tramite il ministero dei sacerdoti, attraverso i quali Egli continua ad esercitare il suo Sommo ed eterno sacerdozio a favore dell’umanità. Essi hanno il potere di applicare secondo certe intenzioni qui ed ora i meriti infiniti del sacrificio della Croce. (La Santa Messa: piccolo paradiso in terra)


Il compianto Papa Pio XII, nell’enciclica Mediator Dei, riprese e sviluppò questi concetti, contro alcuni errori moderni che andavano ampiamente prendendo piede già ai suoi tempi. Disse dunque che “il Sacrificio della Croce è perpetuamente ripresentato e rinnovato nel Sacrificio della Messa, con la sola differenza nel modo di offrirsi da parte di Gesù”; che la “separazione violenta del Corpo dal Sangue di Gesù” che avvenne sulla Croce “è rappresentata e compiuta nella separazione sacramentale del pane consacrato dal vino consacrato”.

Insegna Papa Pio XII nell’enciclica Mediator Dei:
L’augusto Sacrificio dell’altare non è, dunque, una pura e semplice commemorazione della passione e morte di Gesù Cristo, ma è un vero e proprio sacrificio, nel quale, immolandosi incruentamente, il Sommo Sacerdote fa ciò che fece una volta sulla Croce offrendo al Padre tutto se stesso, vittima graditissima. «Una… e identica è la vittima; egli medesimo, che adesso offre per ministero dei sacerdoti, si offrì allora sulla Croce; è diverso soltanto il modo di fare l’offerta».
Identico, quindi, è il sacerdote, Gesù Cristo, la cui sacra persona è rappresentata dal suo ministro. Questi, per la consacrazione sacerdotale ricevuta, assomiglia al Sommo Sacerdote, ed ha il potere di agire in virtù e nella persona di Cristo stesso; perciò, con la sua azione sacerdotale, in certo modo «presta a Cristo la sua lingua, gli offre la sua mano».
Parimenti identica è la vittima, cioè il Divin Redentore, secondo la sua umana natura e nella realtà del suo Corpo e del suo Sangue. Differente, però, è il modo col quale Cristo è offerto. Sulla Croce, difatti, Egli offrì a Dio tutto se stesso e le sue sofferenze, e l’immolazione della vittima fu compiuta per mezzo di una morte cruenta liberamente subita; sull’altare, invece, a causa dello stato glorioso della sua umana natura, «la morte non ha più dominio su di Lui» e quindi non è possibile l’effusione del sangue; ma la divina sapienza ha trovato il modo mirabile di rendere manifesto il sacrificio del nostro Redentore con segni esteriori che sono simboli di morte. Giacché, per mezzo della transustanziazione del pane in corpo e del vino in sangue di Cristo, come si ha realmente presente il suo corpo, così si ha il suo sangue; le specie eucaristiche poi, sotto le quali è presente, simboleggiano la cruenta separazione del corpo e del sangue. Così il memoriale della sua morte reale sul Calvario si ripete in ogni sacrificio dell’altare, perché per mezzo di simboli distinti si significa e dimostra che Gesù Cristo è in stato di vittima.
Identici, finalmente, sono i fini, di cui il primo è la glorificazione di Dio. Dalla nascita alla morte, Gesù Cristo fu divorato dallo zelo della gloria divina, e, dalla Croce, l’offerta del sangue arrivò al cielo in odore di soavità. E perché questo inno non abbia mai a cessare, nel Sacrificio Eucaristico le membra si uniscono al loro Capo divino e con Lui, con gli Angeli e gli Arcangeli, cantano a Dio lodi perenni, dando al Padre onnipotente ogni onore e gloria.
Il secondo fine è il ringraziamento a Dio. Il Divino Redentore soltanto, come Figlio di predilezione dell’Eterno Padre di cui conosceva l’immenso amore, poté innalzarGli un degno inno di ringraziamento. A questo mirò e questo volle «rendendo grazie», nell’ultima cena, e non cessò di farlo sulla Croce, non cessa di farlo nell’augusto Sacrificio dell’altare, il cui significato è appunto l’azione di grazie o eucaristica, e ciò perché è «cosa veramente degna e giusta, equa e salutare».
Il terzo fine è l’espiazione e la propiziazione. Certamente nessuno al di fuori di Cristo poteva dare a Dio Onnipotente adeguata soddisfazione per le colpe del genere umano; Egli, quindi, volle immolarsi in Croce «propiziazione per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo». Sugli altari si offre egualmente ogni giorno per la nostra redenzione, affinché, liberati dalla eterna dannazione, siamo accolti nel gregge degli eletti. E questo non soltanto per noi che siamo in questa vita mortale, ma anche «per tutti coloro che riposano in Cristo, che ci hanno preceduto col segno della fede e dormono il sonno della pace»; poiché sia che viviamo, sia che moriamo, «non ci separiamo dall’unico Cristo».
Il quarto fine è l’impetrazione. Figlio prodigo, l’uomo ha male speso e dissipato tutti i beni ricevuti dal Padre celeste, perciò è ridotto in somma miseria e squallore; dalla Croce, però, Cristo «avendo a gran voce e con lacrime offerto preghiere e suppliche . . . è stato esaudito per la sua pietà», e sui sacri altari esercita la stessa efficace mediazione affinché siamo colmati d’ogni benedizione e grazia. Si comprende pertanto facilmente perché il sacrosanto Concilio di Trento affermi che col Sacrificio Eucaristico ci viene applicata la salutare virtù della Croce per la remissione dei nostri quotidiani peccati.


Anche noi fedeli partecipiamo attivamente alla Messa. Come? Sempre Pio XII insegna:

È necessario dunque, Venerabili Fratelli, che tutti i fedeli considerino loro principale dovere e somma dignità partecipare al Sacrificio Eucaristico non con un’assistenza passiva, negligente e distratta, ma con tale impegno e fervore da porsi in intimo contatto col Sommo Sacerdote, come dice l’Apostolo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, offrendo con Lui e per Lui, santificandosi con Lui».
È ben vero che Gesù Cristo è sacerdote, ma non per se stesso, bensì per noi, presentando all’Eterno Padre i voti e i religiosi sensi di tutto il genere umano; Gesù è vittima, ma per noi, sostituendosi all’uomo peccatore; ora il detto dell’Apostolo: «abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» esige da tutti i cristiani di riprodurre in sé, per quanto è in potere dell’uomo, lo stesso stato d’animo che aveva il Divin Redentore quando faceva il Sacrificio di sé: l’umile sottomissione dello spirito, cioè, l’adorazione, l’onore, la lode e il ringraziamento alla somma Maestà di Dio; richiede, inoltre, di riprodurre in se stessi le condizioni della vittima: l’abnegazione di sé secondo i precetti del Vangelo, il volontario e spontaneo esercizio della penitenza, il dolore e l’espiazione dei propri peccati. Esige, in una parola, la nostra mistica morte in Croce con Cristo, in modo da poter dire con San Paolo: «sono confitto con Cristo in Croce». È necessario, Venerabili Fratelli, spiegare chiaramente al vostro gregge come il fatto che i fedeli prendono parte al Sacrificio Eucaristico non significa tuttavia che essi godano di poteri sacerdotali. […] Ricordiamo solamente che il sacerdote fa le veci del popolo perché rappresenta la persona di Nostro Signore Gesù Cristo in quanto Egli è Capo di tutte le membra ed offrì se stesso per esse: perciò va all’altare come ministro di Cristo, a Lui inferiore, ma superiore al popolo. Il popolo invece, non rappresentando per nessun motivo la persona del Divin Redentore, né essendo mediatore tra sé e Dio, non può in nessun modo godere di poteri sacerdotali.
Tutto ciò consta di fede certa; ma si deve inoltre affermare che anche i fedeli offrono la vittima divina, sotto un diverso aspetto. […] Infatti, non soltanto il sacro ministro, dopo l’offerta del pane e del vino, rivolto al popolo, dice esplicitamente: «Pregate, o fratelli, perché il mio e il vostro sacrificio sia accetto presso Dio Padre Onnipotente», ma le preghiere con le quali viene offerta la vittima divina vengono, per lo più, dette al plurale, e in esse spesso si indica che anche il popolo prende parte come offerente a questo augusto Sacrificio. Si dice, per esempio: «per i quali noi ti offriamo e ti offrono anch’essi […] perciò ti preghiamo, o Signore, di accettare placato questa offerta dei tuoi servi di tutta la tua famiglia. […] Noi tuoi servi, come anche il tuo popolo santo, offriamo alla eccelsa tua Maestà le cose che Tu stesso ci hai donato e date, l’Ostia pura, l’Ostia santa, l’Ostia immacolata».
[…] Per non far nascere errori pericolosi in questo importantissimo argomento, è necessario precisare con esattezza il significato del termine «offerta». L’immolazione incruenta per mezzo della quale, dopo che sono state pronunziate le parole della consacrazione, Cristo è presente sull’altare nello stato di vittima, è compiuta dal solo sacerdote in quanto rappresenta la persona di Cristo e non in quanto rappresenta la persona dei fedeli. Ponendo però, sull’altare la vittima divina, il sacerdote la presenta a Dio Padre come oblazione (sinonimo di offerta. ndr) a gloria della Santissima Trinità e per il bene di tutte le anime. A quest’oblazione propriamente detta i fedeli partecipano nel modo loro consentito e per un duplice motivo; perché, cioè, essi offrono il Sacrificio non soltanto per le mani del sacerdote, ma, in certo modo, anche insieme con lui, e con questa partecipazione anche l’offerta fatta dal popolo si riferisce al culto liturgico.


Partecipare alla Messa, per noi fedeli, significa la partecipazione dell’immolazione. Attenti, perché questo punto è per noi veramente cruciale:

Perché poi l’oblazione, con la quale in questo Sacrificio i fedeli offrono la vittima divina al Padre Celeste, abbia il suo pieno effetto, ci vuole ancora un’altra cosa; è necessario, cioè, che essi immolino se stessi come vittima.
Questa immolazione non si limita al sacrificio liturgico soltanto. Vuole, difatti, il Principe degli Apostoli che per il fatto stesso che siamo edificati come pietre vive su Cristo, possiamo come «sacerdozio santo, offrire vittime spirituali gradite a Dio per Gesù Cristo»; e Paolo Apostolo, poi, senza nessuna distinzione di tempo, esorta i cristiani con le seguenti parole: «Io vi scongiuro, adunque, o fratelli […] che offriate i vostri corpi come vittima viva, santa, a Dio gradita, come razionale vostro culto». Ma quando soprattutto i fedeli partecipano all’azione liturgica con tanta pietà ed attenzione da potersi veramente dire di essi: «dei quali ti è conosciuta la fede e nota la devozione», non possono fare a meno che la fede di ognuno di essi operi più alacremente per mezzo della carità, si rinvigorisca e fiammeggi la pietà, e si consacrino tutti quanti alla ricerca della gloria divina, desiderando con ardore di divenire intimamente simili a Gesù Cristo che patì acerbi dolori, offrendosi col Sommo Sacerdote e per mezzo di Lui come ostia spirituale.


Questo è il Cuore della Santa Messa. Infatti, Pio XII, opponendosi ad alcune teorie che facevano della santa Comunione il fine ed il centro della Messa, obiettò che “occorre sottolineare che il Sacrificio eucaristico consiste essenzialmente nell’immolazione incruenta della Vittima Divina, mentre la santa Comunione ha per scopo di farci partecipare sacramentalmente al Sacrificio e pertanto non può essere ricevuta se non si hanno le dovute disposizioni (grazia di Dio, desiderio di ricevere Gesù, pensare a Chi è Colui che si riceve e osservare il digiuno eucaristico), ribadendo che solo la Comunione del Sacerdote celebrante è indispensabile per la validità del Sacrificio.

Questa è la nostra unica via, che ci porta all’Amore. Le ultime parole di Santa Veronica, alla fine del suo pellegrinaggio terreno, furono:

Ho trovato l’Amore! Ditelo a tutte. E’ questo il segreto delle mie gioie e delle mie sofferenze: l’Amore si è lasciato trovare.


San Pio da Pietrelcina (la cui Messa durava oltre due ore), rappresenta una testimonianza vivente della dottrina cattolica sulla santa Messa: egli infatti riviveva durante la Messa l’intera Passione di Gesù (che in essa si rinnova).
Ecco la sua testimonianza raccolta dalla sua figlia spirituale Cleonice Morcaldi e pubblicata nel libro “La mia vita vicino a padre Pio. Diario intimo spirituale”.

“Padre, ditemi, per amore di Dio, se la corona di spine l’avete per tutto il tempo della Messa” – “Sì, e anche prima e dopo”. “Quanti peccati espiò Gesù con la corona di spine?” – “Tutti, in particolare i peccati di pensiero”. “A Gesù durante la Passione strapparono i capelli. Soffrite pure questo, voi?” – “Mi scerpano pure le ossa”. “Anche la flagellazione soffrite durante la santa Messa?” – “Sì, in modo crescente dalla consacrazione alla comunione”. “Quando subite la morte?” – “Nella santa comunione”. “L’Addolorata vi assiste? È sempre presente durante il divino Sacrificio?” – “Può una Madre disinteressarsi del Figlio? C’è Lei e c’è tutto il Paradiso”. “Perché avete pianto durante le tre Messe di Natale?” – “E me lo domandi pure? Non pensi al tremendo mistero della Messa? Un Dio vittima per la salvezza degli uomini che L’offendono. Non pensi che tutto il Paradiso si riversa sull’Altare? E noi sacerdoti siamo i macellai dell’Agnello di Dio”. “Ditemi come devo assistere alla vostra Messa” – “Compatendo e amando. Assisti come assistettero la Vergine e le pie donne”. “Quanta gloria dà a Dio la santa Messa?” – “Infinita gloria!”. Come infiniti sono i benefici che ciascuno di noi può trarne…



L’unico che può ricostruire i danni che abbiamo provocato è Gesù! L’unica cosa che ci chiede è di rimettere al centro il suo Divino Sacrificio e di parteciparvi! Che aspettiamo?