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Stefano Ferri, anzi, Stefania

Fonte:
CulturaCattolica.it
Suvvia, non siate bacchettoni, non mi direte che vi pare una cosa bizzarra che un uomo, sposato con una donna dalla quale ha avuto una figlia, decida di andarsene in giro in abiti femminili, con i tacchi a spillo, i collant e il tailleur. Cosa ci sarà mai di strano?

Gli uomini cominciarono a usare i bottoni nel Medioevo, di solito cuciti sulla parte destra del vestito: potevano così sbottonarsi più facilmente con la mano sinistra, tenendo libera la destra per l’arma. Le donne, invece, usavano per lo più laccetti. Nella seconda metà dell’800, quando i bottoni si diffondono anche nel corredo femminile, viene sancita per consuetudine la differenza: gli uomini con i bottoni a destra e la sovrapposizione della parte sinistra, le donne con i bottoni a sinistra.
Una consuetudine che sottolinea le differenze, perché le differenze sono un valore, indicano sensibilità diverse, sguardi differenti sul mondo, modi unici di affrontare le situazioni.
Pare invece che in nome di una libertà che è omologazione, non esistono più né uomini, né donne, né padri, né madri, da più parti si stia lottando per una normalizzazione di qualsiasi tendenza sessuale e di qualsiasi stranezza.
E’ di questi giorni un articolo sul Corriere e poi una trasmissione Rai dove veniva raccontata la storia di Stefano Ferri.
Stefano 50 anni, sposato da 15 anni, una figlia di 7, imprenditore, da 13 anni si veste da donna.
Negli anni 90 giocava con la moda, abiti eccentrici, pantaloni in raso, poi ha deciso “di essere libero” di sfoggiare il suo lato femminile.
Visto che sua moglie ha festeggiato con lui i 15 anni di matrimonio, vien da dire che gli vuole davvero bene, che di certo ci sarà lei a fare da mediatore tra le stranezze paterne, e quella bambina che ha una madre e un padre in tacchi a spillo. Chissà se il suo crescere se ne gioverà, lui sostiene che è una bambina speciale e che gli ha detto di amarlo anche in abiti femminile, non ne dubitiamo.
Il signor Stefano viene presentato in un programma TV, è sereno, ora che ha vinto le sue paure, che si sente bene nei panni femminili ma che continua a fare il padre.
Don Mario, un sacerdote presente tra gli ospiti, un prete non si nega a nessuno, sottolinea che la libertà è possibile in un paese che non è islamico, non lo approva, ma trova che ciò che non dà fastidio agli altri è possibile, ma rivendica la libertà anche di dissentire, non è incisivo e su un suo commento sulle “gambe da maschio” tutto viene buttato in burletta. Prova anche a dire che ognuno dovrebbe accettarsi per quello che è, ma pare che la cosa non sia di alcun interesse.
Lo psicologo Meluzzi afferma che la composizione dell’identità è di tutti, ognuno di noi ha degli aspetti maschili e femminili, poi ci sono delle eccezioni, delle personalità multiple quindi il signor Stefano è statisticamente una anomalia, una stranezza e come tale va guardato. Gli ospiti si agitano, la conduttrice dice che la normalità è pazzia. E così sia!. La discussione degenera, riecco chiamate in causa le intolleranze nei confronti di chi è “diverso”, una giornalista scusandosi per essere forse “un po’ arretrata” confessa che qualche problema potrebbe averlo se suo marito decidesse di vestirsi da donna.
Poi si inizia con i proclami - meglio un uomo vestito da donna, marito amorevole, che un uomo macho che picchia la moglie - paragone banale, ma funziona sempre. (meglio due omosessuali come padri che un padre stupratore… chi oserebbe contraddire la logica del male minore?)
Quello che il pubblico percepisce è una ammirazione nei confronti dell’imprenditore che si sente Stefania.
Insomma, in nome di una libertà priva di responsabilità verso i propri cari, verso i propri figli, verso la società, in nome di una libertà che assomiglia più al fare ciò che si vuole, stiamo rinnegando e censurando come vecchio e obsoleto qualsiasi cosa abbia un briciolo di buonsenso.
Ecco allora che se qualcuno vedendo un uomo in tailleur e tacchi a spillo passeggiare in città si volta e strabuzza gli occhi, questo qualcuno è subito additato come bigotto, omofobo. Abbiamo dato il via alla stagione della normalizzazione, qualsiasi devianza, non è più da considerarsi tale, ma in nome della libertà “normale”.
Quindi il buon gusto viene bandito.
Che non vi venga in mente di dire che esistono gli uomini e le donne, grande invenzione di Dio (sia gli uni che le altre) che sono una ricchezza per l’umanità, perché sono meravigliosamente differenti, perché si completano perché quando si amano il loro amore è una formula magica per l’educazione dei figli che li guardano vivere.
No miei cari, le categorie oggi son cambiate: Lgbt (Lesbian, gay, bisex, trans) e ora «C» di crossdresser, categoria di uomini che si sentono bene vestendosi da donna, senza per questo mettere in discussione il proprio orientamento sessuale.
E a dire il vero ci sono anche liste molto più lunghe di “modi d’essere” ma ve le risparmio perché io sono una all’antica, per me ci sono uomini, donne e stranezze. Tutti vanno rispettati, mi interessano le loro storie, la loro umanità, ma io voglio la libertà di poter dire che questa “era gender” non solo non mi piace, ma fa e farà dei danni nella società di cui raccoglieremo frutti amari.

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