Veronica Giuliani, santa con la spada
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Caro don Gabriele,
con grande gioia cercherò di commentare il quadro che rappresenta Santa Veronica Giuliani, che con la mano destra brandisce la spada e con la sinistra regge sul suo cuore il libro aperto. La prima cosa che mi ha colpito, o meglio, che ho guardato è stato il volto di Santa Veronica ed ho avuto il profondo desiderio di contemplare quello che lei stava contemplando: il volto del suo Santissimo Sposo. Mi ha colpito la sproporzione della spada, che è molto più grande di quanto dovrebbe essere ed il fatto che la Santa non l’ha impugna come dovrebbe essere impugnata in battaglia, ma trafigge il dragone infernale appoggiandosi alla spada come ad un bastone. Ella lo sconfigge senza degnarlo di alcuno sguardo. Questo è un grande insegnamento. Dopo, data la bassa qualità della foto, ho visto che la spada in realtà era il Crocifisso. Anzi, prima di averlo visto, l’ho intuito nel dormiveglia mattutino: ho pensato che ciò che trafigge il demonio è il crocifisso e con stupore ho visto disegnato il Signore Crocifisso che si sta staccando dalla croce a simboleggiare la sua resurrezione. È Lui che vince! Il Crocifisso è visivamente davanti a Santa Veronica, che sembra nell’atto di porgerlo a chi guarda il quadro, poi mi sono concentrato sul libro che a me sembrava bianco, grazie alla bassa risoluzione della foto. Il libro è aperto e rivolto a noi che guardiamo il quadro, ma, non riuscendo a leggere, ho pensato subito al Diario di Santa Veronica ed a San Paolo, a cui era particolarmente devota, per il legame libro-spada.
Infatti, il riferimento al forte legame che unisce Santa Veronica a San Paolo risulta visivamente immediato, proprio perché nell’iconografia cristiana l’Apostolo delle genti è raffigurato con libro e spada. Legame ancora più stretto perché il libro è aperto alla pagina della lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini 6,17: “Prendete la spada dello Spirito che è la Parola di Dio. La nostra battaglia non è contro la carne e il sangue, ma contro gli spiriti del male”. Infatti, lo spadone trafigge il dragone infernale, che la insidia.
Mi sono ricordato che nel libro “Santa Veronica Giuliani vera discepola e apostola di Maria” di fr. Emmanuele del Cuore Immacolato e Addolorato di Maria è scritto che “la Santa amava [San Paolo] in modo speciale tra tutti i Santi e chiamava «mio san Paolo» proprio per la sua dottrina dell’espiazione nella quale egli dice: «completo nella mia carne quello che manca alla Passione di Cristo» (Col 1, 24), sapendo che santa Veronica, per il suo virile ed eroico anelito di immolazione nel desiderio di convertire tutte le genti, è stata definita da qualcuno, con espressione ardita, ma non ingenua, «il san Paolo degli ultimi tempi»”.
Cosa ci vuol comunicare la Santa? Ci dice chiaramente che per la battaglia decisiva della nostra vita terrena dobbiamo rivestirci dell’armatura di Dio: dobbiamo afferrare ed aggrapparci alla spada crocifisso per rimanere saldi nella fede. In un mondo che ha perduto ogni riferimento e gira come una trottola, “pirla” direbbe il compianto card. Biffi, dobbiamo stare fermi: “Stat Crux dum volvitur orbis” (“la Croce resta fissa mentre il mondo ruota”), “la Croce di Cristo è il punto fermo, in mezzo ai mutamenti e agli sconvolgimenti del mondo” [Benedetto XVI – Certosa S. Bruno – 9.10.2011]. Lo dobbiamo fare, in primo luogo, per salvare la nostra anima, secondo per essere apostoli di Maria Santissima, veri cristiani, luce del mondo e sale della terra. Per meglio dire, più che afferrare la croce, dobbiamo chiedere al Signore la grazia di essere inchiodati insieme a Lui. Questa richiesta è una vera e propria follia agli occhi del mondo, invece è l’unica veramente ragionevole. Per questo gli occhi di Santa Veronica sono fissi costantemente al volto del suo Sposo, ella vede con gli occhi di Cristo ed ama con il suo Cuore e ci invita ad imitarla, perché la Carità scaturisce dalla gioia della Croce. Per la carne è impossibile da comprendere, è uno scandalo, è una follia, invece lo sguardo della fede, che rompe la superficie della nostra mondanità, contempla questo mistero in uno sguardo che abbraccia tutto e come Gesù sulla croce ci fa dire: “Tutto è compiuto”.
Il mondo in cui viviamo, invece, è immerso nella pazzia provocata proprio dalla mancanza/perdita della fede. Osservava Chesterton che il santo ha lo scopo di essere segno di contraddizione e di restituire sanità mentale a un mondo impazzito. “Ancora ogni generazione cerca per istinto il suo santo - aveva detto -, ed egli è non ciò che la gente vuole, ma piuttosto colui del quale la gente ha bisogno… Da ciò il paradosso della storia che ciascuna generazione è convertita dal santo che la contraddice maggiormente”. Esiste, forse un santo o una santa più in contraddizione con la nostra generazione di Santa Veronica Giuliani? Non esiste, è lei, l’Apostola di Maria per eccellenza, quella chiamata ad aiutarci nella conversione. Ella ci ricorda che “nella Croce di Cristo non solo si è compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza umana è stata redenta. L’uomo «muore», quando perde «la vita eterna». Il contrario della salvezza è la sofferenza definitiva: la perdita della vita eterna, l’essere respinti da Dio, la dannazione. Il Figlio unigenito è stato dato all’umanità per proteggere l’uomo, prima di tutto, contro questo male definitivo e contro la sofferenza definitiva” (Salvifici doloris di San Giovanni Paolo II).
Anche la stessa sofferenza umana è stata redenta, ma noi in un certo senso tendiamo, comunque, a rifiutarla, perché in ultimo rifiutiamo la Croce. Volete un esempio che ci metta in difficoltà? Eccolo: il Beato don Carlo Gnocchi scrive in quel suo testamento spirituale che è “Pedagogia del dolore innocente”: «Ma di tutta questa massa di dolore innocente, così intima, così pura e così vasta, quanta è andata a Cristo e all’umanità? E quanta al contrario è andata perduta, perché nessuno si è curato adeguatamente di indirizzarla verso la sua meta naturale, che è Cristo? E così la passione redentrice di Cristo e la vita soprannaturale della Chiesa, hanno perduto, per sempre, uno dei tesori più preziosi, destinato ad assicurare alla prima la sua pienezza ed al mondo la redenzione e la pace, assai più e assai meglio che non le faticose arti della politica, gli sforzi colossali della finanza e le abili contrattazioni della diplomazia umana».
Santa Veronica ci reindirizza alla piena comprensione di questo inestimabile tesoro. Riecheggiano proprio per noi le ultime parole della santa, che compendiano tutto il suo magistero: «L’Amore si è fatto trovare! Questa è la causa del mio patire. Ditelo a tutte, ditelo a tutte!». Nell’udienza generale di mercoledì 15 dicembre 2010 Benedetto XVI disse: «Santa Veronica vive in modo profondo la partecipazione all’amore sofferente di Gesù, certa che il “soffrire con gioia” sia la “chiave dell’amore”».
Soffrire con gioia è il paradosso cristiano, impossibile per la carne, ma possibile per lo Spirito. Il mondo rifiuta violentemente questo paradosso, basta rileggersi il “manifesto sull’eutanasia” che è stato pubblicato da The Humanist nel luglio 1974 e firmato da personalità come Monod (Nobel per la medicina nel 1965), Pauling (Nobel per la chimica nel 1954 e per la pace nel 1962), Thomson (Nobel per la fisica nel 1937): “Affermiamo che è immorale accettare o imporre la sofferenza. Crediamo nei valori morali di ogni individuo; ciò implica che lo si lasci libero di decidere della propria sorte”. Ve ne siete accorti? Dice testualmente che è immorale anche solo accettare la sofferenza, pure se poi si dichiara la libertà di scelta dell’individuo! Dicono che è stata immorale la vita di Santa Veronica. Di più, è stata immorale la vita di Gesù, che è immorale la Croce di Cristo. Sapete perché? Perché, dicono, “l’uomo sa finalmente di essere solo nell’immensità indifferente dell’Universo da cui è emerso per caso”. Questo è l’inganno del dragone infernale, con la bocca spalancata per divorarci, ma Santa Veronica ci porge le armi per sconfiggerlo: “la spada dello Spirito che è la Parola di Dio”. Quella spada che è la Croce, da cui emerge Cristo Risorto e, si spera, noi con lui.
P.S.: 1
Per mostrarvi i miracoli della croce abbracciata con amore, vi porto la testimonianza di Marcello Callegari, un mio concittadino salodiano. Marcello all’età di quattro anni e mezzo rimane coinvolto in un incidente stradale nel quale perde la mamma, il papà e il fratellino maggiore; sopravvive, ma i danni subiti lo segneranno per il resto della vita. Per ben ventuno anni non riuscì a comunicare con il mondo esterno, tanto che alcuni lo ritennero incapace di intendere e di volere, ma grazie all’attenzione delle persone che vivevano con lui e all’ausilio del computer riuscì ad esternare i suoi pensieri. Marcello iniziò ad esprimere se stesso attraverso scritti e poesie. Marcello morì improvvisamente il 27 maggio 2006, quando Dio lo chiamò a Sé per riabbracciare la sua famiglia. Concludo proprio con la poesia che Marcello dedica alla sofferenza:
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P.S.: 2 Santa Veronica mi è stata di grande aiuto nella comprensione del problema dell’eutanasia. Chi fosse interessato può collegarsi al link in calce, in cui ho cercato di rispondere alla seguente domanda: sofferenza o eutanasia?
http://www.mpvgarda.it/files/File/Eutanasia/Sofferenza%20o%20eutanasia.pdf