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Il “nuovo cattolico adulto”. Risposta a Mazzarella

Autore:
Mondinelli, Andrea
Fonte:
CulturaCattolica.it
Abbiamo letto, su «Il Sussidiario», questo articolo di Mazzarella [docente ordinario di Filosofia teoretica nell’Università Federico II di Napoli e preside della Facoltà di Lettere e Filosofia di questa università. Nel 2008 è stato eletto alla Camera nelle liste del Partito democratico... Partecipa al dibattito tra filosofia e teologia e a quello sulla. ([sic] premio a chi scoprirà quale dibattito lo intriga) Editorialista del quotidiano Il Mattino...]. Vista la sua scelta per Galantino, così diversa dalla nostra, ci permettiamo di rispondergli

Lasciamo perdere lo scherno di chiamare “nuovo cattolico adulto” chi dissente da Galantino e Mazzarella e concentriamoci sui fatti. Scrive Mazzarella:

“In una società plurale nei suoi valori e, doverosamente, nel suo discorso pubblico e politico — qualcosa di cui è difficile sensatamente dolersi —, quel che serve non è un esprit de géométrie che costruisca difese dottrinali, giuridiche e politiche, ma un esprit de finesse che capisca ragioni e sappia proporre le proprie ragioni come più accoglienti e rispettose dell’umanità di tutti; che costruisca ponti e non trincee”.

Dissento profondamente, è vero proprio l’opposto: occorre tornare alla dottrina per essere più accoglienti e rispettosi dell’umanità di tutti. Ma bisogna bene intendersi sul significato e sul valore della dottrina cattolica. Scriveva G.K. Chesterton che: “Ogni generazione è convertita dal santo che più la contraddice”. Oggi abbiamo bisogno di Defensor fidei come il grande scrittore di Beaconsfield che, convertitosi al Cattolicesimo ufficialmente nel 1922, aveva scritto: “Talvolta è facile donare il proprio sangue alla Patria; ora è necessario donarLe la Verità”. Lasciamo spiegare a lui, l’importanza capitale della dottrina e dell’ortodossia.
Innanzitutto alcune Osservazioni preliminari sull’importanza dell’Ortodossia in Eretici:
I dogmatisti cristiani cercavano di costruire il regno della santità, e cercavano, anzitutto, di definire il preciso concetto di santità. Ma i nostri teorici dell’educazione tentano di istituire una libertà religiosa, senza provarsi a stabilire che cosa sia la religione o che cosa sia la libertà. Se i vecchi preti imponevano una opinione alla gente, almeno prima si preoccupavano di renderla lucida. Solo le moderne folle... possono permettersi di perseguitare una dottrina, senza neppure definirla. Per queste ragioni, e per molte altre, sono giunto a credere alla necessità di tornare ai fondamenti... Torno ai metodi dottrinali del tredicesimo secolo, nella speranza di combinare qualcosa. Supponiamo che nella strada nasca un gran tafferuglio intorno a qualche cosa, per esempio un lampione a gas, che molte persone autorevoli desiderano abbattere. Un monaco, vestito di grigio, che rappresenta lo spirito del Medioevo, è consultato sulla faccenda, e comincia a dire, nell’arido stile degli Scolastici: “Consideriamo anzitutto, fratelli, il valore della luce. Se la luce è buona in sé...” A questo punto - il che è in certo modo scusabile - viene travolto; tutti si lanciano all’assalto del lampione che in dieci minuti è buttato giù, e se ne vanno congratulandosi a vicenda per il loro senso pratico così poco medioevale. Ma, coll’andare del tempo, ci si rende conto che le cose non vanno così bene. Alcuni avevano buttato giù il lampione perché volevano la luce elettrica; alcuni perché volevano del ferro vecchio; alcuni perché amavano l’oscurità, che proteggeva le loro iniquità. Alcuni pensavano che un lampione non bastasse, altri che era di troppo; alcuni agivano per smontare la combriccola municipale, altri perché volevano spaccare qualcosa. Così si combatte nella notte, senza sapere che cosa si colpisce. Così, gradatamente e inevitabilmente, oggi o domani o il giorno dopo, torna la convinzione che il monaco dopo tutto aveva ragione, e che tutto dipende da quale è la filosofia della Luce. Solo che ora siamo costretti a discutere nel buio quel che avremmo potuto discutere sotto il lampione a gas.
Entriamo nel merito dell’ortodossia. Scrive Chesterton nel cap. VI di Ortodossia (1908):
“Ultimo e più importante, è quello che spiega ciò che è così inspiegabile per tutti i critici moderni della storia del cristianesimo. Intendo le guerre mostruose intorno a certi cavilli della teologia, i terremoti emotivi per un gesto o per una parola. Era solo questione di un centimetro, ma un centimetro è tutto quando si cerca l’equilibrio. La Chiesa non poteva permettersi di sgarrare di un capello su alcune cose se desiderava continuare il suo grande e rischioso esperimento di equilibrio irregolare. […] Non dimentichiamoci che la Chiesa si è dedicata in modo specifico alle idee pericolose, è stata una domatrice di leoni. […] Qui mi basta sottolineare che se fosse stato commesso qualche piccolo errore nella dottrina, le conseguenze negative sulla felicità umana sarebbero state enormi. […] Le dottrine dovevano essere definite entro limiti stretti, affinché l’uomo potesse godere delle fondamentali libertà umane. […] Questo è il sensazionale romanzo dell’ortodossia. […] Non c’è niente di così pericoloso e così eccitante come l’ortodossia: l’ortodossia è la saggezza e l’essere saggi è più drammatico dell’essere pazzi; è l’equilibrio di un uomo dietro cavalli che corrono a precipizio, che pare si chini da una parte, si spenzoli da quell’altra, e pure, in ogni atteggiamento, conserva la grazia di una statua scolpita ad arte e la precisione della matematica. […] È facile essere un matto; è facile essere eretico. È sempre facile seguire la mentalità del tempo, il difficile è continuare a ragionare con la propria testa. […] È sempre semplice cadere, vi sono un’infinità di angoli nei quali si può cadere, ce n’è uno solo dove si sta in piedi. […] Nella mia visione il carro celeste vola come un tuono attraverso le epoche, mentre le vane eresie crollano sconfitte, e la verità, indomita, oscilla ma resta in piedi”.
Questo è il motivo per cui per aiutare con carità i nostri fratelli e le nostre sorelle, che ancora non conoscono l’amore di Dio, è assolutamente necessario essere rigorosi nella dottrina: ne va della loro felicità!
Per rendere manifesta la gloria di Dio ai nostri fratelli e compagni di viaggio è assolutamente necessaria l’ortodossia. «In questa parola (ortodossia) l’elemento dossia si riferisce a doxa, che non veniva certo inteso nel senso di “opinione” (la giusta opinione): per i Greci le opinioni sono sempre relative. Doxa era inteso, invece, nel senso di “gloria”, “glorificazione”. Essere ortodosso significa, perciò, conoscere e praticare il modo esatto in cui Dio deve essere glorificato » [J. Ratzinger “Fede Verità Tolleranza. Il Cristianesimo e le religioni del mondo” Ed. Cantagalli 2003 pag. 129].
Rimarco quello che Chesteron ha scritto in Ortodossia: “Qui mi basta sottolineare che se fosse stato commesso qualche piccolo errore nella dottrina, le conseguenze negative sulla felicità umana sarebbero state enormi”. Ora, rischiamo di commettere un apparentemente piccolo, ma in realtà grande, errore ed è il seguente, perfettamente illustrato da don Divo Barsotti:
I più gravi mali presenti oggi nel pensiero occidentale, ivi compreso quello cattolico, sono dovuti principalmente ad un generale disordine mentale per cui viene messa la “caritas” avanti alla “veritas”, senza pensare che questo disordine mette sottosopra anche la giusta concezione che noi dovremmo avere della Santissima Trinità. La cristianità, prima che nel suo seno si affermasse il pensiero di Cartesio, aveva sempre proceduto santamente facendo precedere la “veritas” alla “caritas”, così come sappiamo che dalla bocca divina del Cristo spira il soffio dello Spirito Santo, e non viceversa. […] Cioè l’Amore procede dal Verbo, e mai il contrario. Augusto Del Noce annota: “Ripeto, forse sbaglio. Ma a me pare che quella restaurazione cattolica di cui il mondo ha bisogno abbia come problema filosofico ultimo quello dell’ordine delle essenze”. Io vedo il progresso della Chiesa a partire da qui, dal ritorno della santa Verità alla base di ogni atto”.
Ancora una volta, ci viene in aiuto l’illuminante magistero di Benedetto XVI:
“ “Dove c’è lo Spirito … c’è libertà” (2 Cor 3,17). La grandezza e la vastità di tale visione della Parola biblica, tuttavia, si può comprendere solo se si ascolta Paolo fino in fondo e si apprende allora che questo Spirito liberatore ha un nome e che la libertà ha quindi una misura interiore: “Il Signore è lo Spirito, e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà” (2 Cor 3,17). Lo Spirito liberatore non è semplicemente la propria idea, la visione personale di chi interpreta. Lo Spirito è Cristo, e Cristo è il Signore che ci indica la strada. Con la parola sullo Spirito e sulla libertà si schiude un vasto orizzonte, ma allo stesso tempo si pone un chiaro limite all’arbitrio e alla soggettività, un limite che obbliga in maniera inequivocabile il singolo come la comunità e crea un legame superiore a quello della lettera: il legame dell’intelletto e dell’amore” (Incontro con il mondo della cultura al Collège des Bernardins 12 settembre 2008).
Il limite all’arbitrio ed alla soggettività è la Sancta Doctrina. In altri termini, non si può mai separare la dottrina dalla carità, neanche temporalmente, sarebbe come togliere il perimetro ad una circonferenza! Può, forse, esistere la circonferenza prima del suo perimetro?
Con l’aiuto della Grazia di Dio, dobbiamo adattare la nostra vita alla nostra fede, al nostro intelletto, mentre oggi si vuole piegare la fede e l’intelletto alla propria vita disordinata e questo in nome dell’amore. Da questo grande inganno dobbiamo preservarci e preservare i nostri amici non credenti! Ripeto: è in gioco la nostra e la loro felicità, hic et nunc!

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