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Una Chiesa profetica incontra sempre resistenze (?)

Autore:
Mondinelli, Andrea
Fonte:
CulturaCattolica.it
Ricevo queste considerazioni su un articolo di p. Giulio Albanese. Mi pare che sia sempre più urgente la chiarezza di un giudizio, più che gli schemi adulatorii

Caro don Gabriele,
ho letto l’articolo di padre Giulio Albanese, pubblicato su Avvenire del 7 gennaio 2015 ed ho fatto un sobbalzo sulla sedia, perché a certe cose non ci si abitua mai. La questione è che i solerti difensori d’ufficio del Papa combinano disastri immani: per una sorta di eterogenesi dei fini affermano essi stessi la rottura tra Papa Francesco ed i suoi predecessori, come se duemila anni di storia della Chiesa fossero da buttare via.
Vediamo come. Scrive Albanese: “Esso [il magistero di Papa Francesco] rappresenta una decisa svolta nel faticoso cammino della Chiesa postconciliare. […] Il vero mutamento sta nel fatto che l’azione di Francesco tenda a ricollocare il Papato in un contesto communionale non impositivo, ma propositivo, non autoritario, ma autorevole”. Se le parole hanno un senso, significa che il magistero della Chiesa prima di Papa Francesco seguiva una direzione sbagliata e che i Papi precedenti erano dei biechi tiranni autoritari ed impositivi, poi è arrivata la svolta. Questo è chiaramente ridicolo. Ma nel suo irrefrenabile slancio, padre Albanese deborda oltre ogni limite. Scrive: “Vi è poi l’affermazione del grande mistero dell’incarnazione di Dio fatto uomo nella storia per cui, con Papa Bergoglio, non siamo più in presenza di un Dio absconditus, nascosto e distante, che guarda la nostra umanità dolente dall’alto della sua nuvoletta celestiale, ma, al contrario, di una manifestazione amorevole del Cristo”. Proprio così, rileggete bene, scrive con Papa Bergoglio non siamo più in presenza di un Dio absconditus. Ohibò, Papa Benedetto XVI e Papa San Giovanni Paolo II, forse, nascondevano e rinchiudevano Dio su una nuvoletta celestiale? Dio si è rivelato con Papa Bergoglio? Ma siamo seri! La spiegazione di codesto sragionare in effetti la dà Albanese stesso: “E questo è possibile solo attraverso l’esperienza vissuta, ossia destrutturando tutti i discorsi teologici in forme pratiche di azione nel mondo”. Ecco a cosa porta la destrutturazione di tutti i discorsi teologici. Significato del vocabolo destrutturato secondo il dizionario Hoepli: “Di cosa priva di organizzazione logica, di coerenza interna: componimento d.; logica destrutturata”. Come si possa, poi, destrutturare un discorso in azioni nel mondo, per me, è una … logica destrutturazione.
Prosegue sempre più velocemente la foga dell’autore, che arriva a definire la nostra società bisognosa di redenzione. Ma come, Cristo è morto invano sulla croce? La redenzione è già avvenuta! Casomai, il mondo avrà bisogno di convertirsi. La teologia destrutturata porta a partorire questa analisi:
“Ecco perché è necessario comprendere il mondo, saperlo interpretare, leggendo attentamente i 'segni' del tempo che ci appartiene, un tempo, è il caso di dirlo, segnato da scenari fortemente contraddittori: inferno e paradiso. È chiaro dunque che, in una società come questa occorre vincere ogni forma di abulia o inerzia tipiche di coloro che si lasciano trascinare dalla corrente della vita, come se fossero aggrappati su una zattera alla deriva, in balìa delle onde”. Qualcuno è in grado di spiegare il profondo significato del nostro tempo segnato da scenari contradditori come inferno e paradiso? Cosa vuol dire? E la sua risposta che afferma “è chiaro dunque…”, ma chiaro cosa?
Non poteva mancare la chicca finale: “Oggi sappiamo che ondate di religiosità, unitamente ai flussi di una crescente secolarizzazione, hanno generato nella gente fanatismi a non finire”. Anche qui, si tratta di logica destrutturata: la religiosità, unita alla mancanza di religiosità (??!!), ha generato nella gente fanatismi a non finire. Infatti, “con “secolarizzazione” si intende un processo che ha caratterizzato soprattutto i paesi occidentali in età contemporanea e ha portato al progressivo abbandono degli schemi religiosi e di un comportamento di tipo sacrale” [Tratta da: Jurgen Habermas - Benedetto XVI (Joseph Ratzinger), Ragione e fede in dialogo, a cura di G. Bosetti, Marsilio, 2005].
Terminiamo e respiriamo in leggerezza con G.K. Chesterton, che scrisse nelle Osservazioni preliminari sull’importanza dell’Ortodossia in Eretici:
I dogmatisti cristiani cercavano di costruire il regno della santità, e cercavano, anzitutto, di definire il preciso concetto di santità. Ma i nostri teorici dell’educazione tentano di istituire una libertà religiosa, senza provarsi a stabilire che cosa sia la religione o che cosa sia la libertà. Se i vecchi preti imponevano una opinione alla gente, almeno prima si preoccupavano di renderla lucida. Solo le moderne folle... possono permettersi di perseguitare una dottrina, senza neppure definirla. Per queste ragioni, e per molte altre, sono giunto a credere alla necessità di tornare ai fondamenti... Torno ai metodi dottrinali del tredicesimo secolo, nella speranza di combinare qualcosa. Supponiamo che nella strada nasca un gran tafferuglio intorno a qualche cosa, per esempio un lampione a gas, che molte persone autorevoli desiderano abbattere. Un monaco, vestito di grigio, che rappresenta lo spirito del Medioevo, è consultato sulla faccenda, e comincia a dire, nell’arido stile degli Scolastici: “Consideriamo anzitutto, fratelli, il valore della luce. Se la luce è buona in sé...” A questo punto - il che è in certo modo scusabile - viene travolto; tutti si lanciano all’assalto del lampione che in dieci minuti è buttato giù, e se ne vanno congratulandosi a vicenda per il loro senso pratico così poco medioevale. Ma, coll’andare del tempo, ci si rende conto che le cose non vanno così bene. Alcuni avevano buttato giù il lampione perché volevano la luce elettrica; alcuni perché volevano del ferro vecchio; alcuni perché amavano l’oscurità, che proteggeva le loro iniquità. Alcuni pensavano che un lampione non bastasse, altri che era di troppo; alcuni agivano per smontare la combriccola municipale, altri perché volevano spaccare qualcosa. Così si combatte nella notte, senza sapere che cosa si colpisce. Così, gradatamente e inevitabilmente, oggi o domani o il giorno dopo, torna la convinzione che il monaco dopo tutto aveva ragione, e che tutto dipende da quale è la filosofia della Luce. Solo che ora siamo costretti a discutere nel buio quel che avremmo potuto discutere sotto il lampione a gas.
Altro che destrutturare tutti i discorsi teologici…

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