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Disobbedire per dare un segnale (di inciviltà) al Paese

Fonte:
CulturaCattolica.it

Uscirò sulla piazza
e conficcherò all’orecchio della città,
un grido disperato.
Non voglio più il vostro pane
impastato di lacrime.
Cado e m’involo,
in un delirio,
in un sogno.
E sento nascere
l’umano
in me.
Ci siamo abituati a vedere
passeggiando lungo le vie,
nei momenti liberi,
dei volti imbrattati dalla vita, proprio come i vostri.
Improvvisamente -
come un rombo di tuono
e come la venuta di Cristo al mondo,
insorse
calpestata e crocifissa
la bellezza umana.
Sono io
che invito alla verità e alla rivolta,
che non voglio più servire.
Io spezzo le vostre nere catene
tessute di menzogna.
Sono io -
imprigionato dalla legge,
che grido il manifesto umano!
E non importa che il corvo
mi incida sul marmo del corpo
una croce.

Manifesto umano
, di Jurij Timofeevič Galanskov.


L’odio di coloro che hanno impedito violentemente alle Sentinelle in piedi di manifestare pacificamente, la stupidità di tanti (e purtroppo mi pare anche di alcuni sacerdoti) che superficialmente hanno irriso questa manifestazione, l’ottusità di coloro che non si rendono conto della posta in gioco invocano il grido accorato del grande (e purtroppo ignorato) poeta russo: di fronte ai «volti imbrattati dalla vita» possa insorgere la «bellezza umana». E che si spezzino le «nere catene / intessute di menzogna».
Come è possibile assistere immobili a tanta intolleranza? Come è possibile che coloro che devono rappresentare la legge e il diritto si facciano paladini di rivolta? Come accettare che si invochi la magistratura e il rispetto delle sue decisioni solo quando sono rivolte ad altri?
Per questa volta sono d’accordo con quanto afferma il filosofo Cacciari quando definisce «carnevalat» la ribellione dei sindaci (che fa «vomitare») alla lettera di Alfano, mentre per quanto sostiene la Marzano (che definire «filosofa» urta alla ragione) dovrà rispondere allo sfascio di generazioni giovanili che si aspettando dagli adulti un impegno educativo, non l’invito a una disobbedienza di comodo (che poi si risolve nell’obbedienza al potere del potere, e delle lobby gay).
Provate a leggere in parallelo quanto queste persone affermano su La Repubblica di oggi nel servizio di Eleonora Capelli. E fatevene una ragione.

MASSIMO CACCIARI – “Rischiamo la carnevalata solo una legge può servire”MICHELA MARZANO – “Ma è giusto disobbedire per dare un segnale al Paese”
«Si tratta di un discorso generale e complesso, di fronte al quale mi sembra ridicolo che siano i sindaci a decidere ognuno per sé. Manca altro, nello sfrenato dilettantismo dilagante». La bocciatura che non ti aspetti, in piena rivolta dei sindaci contro il ministro Alfano sulle trascrizioni dei matrimoni gay contratti all’estero, arriva dall’ex primo cittadino di Venezia, Massimo Cacciari. Che pur d’accordo nel merito della questione, cioè a favore del matrimonio per le coppie formate da persone dello stesso sesso, critica apertamente quella che definisce una «carnevalata».
Massimo Cacciari, lei che è stato anche europarlamentare non crede che l’Italia sia in ritardo in materia di riconoscimento dei diritti civili?
«In questo Paese c’è una carenza normativa evidente, ed è il momento che il Governo intervenga una volta per sempre. Ma questa non è materia dei sindaci, che devono tenersi la legge e celebrare il matrimonio secondo quanto la legge prescrive. Questa è una carnevalata, dal momento che i sindaci trascrivono i matrimoni secondo il loro giudizio, senza che questo possa avere alcun valore legale».
Però questa azione di “disobbedienza” non può rappresentare una forma di pressione nei confronti del Governo, proprio per spingerlo ad agire?
«Questo tema si sta affrontando in un modo da vomitare, altro che articolo 18. Sono cose di una serietà pazzesca, ne va della revisione del modo di intendere il matrimonio, una concezione che data di millenni. Ora, io credo che tutto si può rivoluzionare e personalmente sono d’accordo sulla possibilità di celebrare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ma bisogna cominciare a discutere».
Invece che cosa succede?
«È del tutto impressionante come in questo Paese tutto si risolva a chiacchiere, tutto diventa uno scontro tra tifoserie come allo stadio, mentre si parla di fatti fondamentali delle civiltà».
Il parlamento ha gli strumenti per affrontare il dibattito?
«Io non pretendo che Alfano o chi per lui discuta con competenza di un tema di questa gravità, ma se si constata un vuoto legislativo, allora che se ne discuta in parlamento. Almeno questo, perché che siano i sindaci a decidere è semplicemente ridicolo, e lo dico anche da ex sindaco».

«SONO convinta che il gesto dei sindaci ribelli, che si rifiutano di applicare la circolare di Alfano, abbia un senso e sono contenta per questa forma di resistenza. Perché aiuta anche chi, come me, si batte in parlamento affinché vengano riconosciuti i matrimoni gay». Michela Marzano, filosofa e deputata eletta nelle liste del Pd, è in prima linea sul fronte parlamentare per il riconoscimento dei diritti delle coppie gay. E spera che questo “ammutinamento” dei sindaci dia una spinta al governo.
Onorevole Marzano, dove può portare questa “resistenza”, al di là del consenso nell’opinione pubblica che ormai appare molto ampio?
«È una resistenza nel vero senso del termine, nei confronti di ingiunzioni ingiuste, perché non rispettano il tentativo di andare verso unioni civili alla tedesca, la strada che si è dichiarato di voler percorrere. Inoltre io credo che sia un importante segnale al Paese e dal Paese».
In che senso?
«È un segnale al Paese, che aspetta che siano riconosciuti i diritti ai cittadini che non vogliono più essere divisi in cittadini di serie A e di serie B. Ed è allo stesso tempo un segnale dalla “base” del Paese, che ci chiede di sbrigarci a legiferare».
Il governo comunque ha parlato di “civil partnership”, unioni civili, non di matrimoni veri e propri. Per lei sarebbe già una risposta?
«Sarebbe già una risposta, anche se per me non c’è una risposta soddisfacente fino a che non viene riconosciuto il matrimonio. E anche nelle unioni civili, la considererei una prima risposta solo se si trattasse del modello tedesco, che contiene la Stepchild adoption, cioè l’adozione del figlio naturale o adottivo del partner anche per coppie dello stesso sesso. Insomma, se i diritti garantiti con l’unione civile fossero davvero in tutto e per tutto equiparabili a quelli del matrimonio».
Ha dei dubbi sulla forma che prenderanno queste unioni civili al vaglio del governo?
«Sì, perché non si capisce fino a dove vuole spingersi Renzi. Bisogna vedere quel che realmente ha in mente. Per questo il messaggio dei sindaci è il benvenuto da chi, come me, si batte in parlamento».
Non è mai facile far passare questi provvedimenti, ma in Francia, dove lei risiede, l’hanno fatto comunque...
«Sì, secondo me è necessario per la sinistra, di fronte a dei passi di civiltà, compierli comunque, nonostante le resistenze».


Un amico così commenta, e forse non a torto: «Questo sindaco del cavolo che, invece di dar fiato alla legge (e prima ancora e magari al buon senso), lo da’ a qualcos’altro, mi pare tanto una banderuola al vento, una di quelle che segna da dove tira, un timoniere che si fa portare dalla corrente.
E dire che il Sindaco dovrebbe guidare la comunità nel rispetto delle norme, anziché farsi promotore della loro infrazione.
Sarebbe bellissimo e proprio il caso che tutte le infrazioni stradali elevate dalla polizia municipale di quel comune non venissero pagate dai contravventori, in quanto ritengono che quel loro comportamento alla guida del veicolo (o quel divieto di sosta) non gli si confà, così come pure le conseguenze anche per i terzi. Infatti, se tanto mi dà tanto, e cioè se per un Sindaco le autorità del Ministro dell’Interno della Repubblica Italiana e quella del Prefetto non valgono un tubo, allora come dovrebbe o potrebbe dire e pensare un cittadino dell’autorità del Sindaco? e, quindi, men che meno l’autorità della polizia municipale (che è alle sue dirette dipendenze).»

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