Kràmpack
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Lacrime di coccodrillo. Ce le risparmino, per favore. Non le voglio più leggere, sui giornali, le lamentationes di fronte all’ennesima notizia di cronaca sulle baby-squillo quindicenni, o sul cyberbullismo: lei, dodicenne, che si fotografa nuda, gli amici che postano la foto sui social e l’immagine che fa il giro del mondo in 80… secondi.
Sentite questa, dal Fatto quotidiano. “Sesso a 14 anni, le adolescenti raccontano. ‘Se non ti fai sverginare sei una sfigata’”. Ragazzine che si vantano di essersi fatte «sturare» o «stappare», o «sfondare», perché la verginità è (considerata) un peso e va eliminata al più presto, anche andando «con il primo che passa». Storie di sesso orale nei bagni della scuola o in discoteca, annebbiate dall’alcol o dalle canne. «Pochissime ricordano il nome del ragazzo a cui hanno fatto un pompino. Se si incontrano il week-end dopo, i due nemmeno si salutano». Ancora: «Scopare è come fumare una sigaretta… È una piccola trasgressione, nulla di più. Si fa per diventare grandi». «Una volta che l’hai data, la tua vita sessuale diventa super attiva. Se sei a casa di un’amica e c’è un tipo carino, non è che te la meni. Gliela dai senza fare troppe storie». Nell’articolo di Beatrice Borromeo c’è – ahimè – molto di più, ma credo che questo basti e avanzi.
Non si finga di cadere dalle nuvole. Non ci si chieda com’è potuto accadere. Questo, ha saputo insegnare la nostra generazione di adulti. Questo insegnano oggi la tivù, la scuola, i Ministeri, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo, le femministe che si gloriano di aver abbattuto i tabù e di aver lottato per la liberazione (!) sessuale.
L’utero è mio e lo gestisco io. No, il corpo tutto intero è mio, e lo gestisco io. E i seni delle Femen «non sono tette ma un messaggio politico»: lavagne di carne a sostituire i cartelli…
Oggi la donna si autodetermina in un’idea di libertà assoluta (sciolta, cioè, da ogni legame), e autodeterminandosi si fa imbottire di ormoni e si fa spremere come le galline ovaiole per vendere i suoi gameti. O affitta l’utero a prezzo variabile. Per filantropia, ci fanno credere. Oppure compra o vende bambini, oggetti pure loro.
Oggi all’asilo (in Svizzera, ma la Svizzera è dietro l’angolo) va di moda il kit per l’educazione sessuale, con peni e vagine di peluche, tanto per prendere confidenza.
Andatevi a leggere gli “Standard europei per l’educazione sessuale” redatti dall’Ufficio regionale europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo vogliono insegnare ai bambini, ai nostri figli da zero a quattro anni: «gioia e piacere nel toccare il proprio corpo, masturbazione infantile precoce». Da sei a nove anni, «l’idea base della contraccezione (è possibile pianificare e decidere sulla propria famiglia)» e nell’ottica dell’«influenza positiva della sessualità sulla salute e il benessere», «il concetto di “sesso accettabile” (reciprocamente consensuale, volontario, paritario)». Questo insegnano gli Standard, dai nove ai dodici anni: «la prima esperienza sessuale» e «la comprensione di emozioni e valori, ad esempio non vergognarsi o sentirsi in colpa per sensazioni o desideri sessuali». E tra i dodici e i quindici anni, «come godere della sessualità nel modo appropriato», o come «procurarsi i contraccettivi nei contesti appropriati, ad esempio recandosi da personale sanitario» e «una visione personale della sessualità (che sia flessibile) in una società in trasformazione o in un gruppo».
Date un’occhiata ai libelli “Educare alla diversità a scuola”, pubblicati dall’Unar. In quello pensato per la secondaria di primo grado, a pag. 38 si legge: «Laura ha 15 anni e si trova in una situazione difficile. Non si diverte a uscire con i ragazzi, come le sue amiche… E’ confusa perché i ragazzi non è che le siano antipatici, ma non vuole uscirci e certo non vuole avere dei rapporti profondi con loro». O pag. 46. Si invitano gli studenti (scuola media) a vedere il film “Kràmpack”, in cui «Nico e Dani sono due sedicenni che si apprestano a trascorrere le vacanze insieme. E’ l’estate della perdita della verginità e l’occasione sembra arrivare con due ragazze attratte dai due amici. I due in passato avevano condiviso giochi di masturbazione reciproca (che chiamavano appunto ‘Kràmpack’)…» eccetera. Risparmio il resto.
Questo, insegnano gli adulti. Sui media e anche a scuola. E a piangere come i coccodrilli: dopo.
E a ridere di quei retrogradi di cattolici, che si ostinano a parlare (ancora) della dignità del maschio e della femmina, e della loro complementarietà; dell’inscindibilità del sesso dall’amore, del corpo come tempio dell’anima, della sessualità non come esercizio ginnico ma come dono prezioso di sé, la cui massima espressione è l’apertura alla vita, che ci rende pro-creatori e per ciò vicinissimi a Dio.
Andate a pagina 24 del libro “Educare alla diversità a scuola”: «Un pregiudizio diffuso nei paesi di natura fortemente religiosa è che il sesso vada fatto solo per avere bambini. Di conseguenza, tutte le altre forme di sesso… sono da ritenersi sbagliate… In realtà, come afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la sessualità è un’espressione fondamentale dell’essere umano. L’unica cosa che conta è il rispetto reciproco dei partner coinvolti nel rapporto».
Sarà per questo che oggi trovano un sessantenne a letto con una undicenne e la Cassazione fa una scrollata di spalle: Love is Love.
Questo, insegniamo alle nuove generazioni.
E allora, non prendiamoci in giro. Non dateci il contentino delle quote rosa o della lingua sessuata; non gettateci altro fumo negli occhi con le commissioni per la parità di genere – come si dice in modo politicamente corretto. Non ci interessa, se intanto ci rubate ciò che davvero è solo delle donne, è solo nostro. Se cancellate dal vocabolario dell’uso quotidiano femmina e madre, e inculcandoci l’ideologia gender ci buttate nella palude dell’in-distinto. Se non sapete più valorizzarci nella nostra dignità e nella nostra specificità di donne. Se sapete solo insegnarci ad usare e a essere usate. Se ci fate a pezzi: affittabili o vendibili.
In barba al pensiero unico, ai suoi libelli e ai suoi diktat, il mio augurio per l’8 marzo è che donne raccontino ad altre donne che siamo a immagine e somiglianza di Dio e preziose ai Suoi occhi, e lo testimonino alle ragazze più giovani non con discorsi ma con la vita. Perché non buttino via il loro corpo e il loro cuore. E perché non si accontentino di niente di meno dello sguardo che Cristo ha posato sulle donne che ha incontrato. Anche Maddalena. Anche l’adultera.
Erano fragili come noi, peccatrici come noi, e come noi cercavano impacciate l’amore, quello vero. Andando un po’ a tentoni. Proprio come noi.
Nessun uomo le aveva mai guardate come le ha guardate Lui.