MicroMega: «Sei cattolico? Hai torto a prescindere»
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Leggo su MicroMega del 6 febbraio 2014 un articolo di Adele Orioli, che sinceramente mi sorprende non per le cose che dice, ma per le cose che non conosce.
Come fa una giornalista a non sapere certe cose?
Ma sì: per MicroMega è sufficiente essere cattolico per avere torto.
Ecco la norma che la giornalista ignora.
Il comma 2 dell’articolo 2 della Legge numero 121 del 25 marzo 1985 recita così: “Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento.
All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione.”.
Proprio perché la scelta di avvalersi o non avvalersi di tale disciplina non deve essere discriminate le Intese successive al Concordato affermano: “Il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica assicurato dallo Stato non deve determinare alcuna forma di discriminazione, neppure in relazione ai criteri per la formazione delle classi, alla durata dell’orario scolastico giornaliero e alla collocazione di detto insegnamento nel quadro orario delle lezioni.”
Questo significa che
• Non si possono formare classe di solo avvalentesi dell’IRC
• La durata dell’orario scolastico deve essere la stessa sia per che si avvale dell’IRC che per chi non si avvale dell’IRC,
• La collocazione oraria di tali lezioni è effettuata dal capo di istituto sulla base delle proposte del Collegio dei docenti, secondo il normale criterio di equilibrata distribuzione delle diverse discipline nella giornata e nella settimana, nell’ambito della scuola e per ciascuna classe.
La Circolare Ministeriale numero 28 del 10 gennaio 2014, protocollo numero 206, detta, finalmente, regole chiare e precise da seguire.
Infatti leggiamo che “La facoltà di avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica viene esercitata dai genitori (o dagli studenti negli istituti di istruzione secondaria superiore), al momento dell’iscrizione, mediante la compilazione dell’apposita sezione on line. La scelta ha valore per l’intero corso di studi e, comunque, in tutti i casi in cui sia prevista l’iscrizione d’ufficio, fatto salvo il diritto di modificare tale scelta per l’anno successivo entro il termine delle iscrizioni esclusivamente su iniziativa degli interessati.”
Questo significa che all’atto dell’iscrizione la scuola deve consegnare solo il modello se l’alunno si avvale o meno dell’IRC.
Infatti la stessa continua “La scelta specifica di attività alternative è operata, all’interno di ciascuna scuola, utilizzando il modello di cui all’allegato C.
Si ricorda che tale allegato deve essere compilato, da parte degli interessati, all’inizio dell’anno scolastico, in attuazione della programmazione di inizio d’anno da parte degli organi collegiali, e trova concreta attuazione attraverso le seguenti opzioni possibili:
1. attività didattiche e formative;
2. attività di studio e/o di ricerca individuali con assistenza di personale docente;
3. libera attività di studio e/o di ricerca individuale senza assistenza di personale docente (per studenti delle istituzioni scolastiche di istruzione secondaria di secondo grado);
4. non frequenza della scuola nelle ore di insegnamento della religione cattolica.
Da sapere:
• Lo Stato con sentenza numero 203 ha affermato con chiarezza che “…lo Stato è obbligato in forza dell’accordo con la Santa Sede, ad assicurare l’IRC. Per gli studenti e per le loro famiglie esso è facoltativo: solo l’esercizio del diritto di avvalersene crea l’obbligo scolastico di frequentarlo.
• “Per chi si avvale, l’IRC diventa insegnamento obbligatorio” (Cfr. decisione del Consiglio di Stato numero 2749/10
• Non può per nessun motivo essere sottoposto all’atto dell’iscrizione anche il modello della scelta di una delle attività alternative all’IRC. Infatti ancora una volta la Corte Costituzionale ha affermato con chiarezza “che dinanzi alla proposta dello stato alla comunità dei cittadini di far impartire nelle proprie scuole l’IRC, l’alternativa è tra un sì e un no, tra una scelta positiva e una negativa: di avvalersi o non avvalersi”. (Cfr. sentenza della Corte Costituzionale numero 13 dell’11 gennaio 1991).
• E’ illegittimo consegnare al momento dell’iscrizione anche il modello delle opzioni alternative all’IRC, perché non possono essere resi “equivalenti e alternativi l’IRC ed altro impegno scolastico, per non condizionare dall’esterno della coscienza individuale l’esercizio di una libertà costituzionale, come quella religiosa, coinvolgendo l’interiorità della persona”. (Cfr. sentenza della Corte Costituzionale numero 13 dell’11 gennaio 1991).
L’Accordo di revisione dello stesso Concordato sancito con legge 121 del 25 marzo 1985 nell’articolo 9.2 stabilisce, a mio avviso, una continuità ed un orientamento nuovo, quando dice: “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”.
Più che evidente la continuità con il passato (la sottolineatura della parola continuità è mia), ma anche da evidenziare il nuovo assetto dell’IRC che viene messo in relazione non con l’istruzione pubblica, ma con il patrimonio culturale del popolo italiano e sempre in rapporto con le finalità della scuola.
Sono due le sottolineature che vanno bene evidenziate: da una parte per chiarire le caratteristiche di un insegnamento che si inserisce nella formazione culturale dell’alunno e dall’altra per distinguere l’IRC dalla catechesi che ha come finalità di formare il credente.
Ma valore culturale del cattolicesimo non significa insegnamento dimezzato o di un generico cattolicesimo che non conosca i suoi aspetti caratteristici e individualizzanti, ma conoscenza precisa nella sua interezza, che comprende fonti, contenuti della fede, aspetti di vita, espressioni di culto e quant’altro è necessario per apprenderlo. E il tutto orientato alle finalità scolastiche che sono di conoscenze di quella specifica cultura italiana, e oggi dovremmo dire europea ed occidentale, che non è possibile spiegare e conoscere in tutte le sue forme (letteratura, arte, musica …) senza il cattolicesimo.
inviterei la giornalista a leggere e l’editoriale di “La Civiltà Cattolica”, numero 3637 del 5 gennaio 2002 dove tra l’altro si dice: “Non si rende un buon servizio [al nostro Paese] quando si tenta di privarlo dell’eredità cristiana, perché il cristianesimo – lo si voglia o no – ha permeato tutta la storia, le istituzioni sociali, il diritto, la letteratura, l’arte del nostro Paese e perfino il carattere, il modo di pensare e di sentire dei suoi abitanti” (pagina 8) e poco sopra aveva affermato: “In realtà il pericolo che corre il nostro Paese è quello della perdita di una parte essenziale della propria identità spirituale e culturale”.