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La vita (e la morte) in diretta

Fonte:
CulturaCattolica.it

Quando Papa Benedetto parlò di «dittatura del relativismo», a molti, anche cattolici, sembrò una esagerazione. Si sa ormai da tempo che l’intolleranza nasce in casa cattolica, o dove ci sono forti convinzioni religiose. Addirittura un intellettuale che si vuole aperto ai valori della ragione afferma che solo l’ateismo (una variante del relativismo) consente una pratica democratica, intendendo con questo l’unica forma di convivenza civile.
La realtà, però, lo sappiamo, è testarda, e non si adegua facilmente ai cliché di moda. Per cui siamo continuamente testimoni di fenomeni di intolleranza che smentiscono quotidianamente la vulgata di un pensiero tollerante perché debole e non dogmatico.
Abbiamo documentato su CulturaCattolica.it quanto accaduto all’Avv. Giancarlo Cerrelli, che non ha potuto partecipare a una trasmissione in RAI (a cui era peraltro stato invitato) perché non avrebbe superato l’esame di «anti-omofobia», manifestando un pensiero che, quello sì, sarebbe da considerarsi retrogrado, ingiusto, discriminatorio e… chi più ne ha più ne metta. Comunque non degno di essere comunicato in una TV «di Stato», per definizione laica e tollerante, aperta a (quasi) tutto e a (quasi) tutti.
Non è stato però un incidente di percorso: è oramai la linea del servizio pubblico (e viene da pensare che la parola servizio sia ormai riferibile solo alle toilettes, piuttosto che all’“essere a disposizione di tutti”...)
Sta di fatto che questo pomeriggio, avendo fatto gli auguri ai genitori di Massimiliano Tresoldi per il loro compleanno, ho appreso da Lucrezia che sarebbe stata in TV alle 18, circa, per una puntata de «La vita in diretta» in cui avrebbe potuto raccontare la storia vissuta con suo figlio Massimiliano, uscito da uno stato vegetativo dopo ben 10 anni (e questo è certamente un fatto significativo in Italia e forse nel mondo, aprendo certo a nuovi scenari nei confronti della vita in quelle condizioni).
Non guardo abitualmente la TV, ma siccome c’era in trasmissione la famiglia di Max, mi sono fermato davanti allo schermo di Rai 1.
E quale il mio sconcerto quando, dopo avere ascoltato – per pochi minuti – la straordinaria storia del risveglio di Max, ho visto un’ospite in studio, tale Alda D’Eusanio, fissare la telecamera e rivolgersi alla propria madre, chiedendole di non fare – nel caso le fosse capitato qualcosa di analogo all’incidente di Massimiliano – “come la mamma di Max”; di non fare assolutamente nulla, perché “non è vita, quella!” e dunque non sarebbe il caso di riportare in vita, in quelle condizioni, chi avesse avuto tale sorte.
Dopo un evidente impaccio dei presentatori in studio (subito affrettatisi a dare avvio alla pubblicità) mamma Lucrezia ha potuto dire che non c’è stato affatto bisogno di riportare in vita suo figlio, perché non era mai morto.
Ora mi chiedo (e credo che in tanti si siano posti la stessa domanda): «Ma perché in ogni trasmissione bisogna dare spazio al contraltare, solo se quello che si dice non è politically correct, mentre chi afferma posizioni «aberranti» ha sempre libertà di azione?»

Io non ne posso più di una comunicazione che mi considera da un lato come minus habens, per cui mi deve spiegare come devo pensare, quali posizioni siano corrette e accettabili, mentre dall’altro dà carta bianca a chi distrugge le convinzioni del popolo, cancellando la dignità della vita, promuovendo una idea di famiglia contro natura, addirittura dando ospitalità a spettacoli non solo osceni, ma promotori di atteggiamenti chiaramente pedofili (perché la pedofilia in questi casi è tollerata, mentre è il male supremo se praticata da uomini di chiesa).
“Ci vorrebbe una educazione del popolo”, diceva tempo fa don Giussani. Ora sembra che la cosiddetta educazione sia nella imposizione statale della menzogna, della ideologia gender, e di rifiuto dell’idea che ogni vita sia degna, in qualsiasi condizione si trovi. Chissà se – dopo avere esaltato le scarpe nere di Papa Francesco e la sua croce di ferro – sapremo anche ascoltare i suoi accorati appelli contro la «cultura dello scarto» e la «globalizzazione della indifferenza»?

Ascolta le parole della D'Eusanio

La «morte» in diretta

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