La «damnatio memoriae»: Luigi XVII
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Oggi, 8 giugno 2013, è un anniversario particolare, importante, quindi dimenticato. L’8 giugno 1795 moriva il piccolo Luigi Carlo di Borbone, Delfino di Francia, figlio di Luigi XVI e di Maria Antonietta (ghigliottinati brutalmente dai repubblicani due anni prima), noto ai francesi della sua epoca semplicemente come Luigi XVII.
La sua vita rappresenta una delle pagine più drammatiche, assurde e tristi della storia europea.
La sua uccisione è un marchio indelebile della Repubblica di Francia, è parte integrante, fondante, perché la République nasce così: con un bambino di quattro anni rinchiuso nella cella buia e sporca di una prigione insieme ai suoi giovani genitori. La sua colpa? Essere il figlio dei sovrani appena detronizzati. È il 1792.
Dopo la decapitazione di Luigi XVI (gennaio 1793), era chiaro a tutti i francesi (per gran parte ancora affezionatissimi alla monarchia) che il figlio era l’erede legittimo, cosa che anche Robespierre e i membri del Comitato di Salute pubblica e quelli dell’Assemblea Nazionale non ignoravano affatto.
Il bambino divenne quindi un personaggio molto scomodo.
Cominciò poi il processo farsa nei confronti di Maria Antonietta. I repubblicani, memori di ciò che successe con Luigi XVI (quando si dovettero minacciare o sostituire letteralmente parecchi deputati per condizionare il voto, cioè la sentenza di morte) intuirono che stavolta non sarebbero state sufficienti nebbiose accuse di stampo politico per condannare la Regina. Si decise allora di costruire ad hoc un’accusa di tipo diverso: incesto; e si decise così di costringere il piccolo Luigi a firmare una dichiarazione che inchiodasse sua madre. Inaudito.
Il bambino non voleva saperne, ovviamente. Gli venne assegnato un aguzzino, un violento ubriacone analfabeta, Antoine Simon, incaricato di plagiare e torturare il giovane prigioniero per costringerlo a firmare. Il 6 ottobre, distrutto e sfiancato dalla fame e dalle sevizie, Luigi crollò.
Tuttavia, l’accusa era talmente folle ed infondata, che al momento della sua lettura in Assemblea scoppiò un vero putiferio. Alla reazione di Maria Antonietta alle vergognose accuse, numerosi dei presenti, in primis le donne e le madri, si ribellarono, e scoppiarono tumulti in aula. La situazione era prossima al collasso, e Robespierre in persona dovette intervenire. La Regina venne così ghigliottinata in fretta e furia, e i deputati furono indotti con le minacce e il terrore a determinarne la morte.
Dopo la brutale esecuzione dell’innocente Maria Antonietta, la figura del piccolo Luigi divenne ancora più preoccupante nel folle delirio dei leader repubblicani. Il 19 gennaio 1794, Luigi Carlo (che aveva appena nove anni!) venne letteralmente murato vivo dai rivoluzionari in una cella prigione del Tempio di Parigi. Soltanto una piccola apertura permetteva ai carcerieri di gettarvi di tanto in tanto un pezzo di pane. Inaccessibile per gli esseri umani, la cella era però quotidianamente infestata da topi e i parassiti, che divennero i nuovi aguzzini del fanciullo. Fare il suo nome era proibito per i membri del governo e dell’Assemblea, che però non osavano infliggergli il colpo di grazia in timore di una rivolta popolare.
Come è facile immaginare, mesi di fame, freddo, solitudine, di abominevoli violenze patite, compromisero irreversibilmente la salute del piccolo Luigi.
Alla caduta di Robespierre & soci, il giovane venne liberato.
Tuttavia, le sue condizioni psicofisiche erano ormai irrimediabilmente compromesse. Il bambino si rifiutava di mangiare, non faceva altro che chiedere notizie del padre e della madre, e in pochi mesi si spense. L’8 giugno 1795.
Fine della storia? Neanche per sogno.
Il medico incaricato di eseguire l’autopsia, per motivi ancora oggi misteriosi, estrasse dal corpo il cuore del bambino e se ne impossessò. Custodito segretamente per anni (quasi fosse una vera e propria reliquia), alla morte del dottore passò poi di mano in mano fino al suo incredibile ritrovamento. Dopo anni di esami del DNA e di scrupolose indagini scientifiche, l'8 giugno 2004, il cuore è stato dichiarato a tutti gli effetti autentico da un’equipe medica parigina. Una messa solenne nella Basilica di Saint-Denis (storico luogo di sepoltura dei Re di Francia), ha accompagnato la traslazione dell’urna della reliquia del Delfino vicino alle tombe dei genitori.
Tuttavia, nemmeno duecento anni sono bastati per accendere un barlume di ragione nelle menti dei guru della Repubblica di Francia. Il Ministero della Cultura, infatti, decise che le spese di ricerca e trasferimento del cuore fossero addebitate ad un’associazione culturale borbonica, poiché lo Stato francese non poteva certo spendere soldi (qualche centinaio di euro circa) per la memoria di un bambino. Anzi, si fece di tutto per oscurare la notizia, per condannarlo ad una pena ulteriore: la damnatio memoriæ, l’oblio.
Oblio al quale oggi ci opponiamo, raccontando la sua storia, che è un chiaro esempio delle conseguenze di ideologie avvelenate dall’odio verso l’uomo, quelle ideologie della rivoluzione francese, che oggi il governo di Hollande vorrebbe rinvigorire e presentare ai giovani. Che si presenti piuttosto nelle scuole la storia, che si parli dei fatti, che si parli della vita e della morte del piccolo Luigi Carlo.
Ecco svelato il vero articolo 1 della Costituzione della Republique française: l’uccisione di un innocente bambino di dieci anni, Luigi XVII.