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2 giugno: Cara Repubblica

Fonte:
CulturaCattolica.it

Cara Repubblica,
ti scrivo in occasione del tuo sessantasettesimo anno di vita per chiederti alcune cose.
Cara Repubblica, mi piace chiamarti così anche se, da molto tempo a questa parte, tutti ti chiamano Stato. Non mi piace. Il tuo nome Repubblica mi ricorda l'entusiasmo dei miei nonni quando mi parlavano di te.
Ricordo il fervore che li animava nel pensarti a tutela della loro libertà di espressione, a difesa dei diritti umani e di una democrazia rettamente intesa. Soprattutto il tuo nome, Repubblica, mi rimanda a quella lingua latina che non è mai morta perché serpeggia in filigrana dentro il nostro parlare. Res Publica, ecco che cosa mi evoca il tuo nome, la tutela delle cose pubbliche, la tutela di qualcosa che è patrimonio comune e non solo di uno schieramento o dell'altro. Mi ricorda che ciò si amministra, in termini di risorse, umane o economiche che esse siano, non è appannaggio di pochi ma al servizio della moltitudine.
Dunque, cara Repubblica, ho alcune cose da chiederti. Non me le puoi negare perché sono implicite nel tuo stesso esistere, tu sei nata per questo: a tutela dei diritti dei cittadini, tanti o pochi che siano.
Sono cambiate molte cose in sessantasette anni, cose di cui sei stata testimone e vittima.
Vorrei chiederti perciò, a fronte di tanti cambiamenti, di concederci degli spazi di vita degni di questo nome. Quella vita che ti ha generato e per la quale i nostri antenati sono morti.
Concedici, per favore, dei luoghi dove si educhi l'uomo secondo natura. Dove ci sia, senz’altro, il rispetto del diverso, di qualunque diverso esso sia: dal disabile, alla persona in stato vegetativo permanente, dall'omosessuale, allo straniero che abita nel tuo territorio. Concedici però anche il rispetto per coloro che sono del tutto normali, insignificantemente normali, che hanno una fede religiosa e che la praticano, che ritengono il matrimonio tra un uomo e una donna come ordine naturale della vita, che desiderano che i figli nascano e crescano dentro una famiglia composta da un padre e una madre, che desiderano fedeltà nel matrimonio, che sono nati in Italia e lavorano da generazioni per essa, che possono tranquillamente fare le scale e non guardano agli edifici come a barriere architettoniche.
Concedici degli spazi educativi dove poter esprimere queste idee senza dover essere giudicati per forza come omofobi, retrogradi e politicamente scorretti.
Cara Repubblica, io sono cattolica, e non posso dimenticare l'apporto dei cristiani, e dei cattolici in particolare, al tuo sorgere, spero che nemmeno tu lo possa dimenticare. Concedici per favore delle scuole davvero cattoliche, dove cioè i giovani possano essere educati secondo i criteri valoriali che ci stanno davvero a cuore, fatti di rispetto per la vita dal suo sorgere al suo declino, fatti di un'etica morale e civile sana e non orientata al profitto. Luoghi dove la parola dialogo non scada in servilismo verso certa cultura imperante di stampo laicista, ma che possa, nel rispetto, comunicare le proprie verità di fede e di cultura.
Se non ti chiedo troppo vorrei anche preganti di questo: donaci un altro tipo di Risorgimento, quello appena passato ci è venuto male. Donaci il risorgere della cultura del lavoro, quella cultura che vede padroni e operai protagonisti della Res Publica e non dominati dalla logica del sospetto e dello sfruttamento reciproco. Luoghi di vita e di lavoro dove ciascuno operi per il bene del paese e della propria famiglia. Non si lavori più per un mercato economico che alla fine ci trova tutti perdenti, indebitati e stanchi, costretti a orari impossibili per tener vivo qualcosa che nasce già morto.
Concedi di riassaporare nelle nostre città quei rapporti semplici con il venditore ambulante, con il piccolo negozietto di generi alimentari dove il proprietario tiene ancora la matita tra l'orecchio e la nuca e mentre taglia il formaggio ti racconta del figlio che studia all'estero in una Europa che pur essendo un miraggio di progresso, riserva a chi ci va rischi enormi.
Forse sto davvero abusando della tua pazienza, ma ho altro da dirti.
Per questo tuo compleanno non me lo puoi davvero negare, anche perché è per me un giorno importante, è anche il giorno del mio Battesimo. Lo so che forse per te questo non rappresenta nulla, ma sai per un cristiano è un evento fondamentale. Ebbene da cittadina, e non solo da cristiana, vorrei chiederti, per favore, politici degni di questo nome. Degni di quella polis che abbiamo edificato fin dal medioevo sempre con l'intento di far progredire i grandi valori umani e le leggi secondo natura. Dacci politici che amino questo paese. Sai, sono un po' stanca di persone che urlano frasi insensate e insulti, che pensano di governare soprattutto colpendo la parte avversa come fosse un nemico da abbattere, una persona da distruggere. Ti prego, facciamo qualcosa contro questa filosofia del gossip, per la quale invece di progettare il bene del paese si progetta a danni del politico di turno. Dacci uomini che amino davvero la Res Publica, che difendano i diritti di ogni cittadino senza discriminazione politica e religiosa e, se fosse possibile, che abbia a cuore soprattutto di Colui che ha avuto la sorte di nascere come italiano.
Donaci una politica che non sia succube del mito europeo, di fronte al quale non abbiamo nulla da imparare che la nostra storia ci abbia già insegnato. Fa’ i modo che ci si possa ricordare della variegata storia italiana, per la quale la Sicilia non sarà mai uguale alla Lombardia e la Toscana alla regione Lazio e, nel contempo non si dimentichi la coscienza solidamente italiana che ha legato e lega la punta dell’Italia al suo tacco e le sue coste alla propaggini alpine.
Cara Repubblica, ti ringrazio di avermi ascoltato, è una virtù rara a questi tempi. Vorrei augurarti davvero buon compleanno! E nel congedarmi da te vorrei specificare una cosa, quando ti chiamo cos, Repubblica, mi riferisco proprio a te, a quella idea nata dai nostri Padri, vorrei evitare ambiguità. Molti oggi si forgiano del tuo nome intendendo con esso cose che sono ben lontane da tutto quello che qui ti ho richiesto.
Grazie, per questi tuoi sessantasette anni che ci hanno conservato, alla fin fine, la possibilità di vivere in pace e nella libertà

Con amicizia
Maria Gloria Riva (suor per chi non ha problemi anticattolici)

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