«Il Pride più a sud d’Europa»
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Correggetemi se sbaglio. A qualcuno risultano – non dico arresti o denunce, ma almeno dei punti di domanda sul programma del Gay Pride di Palermo, che si vanta di essere «Il Pride più a sud d’Europa»?
Mi perdoneranno gli organizzatori (anche il sindaco Orlando, che alla conferenza di presentazione era avvolto da un boa di piume rosa): forse ero impegnata a seguire quella quisquilia che è stata l’elezione del presidente della Repubblica, e poi la fiducia al governo, e probabilmente mi sono distratta e non ho prestato l’attenzione che merita a un evento così culturalmente (!) significativo (!) per l’Italia e l’Europa tutta, ma francamente non mi risulta.
Ho ben presenti, invece, i 67 arresti a Parigi, durante le manifestazioni pacifiche contro la legge sul matrimonio omosessuale e le adozioni per le coppie gay. Ho negli occhi le veglie notturne nei parchi cittadini, la lettura pubblica dei classici della letteratura francese, e le immagini della polizia in assetto anti sommossa, che reprime con violenza queste manifestazioni di difesa pacifica della famiglia e del matrimonio, con gas lacrimogeni, manganellate, detenzione, maltrattamenti.
So (e sapete) dell’arresto di Marck Talleu. Non stava nemmeno manifestando. Sposato, padre di sei figli adottati, è stato fermato il primo aprile, portato in questura e multato perché, ai giardini del Lussemburgo, a Parigi, indossava una maglia con il logo stilizzato di una madre e un padre che tengono per mano due bambini. «Tenuta contraria ai buoni costumi», la sua. Questa l’accusa.
Bene. Ho nella testa e nel cuore queste immagini, queste storie, e le notti dei “Veilleurs” francesi che pacificamente continuano a testimoniare il loro dissenso ai matrimoni e alle adozioni per i gay, e mi imbatto, oggi, sul programma per il 20 e il 21 aprile, all’interno delle manifestazioni del Gay Pride di Palermo, la cui settimana clou sarà a giugno.
Trascriverò alcuni passaggi di questa «due giorni di contaminazioni tra corpi, desideri, sovversione di genere, postporno, pornoestetica con laboratori, performance, pornocucina…». E ciascuno tiri le conclusioni che crede.
Sabato 20 aprile, il Workshop «riappropriazione dell’immaginario sessuale e decostruzione degli stereotipi eteronormativi: la sfida politica del post porno». Non chiedete a me cosa significa, perché – lo confesso – sono impreparata. Anche lessicalmente. Spiegano loro qualcosa in più. «Il Workshop è un momento di riflessione collettiva sulle rappresentazioni della sessualità attraverso il punto di vista del Postporno, un insieme di pratiche discorsive atte a decostruire gli stereotipi eteronormativi che le caratterizzano e che si propone come mezzo di riappropriazione del proprio immaginario sessuale». Chiaro, no?
Alle 21.30 di sabato, «uno showcooking ironico … con la preparazione di un dolcissimo dessert vegano servito su vassoio umano». (I vegani – per chi non lo sapesse – sono quei vegetariani all’ennesima potenza che han prodotto la pubblicità con il bambino incellophanato e la scritta: «Chi mangi oggi?» Quelli «niente carne, siamo vegani. Però si offra, la prego, come vassoio umano per accogliere i nostri legumi!»).
Ore 22.30, «rituale iniziatico alla sacralità dell’Osceno» (la lettera maiuscola non è un refuso).
Ma ecco le chicche. Siamo a domenica 21. Alle 16.00, «l’ormai celebre laboratorio sull’eiaculazione femminile… per svelare i misteri e i miti che accompagnano questo fenomeno» (sa solo Dio come siamo sopravvissuti/e, senza!)
Chi è delicato di stomaco e allergico alla volgarità salti il prossimo capoverso e vada dritto dritto alla conclusione, gli altri mi seguano.
Alle 18.00, «Spudorat – Esercizi di volgarità espressiva» perché anche la lingua al Gay Pride conta: ci mancherebbe! Si tratta di un «laboratorio di Porno–Estetica per vaiasse, troie e troioni latenti. Per tirare fuori l’espressività più colorita, assertiva e sessuata del movimento, della voce e della parola, dando vita a quella parte di noi che la cultura comune perseguita come volgare, sessualmente “troppo” esplicita, politicamente scorretta. L’oscenità della libertà espressiva è il fattore che innesca l’aggressività sessuofoba comune sia nei vissuti omofobi che misogini. Siamo disposti a tuffarci nella volgarità alla ricerca di quella vitalità erotica che dà fastidio alla cultura coercitiva. Primo modulo: IL CANNOLO». (Anche qui le maiuscole sono degli “autori”, e risparmio per decenza i commenti. Quelli li tengo per me).
Non so come sia andata la «due giorni di contaminazioni tra corpi, desideri, sovversione di genere, postporno, pornoestetica» che si è svolta a Palermo come assaggio del clou del Gay–Pride–più–a–sud–d’Europa, che avrà luogo a giugno. E non so quanta gente vi abbia partecipato.
So che al Teatro Massimo c’è stata una presentazione in pompa magna dell’evento, che ha come testimonial (che – obviously – non ha disdegnato il boa) Maria Grazia Cucinotta. So che il Pride ha il patrocinio della città di Palermo e – se non bastasse – della Regione Sicilia. Come dicevo, non mi risultano – non dico arresti o denunce per la volgarità gratuita del programma di cui ho riportato qualche passaggio, ma neanche – correggetemi se sbaglio – qualche piccolo punto di domanda di… perplessità. Niente. Nada de nada. Nessuno osa dissentire. Quasi nessuno, in verità. Perché io, la mia, l’ho detta.
Ah, già. Probabilmente io rappresento la «cultura coercitiva» di cui sopra. Anche i partecipanti alla Manif Pour Tous, e i Veilleurs. Che sia per questo che – loro! – sono stati arrestati?