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Le viscere della misericordia

Fonte:
CulturaCattolica.it
«Può una donna dimenticare il bambino lattante e non aver compassione del figlio delle sue viscere? Anche se esse dovessero dimenticare, io non ti dimenticherò».
(Isaia 49,15)

C’è un’immagine che mi frulla in testa da sabato, dall’ostensione della Sindone. E’ la lacrima che si intravede nel sacro lino. La lacrima che scende dall’occhio sinistro. Ha pianto, Gesù?
Un esempio è nel Vangelo. Di fronte al sepolcro dell’amico Lazzaro, «Gesù scoppiò in pianto» (Gv, 11, 35). Il più bello dei figli dell’Uomo si commuove per coloro che ama, ed è dentro questo rapporto d’amore che sgorga la misericordia, che non è un nome astratto: è un fatto. E’ la relazione tra un “io” e un “Tu”.
Misericordia è l’abbraccio del Padre al figliol prodigo; è la pecorella smarrita che viene ritrovata e torna a casa; è ogni riconciliazione dopo ogni errore. La misericordia non è una pratica protocollata: timbri sigilli e carta bollata. Misericordia è un luogo. Il termine greco è “splanchna” che sono le viscere; in ebraico è “rahamim”, “rechem”, che è il grembo materno. Gesù, per me, per te, si commuove fin nel profondo della sua vita, del suo essere, come una madre è commossa nel suo grembo per il suo bambino.
Nella novena della Divina Misericordia che stiamo recitando in preparazione della festa, bellissima, di domenica prossima, ogni giorno si ricorda la «dimora nel pietosissimo cuore misericordioso».
Noi postmoderni che ci giustifichiamo e non ci pentiamo, noi che ci crediamo grandi e ci assolviamo da soli, forse ci saremo anche alleggeriti del senso di colpa, ma, così, abbiamo scelto di essere orfani. Senza più abbracci che ci per-donano, ci rin-cuorano, ci rilanciano nella vita. Orfani e vagabondi. Nessuno che ci riporta a casa, siamo per sempre perduti.
Non è “buonismo” che giustifica tutto, la misericordia. Neanche eutanasizzare chi soffre, perché «ci fa pena». Misericordia non sono i saldi di fine stagione: prendi tre paghi due.
L’atto supremo di misericordia è Dio che «ha tanto amato l’uomo da dare Suo Figlio Unigenito». Il sangue e l’acqua del costato di Gesù lavano le nostre colpe. Le lacrime Sue di dolore, l’acqua del costato rigenerano a vita nuova. L’una e l’altra è acqua che irriga il deserto che siamo, perché Lui che ci ha amati per primi, e ci ha scelti, vuole che diventiamo, nel mondo, segno di Lui: della Sua misericordia infinita. Che è dimora ed è abbraccio, concreto che lo puoi sentire. Una roba dell’Altro mondo in questo mondo. Per me, per te…

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