Le «periferie» e l'«ambiente»
Sinossi tra due affermazioni: Bergoglio e Giussani- Autore:
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Ho letto con interesse quanto Papa Francesco ha affermato nel «preconclave» e che ha trascritto per un Cardinale suo confratello, che gli chiedeva gli appunti.
Mi ha colpito la somiglianza con quanto Don Giussani affermava anni fa, descrivendo il suo metodo educativo, in particolare la necessità che venisse raccolta la sfida che l'ambiente poneva ai giovani.
Trascrivo qui le due affermazioni, lasciando a voi lettori le riflessioni del caso.
Card. Bergoglio | Don Giussani |
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Appunti manoscritti dell'intervento ai cardinali nella congregazione del 9 marzo | Appunti da un intervento di Luigi Giussani su Gioventù Studentesca. Reggio Emilia, 1964 |
Si è fatto riferimento all’evangelizzazione. È la ragion d’essere della Chiesa. “La dolce e confortante gioia di evangelizzare” (Paolo VI). È lo stesso Gesù Cristo che, da dentro, ci spinge. 1) Evangelizzare implica zelo apostolico. Evangelizzare presuppone nella Chiesa la “parresìa” di uscire da se stessa. La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e ad andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria. 2) Quando la Chiesa non esce da se stessa per evangelizzare diviene autoreferenziale e allora si ammala (si pensi alla donna curva su se stessa del Vangelo). I mali che, nel trascorrere del tempo, affliggono le istituzioni ecclesiastiche hanno una radice nell’autoreferenzialità, in una sorta di narcisismo teologico. Nell’Apocalisse, Gesù dice che Lui sta sulla soglia e chiama. Evidentemente il testo si riferisce al fatto che Lui sta fuori dalla porta e bussa per entrare... Però a volte penso che Gesù bussi da dentro, perché lo lasciamo uscire. La Chiesa autoreferenziale pretende di tenere Gesù Cristo dentro di sé e non lo lascia uscire. 3 ) La Chiesa, quando è autoreferenziale, senza rendersene conto, crede di avere luce propria; smette di essere il “mysterium lunae” e dà luogo a quel male così grave che è la mondanità spirituale (secondo De Lubac, il male peggiore in cui può incorrere la Chiesa): quel vivere per darsi gloria gli uni con gli altri. Semplificando, ci sono due immagini di Chiesa: la Chiesa evangelizzatrice che esce da se stessa; quella del “Dei Verbum religiose audiens et fidenter proclamans” [la Chiesa che religiosamente ascolta e fedelmente proclama la Parola di Dio - ndr], o la Chiesa mondana che vive in sé, da sé, per sé. Questo deve illuminare i possibili cambiamenti e riforme da realizzare per la salvezza delle anime. | Con che criterio noi identificheremo quel che è da fare, se bisogna andar qui o bisogna andar là, se bisogna chiamarli di qua o bisogna chiamarli di là? Il criterio è il principio cristiano fondamentale dell’incarnazione. Ché per il cristianesimo è essenziale un certo metodo e il metodo è l’incarnazione. Perché come verità poteva restare Verbo di Dio ed era verità lo stesso; ma ciò che determina il cristianesimo è un certo modo di comunicarsi, e la prima caratteristica di questo modo è stata proprio la kenosis, la condescendentia, diceva san Gerolamo, cioè l’aderire all’uomo. Afferrare l’individuo dove è Ecco il criterio: il messaggio, la vita cristiana, la comunità cristiana, la comunione cristiana deve afferrare l’individuo dove egli è: dove è! Ma questo «dove è», evidentemente, non trae la sua importanza dal luogo fisico, anche se implica sempre un luogo fisico, perché l’uomo non è campato per aria, non è un angelo; però, raggiungere l’uomo dove esso è, significa raggiungerlo in quel contesto, in quell’ambito di influssi, che più determina lo sviluppo della sua personalità. Ora, con buona pace di tutti, basta una minima osservazione - e non c’è più bisogno di distinguere fra la grande città e la piccola città, come facevo dieci anni fa - per accorgersi che, per il ragazzo che va a scuola, che andrà a scuola fino a una certa età (e anche questo oramai ha una sua importanza estrema, perché un ragazzo a quattordici, quindici, sedici anni si determina come aperture, come simpatie, come simbiosi, come “attracco” della vita), l’ambiente senza paragone più determinante gli indirizzi che la sua personalità assumerà nella vita è proprio quello della scuola superiore, dopo la scuola media o dopo la scuola professionale; anzi, oramai bisogna far scendere di qualche anno l’inizio di questa osservazione. Nella scuola il ragazzo non solo viene a contatto con tutto lo scibile, ma viene introdotto con autonomia, con responsabilità personale, per la prima volta proprio con consapevolezza e responsabilità personale, in tutto lo scibile. Proviamo a pensare all’influsso che ha un agglomerato di ragazzi che stanno assieme per un anno, per due anni, per cinque anni! Il giudizio sul “cinema” che vanno a vedere, le ragazze con cui andranno o non andranno insieme, il tempo libero, i giochi, lo sport che faranno, perfino - nelle grandi città - la decisione delle vacanze, tutto viene determinato dalla conversazione che si ha con i compagni a scuola! Questo è un dato di fatto. Su questo punto, l’unica obiezione che si potrebbe fare è: non è vero che la scuola e la convivenza scolastica - perciò, non la scuola soltanto come quattro mura, ma come punto da cui si sprigiona tutta una trama di interessi, di rapporti, di conoscenze, di stimoli e di reazioni -, non è vero che la scuola col suo ambiente abbia un influsso sui ragazzi. A me questo influsso pare lapalissiano, evidente: e per quello che sentono come insegnamento e per quello che nasce nei rapporti tra i compagni. Questo secondo fattore, tra l’altro, è importantissimo, forse ancora di più che neanche l’insegnamento come tale, in quanto l’insegnamento come tale sempre viene filtrato a seconda della mentalità, a seconda della reazione dell’ambiente di classe. Molti di noi possono averlo sperimentato di persona. Per esempio, quante volte quello che diciamo è sentito da chiunque, anche dal ragazzo buono, come condizionato dalla reazione della classe come tale! Se la classe è, poniamo, in maggioranza, proprio come clima, decisamente cristiana, i dubbi vengono di meno: l’individuo scettico o l’ateo - per così dire - ha meno sicurezza di sé. Mentre, se tutta la classe è scettica, neutra, neutrale, scettica o atea, anche all’individuo più bravo di Azione Cattolica vengono i dubbi. Perciò, è giusto dire, come è stato detto, che la scuola diventa sempre di più il grande strumento della formazione dell’uomo di domani: non più soltanto per quella certa aliquota al liceo classico o scientifico, ma per tutti, e con una impostazione sempre più efficace e sempre più capace di richiamare l’attività del singolo, sempre più capace di sviluppare la sensibilità di convivenza, cioè il senso sociale dell’individuo. |