Un’opera silenziosa come il crescere del grano…
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Da qualche venerdì mi è data la grazia di vivere la Santa Messa con un gruppo di preti anziani nel nostro seminario vescovile. La messa si svolge in una piccola cappella annessa al piano dove quattro sacerdoti arrivati all'età della pensione (che per essi è ben più avanti di quella sancita dalle ultime leggi italiane!), vivono la loro vecchiaia. I sacerdoti indossano i loro paramenti sacri, il celebrante addirittura la pianeta, tutto è improntato alla sacralità del gesto, all'incontro col Signore che hanno tanto amato ed amano nella loro vita che diventa, nella accettata condizione di oggi, nuova grazia.
Alcune donne (Ilve, Gioia, Rossella e la maestra Maria Luisa) aiutano l’allestimento per la messa e vivono il gesto per se stesse. È una chiesa nuova quella che mi si squaderna davanti, una chiesa della misericordia, non più nel fasto della messa solenne in cattedrale ma in una messa intima, quasi sommessa, una messa degli angeli (mi vengono alla mente le scene dello splendido film francese “Uomini di Dio”)
È una messa che ha il sapore del sacrificio buono di ciascuno di questi nostri splendidi preti oramai diventati vecchi. Guardo mio zio Don Piero di cui conosco la vita operosa, prima in Polesine in una chiesa piantata fuori del centro abitato dall'amministrazione rossa di quei tempi per evitare il contagio con il sacro. Conservo una foto in bianco e nero dello zio sull'argine del Po di Donzella con la sua veste talare infangata mentre, dopo aver salvato il suo gregge (e zio Piero aveva l’odore del gregge), trasportava le banche della chiesa tirandole con una barca fin sull'argine nell’alluvione del novembre del ’66. Un’altra, di qualche tempo dopo, a colori, ritrae la processione di maggio tra il grano biondo nel lungo viale che conduceva ad una improbabile chiesa moderna. È un’epopea di cuore e polmoni, di resistenza e persistenza della fede. Ci sarebbe da fare un film: altro che don Camillo salterebbe fuori!
Poi lo zio Piero passò alla chiesa di San Domenico a Chioggia e, giusto per continuare con l’acqua, gli toccò il salvataggio di un’altra chiesa continuamente minacciata dall’alta marea e dal salso, mentre nonna Maria, presa dall’artrite, non ce la faceva più ad attraversare il ponte e la portavamo su una “carega” come la “Madonna del canton” noi nipoti a forza di braccia... Chi ha visto in quegli anni la fede tenace di don Pietro si è commosso e qualche ragazzo ha perfino scelto una vocazione come la sua: una vita per la chiesa, una vita per il suo Signore ‘con la sola madre al fianco’. Oggi non è un di meno questa civiltà resa possibile da una sapiente ristrutturazione del seminario vescovile, retto con una intelligenza della fede che rende questo un luogo di vita rinnovata, un’opera che non fa più rumore del crescere dell’erba!
Cerchi Cristo e lo trovi in questa circostanza, in questa stanza tre metri per quattro, in questa piccola compagnia sacerdotale aiutata a rimanere a livello della sua sacralità oggettiva.
“A questa età si fa esperienza del bisogno dell’aiuto degli altri, ma è anche un dono nella grazia potere essere sostenuti e accompagnati” ci diceva Benedetto XVI parlando di sé in questi ultimi tempi. Il bisogno radicale di questa età ci porta alla nostra origine: ci ricorda che siamo creature, dunque figli di un Creatore. E così, serenamente, siamo ricondotti a Casa, all’altra riva da cui noi vedremo tutto e tutto sarà finalmente chiaro!