Un paese di grilli?
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Il mio passatempo preferito non è giocare a sudoku o riempire instancabilmente di parole i cruciverba, né guardare la TV o cercare in internet nuovi video giochi da scaricare su IPad, il mio passatempo preferito è, invece, leggere i testi medioevali, o del tardo gotico, scoprire dietro la passione per il magico e il simbolico un universo di significati, oggi perduti, ma che hanno fatto la storia dell’Europa.
Così mi sono imbattuta in questi giorni in un commento su un opera di Bosch dal titolo «Giudizio Universale».
Non è necessario spendere troppe parole per illustrare la straordinaria similitudine tra il nostro tempo e il panorama grottesco espresso da Bosch: che siamo in un clima da giudizio universale basta mamma TV a decretarlo.
Certo, pensare che questo Giudizio di Bosch precede di circa sessant’anni il più noto Giudizio di Michelangelo affrescato nella Cappella Sistina, sorprende. Sorprende l’assoluta modernità della versione boschiana, decisamente più vicina a noi moderni della geniale opera michelangiolesca.
Proseguo la lettura del mio testo e trovo questa affermazione: Nell’ultimo atto della storia del mondo il grillo è uno degli attori principali (J. Baltrusaitis - “Il medioevo fantastico” 1982).
Protagonisti principali dell’opera, infatti, sono i grilli. Forse non tutti sanno che la parola grillo, dal greco gryllos, significa porco e che il termine fu utilizzato nel 300 a.C. dal pittore egiziano Antifilo per indicare figure umane grottesche e con sembianze porcine. Da qui, poi, il vocabolo grillo fu esteso a designare ogni sorta di essere strano con testa grossa appoggiata su arti sproporzionati.
I grilli di Bosch sono associati al demoniaco consapevole, più consapevole dell’uomo, rispetto al caos che si genera nella storia. Nei suoi dipinti, spesso, sono loro i veri protagonisti della scena, come appunto in questo giudizio finale.
Cristo appare sulle nubi entro un alone di luce azzurrina, significante la pace serena che circonda l’umanità che ha già superato il giudizio. Tra questo cielo terso e la terra pullulante di episodi e di piccole scenografie, c’è una fascia oscura illuminata qua e là da fuochi sinistri.
Il primo grillo che incontriamo è il re della lussuria. Sopra il tetto piatto di un caseggiato, collocato alla sinistra del dipinto, un drago adesca una giovane fanciulla nuda e attorniata da un serpente. Questa donna, che potrebbe apparire in un primo tempo una vittima, è in realtà un tutt’uno con il drago che le soffia da dietro. Prova ne è il fatto che il musico, dai tratti scimmieschi che le sta davanti, la teme e si fa scudo con il suo mandolino, per proteggersi.
Vengono alla mente certe scene anche recenti in cui, il cosiddetto sesso debole, usa del suo proprio corpo, anzi della sua nudità, per intimorire le masse e gli uomini esercitando di fatto un potere su di essi.
Ma il vero protagonista della scena è il grillo dal vistoso copricapo rosso, simile alla mitria bizantina. Egli non pontifica certo la fede, come avvertono i due dischi di metallo che gli spuntano dalle tempie. Egli è all’origine di quella febbre orgiastica verso la quale guarda e che Bosch simboleggia con un'enorme macina guidata da uomini nudi e da una sorta di macinino che pure sforna in continuazione corpi denudati.
Se questo grillo amministra un potere che pretende di elevare l’uomo (il piacere sessuale comporta l’illusione di una elevazione verso l’alto), più sotto un altro grillo amministra un potere più terreno e, quindi più materiale.
Proprio all’ingresso della struttura dal tetto piatto, infatti, un altro grillo dalla testa enorme munita di elmetto con il volto cinereo e le gambe coperte da un’armatura, cavalca un pesce grosso che sta per inghiottire un pesce più piccolo.
È l’eterna lotta delle mafie e delle massonerie che vogliono dominare attraverso il controllo spietato dei giochi di potere, giochi che esse stesse suscitano per poter gettare scompiglio e rendere fragile qualunque sistema di governo. Anche qui abbiamo il musico che abbandona il suo mandolino per trafiggere con un attrezzo da contadino un povero malcapitato orante (forse un rappresentante della setta degli adamiti verso la quale si dice Bosch nutrisse delle simpatie). Il drappo rosso, sopra il quale sta la vittima, e il modo di impugnare l’attrezzo da parte del musico fanno pensare a una sorta di bandiera, simbolo cioè di quel potere che non ammette confronti.
Ma il più grottesco di questi grilli umani lo possiamo vedere lì a due passi. Si tratta di una enorme testa d’uomo dai lineamenti ben particolareggiati che cammina sopra due piedi altrettanto grandi. Bosch descrive puntualmente il grillo della maldicenza, tutta testa e piedi, il cui giudizio non ha corpo ma fa molta strada. Non a caso egli cammina dietro a dei condannati a morte, trafitti mortalmente da frecce e portati in trionfo come trofeo della propria ingiuriosa vittoria. Ahimè, qui gli esempi si sprecano e non saprei chi citare per assimilare questa scena al pane quotidiano che ci propinano i mezzi di informazione e le campagne elettorali.
E le sorprese di Bosch non hanno fine. Se noi emancipati uomini del 2013 pensavamo di aver toccato l’apice della scienza, che liberamente domina etica e pensiero, ci sbagliavamo di grosso: nelle Fiandre del ’500 la battaglia in tal senso era già iniziata, siamo solo in ritardo di cinquecento anni. Lo dice un altro grillo boschiano che troviamo seguendo il percorso della maldicenza. Del resto a tali traguardi essa vuole farci pervenire, ancora oggi.
Eccolo lì, il grillo nascosto nell’uovo. L’uovo rampante che si barcamena fra gli uomini con stivaletti di cuoio rosso e una freccia piantata in corpo. Questo grillo portando la forma dell’uovo, simbolo della vita, dice la volontà folle da parte dell’uomo di violare la vita, nelle sue origini, nella sua essenza. Dove questo grillo passa non c’è più uomo né donna, ma tutto si mescola in un mostruoso carosello di volontà di potere, questa volta non sulla sessualità semplicemente e neppure su un potere di origine temporale, ma sull’essenza stessa della vita e dell’origine della vita umana.
Non ci sono parole di fronte alla drammatica modernità di Bosch.
Il carosello si chiude con due grilli straordinariamente eloquenti: il grillo azzurro, simbolo dell’inganno, che furtivo sottrae dalla mischia un individuo dentro una gerla. Il poveretto si sente rassicurato di esser caduto in buone mani, sfuggendo al caos che impera e non s’avvede, purtroppo, di quale destino lo attende. Più oltre infatti, l’ultimo grillo che firma l’opera di Bosch è un mostro acefalo che al posto della tesa possiede una lama di coltello tagliente.
Questa lama è simbolo dell’altisonanza di una predicazione (in termini moderni potremmo di dire della propaganda) che forma l’opinione pubblica e che recide le intelligenze degli uomini per farli più facilmente cadere nella gerla del potere imperante, facendoli sentire per giunta al sicuro.
Prima ancora della diffusione capillare della stampa e prima delle invenzioni moderne che hanno caratterizzato il sorgere dei mezzi di comunicazione che manipolano indisturbati l’opinione pubblica, Bosch aveva già denunciato i loro fini.
Quello che resta a noi osservatori disorientati è una grande certezza: nella storia c’è sempre l’ora di un giudizio. Quando il giudizio appare all’orizzonte, quando l’ora della verità si avvicina, come qui si avvicina Cristo fra le nubi nel suo cielo terso, emergono i grilli dell’illusione.
Il loro trionfo segna, in realtà, l’ora stessa della loro agonia.
Si salvano solo i santi, quelli che tengono stretta la verità assunta dalla fede, come testimonia il trittico del Giudizio viennese di Bosch nei pannelli di chiusura.
Il trittico chiuso, infatti, presenta due santi: San Giacomo il maggiore e San Bavone, protettore delle Fiandre. Il primo racconta quale sia il vero pellegrinaggio della storia, quello cioè dettato dalla fede e dalla carità. Il secondo diventa l’esempio di come amministrare il potere. Egli, di nobile stirpe e dedito ai piaceri mondani, dopo la morte della moglie si convertì, distribuì le sue sostanze ai poveri e si ritirò in Convento.
Insomma i grilli di Bosch hanno ancora molto da insegnarci: l’uomo deve parlare con la vita e non solo con le parole. Laddove testa e piedi si toccano mostruosamente, manca l’evidenza della vita, manca la testimonianza. Un mondo che si accontenta di parole, spesso a effetto, o di cammini illusori, indicati più con immagini virtuali che con il realismo della testimonianza di vita, non andrà lontano. Sarà sempre teatro indisturbato dei grilli di turno.
Nota: Un esempio si trova in questo testo «Characteristic is the evolution of the famous gryllos already familiar to the Middle Ages in the English psalters, and at Chartres and Bourges. It taught, then, how the soul of desiring man had become a prisoner of the beast; these grotesque faces set in the bellies of monsters belonged to the world of the great Platonic metaphor and denounced the spirit's corruption in the folly of sin. But in the fifteenth century the gryllos, image of human madness, becomes one of the preferred figures in the countless Temptations.» [http://ahistoryofthepresentananthology.blogspot.it/2012/12/the-history-of-madness-in-age-of-reason.html]