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Principi non negoziabili e principi condivisi

Autore:
Melacarne, Paolo
Fonte:
CulturaCattolica.it
Riceviamo da questo nostro amico questa riflessione, utile per approfondire un tema che in questi tempi è di grande attualità (anche se dimenticato nei programmi di molti politici...)

Quando mi capita di citare i principi non negoziabili ad alcuni amici miei (tutti cattolici praticanti) mi sento rispondere che si tratta di valori confessionali e dunque inutilizzabili nella dialettica politica di uno stato che voglia essere laico; al loro posto, a loro parere, andrebbe utilizzato invece il concetto di principi condivisi.

Questa scelta, che a prima vista sembra ragionevole, porta però fuori strada. E` pur vero che un cattolico ricava il principio di salvaguardia assoluta della vita (nelle sue fasi di nascita, sviluppo e morte fisica) dalla rivelazione. Ma vi sono anche non-credenti che ritengono validi gli stessi principi e la Chiesa Cattolica ritiene che anche un non-credente abbia sufficienti strumenti morali per arrivare alla stessa conclusione sul valore della vita umana. Quindi l’obiezione che si tratti di “principi di perfezione” raggiungibili solo dai credenti è perlomeno discutibile.

L’aspetto che però viene considerato da alcuni più sgradevole è che questi principi siano qualificati come non negoziabili. Questa espressione significa che la Chiesa Cattolica (ma non è l’unica) li ritiene irrinunciabili per la salvaguardia della vita umana. Li ritiene una conquista di umanità fondamentale, che ha permesso l’evolversi della civiltà fino ad oggi. Rimuovere questi principi significa tornare indietro, un po’ alla volta (ma nemmeno troppo lentamente) sia alla rupe tarpea sia al re padrone assoluto. Dovrebbe infatti suonare come un campanello d’allarme il fatto che da qualche parte si cominci a parlare di “aborto post-natale” oppure di “educazione di genere” imposta dallo stato a dispetto delle scelte dei genitori. Trent’anni fa queste due espressioni nemmeno esistevano. Restando nell’attualità vi sono altri esempi: il fatto che occorra arrivare a una sentenza della Corte Europea per poter portare al collo una piccola croce oppure che si parli da più parti di abolire l’obiezione di coscienza significa che si sta tornando verso un “cuius regio eius religio”, laico però, ossia si viene obbligati a comportarsi secondo la “religione” dello stato, il nuovo re. Quindi la prima motivazione per cui sono non-negoziabili è che altrimenti si torna indietro nei diritti fondamentali della persona.

Va poi osservato che l’espressione non-negoziabili non va intesa primariamente come conflitto, magari violento, contro chi è contrario ma come criterio di coerenza personale e scala di valori per chi li adotta. In altre parole chi ritiene validi questi principi dovrebbe anche considerarli il punto di partenza quando si confronta con un interlocutore. Questo purtroppo in alcuni casi non avviene. Vi sono cattolici che antepongono a questi principi esigenze di laicità e di tolleranza e si esprimono pressapoco in questi termini: “poiché il mio principio è diverso da quello di chi mi sta vicino allora io, per non obbligare nessuno con vincoli a lui estranei, rinuncio a sostenere pubblicamente il mio principio e fondo la dialettica sociale e politica solo su principi condivisi”.

Questa frase a molti potrà sembrare ineccepibile in nome della convivenza civile: si considerano i propri principi come qualcosa di assolutamente privato e si discute col mondo direttamente a partire da quella che si considera una base comune, i principi condivisi appunto. Ma quali sarebbero allora i cosiddetti principi condivisi cui ci si appella avendo ormai rinunciato ai principi non negoziabili? In Italia questa base comune viene solitamente identificata con quanto espresso nella Costituzione perché quella è la legge fondamentale di tutti gli Italiani. Questa identificazione, che a prima vista sembra cosa buona, ha però due difetti fondamentali e da considerare.

In primo luogo, come molte leggi umane, la Costituzione rappresenta un compromesso ossia un accordo fra partiti in conflitto tra loro. Basta scorrere la storia della Costituente per rendersene conto. Consideriamo ora questo fatto: si è mai sentito che un principio possa coincidere con un compromesso? forse che Mosè ha patteggiato con Jahvè cosa inserire o meno nel Decalogo? forse che i filosofi e i pensatori, da Talete fino ad oggi, hanno svolto dei sondaggi per determinare un “pensiero condiviso” e poi definire cosa era vero o falso nei loro sistemi filosofici? Dunque l’espressione “principi condivisi” è in realtà una contraddizione, un non senso: un principio (giusto o sbagliato che sia) non può scaturire da un patteggiamento. Perché io, cristiano o ebreo o buddhista o liberista o marxista o... di qualsiasi altra fede, dovrei utilizzare come base ideale un criterio che non rispecchia né in quantità né in qualità quello che io credo buono e giusto? Gli accordi sono una cosa, la rinuncia alle proprie idee è tutt’altro. Se due persone arrivano ad un patto, pur mantenendo idee diverse, il contenuto del patto non costituisce un principio ideale per nessuna delle due. Se ad esempio una persona ritiene che la vita umana inizi a esistere al concepimento e un’altra solo nove mesi dopo dove possono porre il principio condiviso? alla nascita? Ma in questo modo il principio della prima è completamente smantellato e, ritardato di nove mesi, non è più un principio. Ancora. Nella Germania nazista, secondo alcuni, solo gli “ariani” erano titolari di diritti. Ovviamente c’era anche chi sosteneva un principio morale diverso ossia che ogni persona, in quanto tale, era titolare di diritti. Tentare una mediazione per arrivare a un principio condiviso era (ed è) impossibile. Nell’Europa d’oggi alcuni pensano che un bambino abbia diritto - per quanto possibile - a un padre maschio e una madre femmina. Altri pensano che ogni aggregazione di persone sia totalmente equivalente, vada chiamata famiglia e abbia quindi il diritto di svolgere identiche mansioni. E` giusto che noi sacrifichiamo il bambino in nome dei principi condivisi?

Il secondo difetto di questa identificazione dei principi condivisi è che la Costituzione è stata ed è ignorata e scavalcata, in tante occasioni, da tutte le parti politiche. Gli articoli sulla vita, sulla famiglia, sulla scuola, sul lavoro sono stati smentiti molte volte nella prassi dei vari governi. Non solo. Perfino l’articolo 11 non ha impedito a tutti i partiti, di volta in volta, di approvare l’invasione dei carri armati sovietici o il nostro intervento militare nei luoghi dove questo o quel governo, secondo i colori, riteneva opportuno. Si obietterà che anche il Decalogo e il Vangelo restano spesso inapplicati da noi credenti. Ma il Decalogo e il Vangelo non sono un prodotto nostro, non li abbiamo né votati né contrattati: ci sono stati dati, rivelati. I cosiddetti principi condivisi invece, per dirla tutta, prima sono stati mercanteggiati tra partiti avversari e poi ignorati tutte le volte che occorreva. E` difficile sostenere che debbano essere - per noi cattolici - il riferimento sicuro e indubitabile quando o non si vuole o non si può seguirli. Posso capire che i non credenti si trovino sprovvisti di riferimenti migliori ma i cristiani dispongono di una rivelazione e di una tradizione che superano, e di molto, il contenuto di qualsiasi legislazione umana.

I cattolici dovrebbero essere un po’ più tranquilli e fiduciosi di avere già i loro principi - che non si sono dati ma hanno ricevuto in dono - e, pur nel rispetto per ogni persona, non dovrebbero certo né nasconderli né depotenziarli per un falso ossequio alle idee altrui. Io credo che, in realtà, alcuni non li considerino davvero validi e non abbiano il coraggio di dichiararlo. Forse li considerano un capriccio divino (dovrei dire: “un consiglio evangelico”) per persone devote. Forse ritengono che si possa avere una buona società anche uccidendo bambini e vecchi, distribuendo soldi a non-famiglie, lasciando allo Stato il compito di pensare al posto nostro dalla culla fino alla tomba. Se questa è davvero la loro posizione allora smettano di dirsi cattolici: non credono più al bene che il cristianesimo rappresenta. Io trovo molto dannosa questa “ideologia dei principi condivisi” perché assomiglia tanto a un cavallo di Troia che noi, figli della luce, abbiamo fatto entrare in città: prima ci è stato chiesto di aprire le porte affermando che l’importante è quel che si ha in comune, poi, quando noi cattolici abbiamo accettato questa idea, ci vengono imposti principi contrari.

A questo punto l’obiezione tipica è: allora che si fa? si va allo scontro? No. Non necessariamente. E` sufficiente che un cattolico si ricordi di restare cattolico anche fuori dalla sacrestia. Che, alla fine, un governo decida contro i principi non negoziabili o si debbano fare compromessi può anche essere sopportato, in alcuni casi, come un ineluttabile male storico. Ma per noi deve restare chiaro che quel compromesso non rappresenta affatto il bene e i cosiddetti principi condivisi sono dei non-principi.
L’errore che viene qui contestato non è l’atteggiamento conciliante che a volte è necessario ma il fatto che alcuni cattolici si facciano diretti sostenitori di non-principi in nome di una mal compresa laicità o tolleranza. Il nostro ideale si trova primariamente nella rivelazione, non nelle leggi umane, il nostro Regno non si realizza in nessuno Stato e siamo (per parafrasare Giovanni 17,16ss) nello Stato ma non dello Stato. Non si tratta di togliere valore alla legge fondamentale italiana ma di relativizzarla inquadrandola per quello che è: una legge concordata tra fazioni diverse in un determinato contesto storico. Ma siccome si è persa la fiducia nei principi e nel bene che con essi ci è stato donato, siccome non sono stati approfonditi e studiati quando era tempo, allora, dato che ateo l’uomo non può essere, si sparge incenso su una legge umana, scambiandola con la legge divina.

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