L'ospedale di Padova riconosce le mamme gay
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(Jean Cocteau)

Ve li ricordate i servizi televisivi sul primo bambino nato in Italia e nelle singole regioni? Qualche minuto di notorietà per pargoli e nosocomi. Padova quest’anno è andata maluccio (ha dovuto aspettare fino alle 9.44 per registrare il primo nato dell’anno) e sarà per questo che, uscito il Guinness dalla porta, la clinica ostetrica dell’ospedale patavino ha cercato di farne entrare in fretta uno dalla finestra.
Come? Con un comunicato stampa in cui il primario, Giovanni Battista Nardelli, illustra la decisione del reparto - primo in Italia - di “riconoscere” i genitori omosessuali con un braccialetto.
Da anni, dopo il parto, al polso del neonato viene infilato un braccialetto con numero identificativo. Lo stesso numero viene stampato sul braccialetto per la madre mentre un terzo braccialetto veniva consegnato al papà. Tre braccialetti diversi per grandezza e perché su quello da dare alla madre era stampato il nome “madre” e su quello per il papà la parola “padre”.
«Ormai non si può più ragionare in modo tradizionale» ha spiegato il primario Nardelli e così, tenendo conto delle coppie omosessuali che ricorrono alla fecondazione eterologa, per «non offendere la sensibilità di nessuno» il reparto ha pensato (!) un bel po’ e ha deciso di cambiare la dicitura del braccialetto: da “padre” a “partner”.
Non mi soffermo sullo sbrodolamento di commenti a destra e a manca, tutti prevedibilissimi. Riporto solo quello autorevole (!) dell’assessore comunale Alessandro Zan, da anni attivo nella lotta per i diritti civili e contro l’omofobia, che così plaude alla decisione: «Sono davvero i grandi passi avanti che sa fare una società civile laica. Superando le leggi, le lobby, gli interessi e i potentati, ha fornito una risposta di progresso ad una nazione che in fatto di diritti civili non poteva più restare indietro». Ipse dixit.
Entriamo allora nel merito della «risposta di progresso» con una riflessione linguistica che è anche culturale.
C’era una volta, nella clinica ostetrica di Padova, la sana abitudine di vedere il bambino al centro. Fiocco azzurro o rosa fuori dalla camera della mamma, braccialettino a lui e due braccialettini ai suoi genitori: la sua mamma e il suo papà.
C’è, oggi, nella clinica ostetrica di Padova, la prova evidentissima che i bambini non interessano: si usano per le campagne dei grandi. I nuovi braccialettini, infatti, non riportano più il ruolo di chi li indossa, rispetto al neonato: “l’altra” (mamma-due? accuditrice? genitore B?) è… la compagna della madre, il “partner” e, se tanto mi dà tanto, così la chiamerà il pargolo appena sarà in grado di proferir parola. «Partner, mi dai il biberon?». Eccola, la «risposta di progresso che sa fare una società civile laica».
Come al solito, è così potente l’ideologia da annebbiare il cervello e così, tra i tanti commenti letti, dell’aberrazione linguistico/culturale si è accorta solo la puntigliosa… sic!