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L’assordante silenzio sul Codice Etico dell’Università Cattolica

Fonte:
CulturaCattolica.it

Ciò che davvero sconvolge nella surreale vicenda del Codice Etico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano è l’assordante silenzio di docenti, studenti e dipendenti che in quella realtà operano. Salve, ovviamente, le poche, rare ed encomiabili eccezioni. Il silenzio del mondo cattolico extra moenia, oltre il portone di Largo Gemelli, appare addirittura più frastornante. Potremmo definirlo esagerato.
Per questo avverto la sincera esigenza di lanciare due accorati appelli.

1. Il primo è rivolto a tutti i cattolici presenti, a qualunque titolo, nell’Ateneo milanese del Sacro Cuore, affinché trovino il coraggio di far sentire la propria voce. Come sollecitazione all’audacia, per costoro, non intendo citare qualche maldestro e discutibile teologo à la page – oggi purtroppo onnipresenti – ma mi limito semplicemente a riportare le parole del Romanus Pontifex feliciter regnans e dei Suoi Augusti Predecessori.
Comincio con il discorso tenuto da Sua Santità Benedetto XVI lo scorso 3 maggio 2012 durante la visita all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, quando ha ricordato che «l’Università Cattolica ha con la sede di Pietro un particolare rapporto», e proprio in virtù di tale rapporto «è chiamata oggi ad essere istituzione esemplare che non restringe l’apprendimento alla funzionalità di un esito economico, ma allarga il respiro su progettualità in cui il dono dell’intelligenza investiga e sviluppa i doni del mondo creato, superando una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza, perché “l’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la dimensione di trascendenza” (Caritas in veritate, 34)». E durante l’incontro con gli educatori cattolici tenuto il 17 aprile 2008 a Washington presso la Sala Conferenza dell’Università Cattolica d’America, lo stesso Benedetto XVI aveva precisato che «il compito educativo è parte integrante della missione che la Chiesa ha di proclamare la Buona Novella», e per questo, soprattutto le istituzioni che si definiscono “cattoliche” debbono essere «un luogo in cui incontrare il Dio vivente, il quale in Gesù Cristo rivela la forza trasformatrice del suo amore e della sua verità (cfr Spe salvi, 4)».
Non è stato da meno il suo predecessore, il Beato Giovanni Paolo II, nel discorso tenuto ai giovani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore il 13 aprile 2000:

Vi raccomando, carissimi studenti e docenti, di perseguire con tutte le vostre energie quell’ideale per il quale la pastorale non è qualcosa da fare accanto ad altre cose, ma una dimensione che attraversa tutto quello che si fa, coordinandolo al progetto educativo proprio di una Università Cattolica. In questo modo l’Università diventa una grande comunità educante nella quale studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo collaborano per raggiungere il medesimo scopo, quello di assicurare ai giovani studenti una formazione integrale degna di questo nome.


E perché non ci fossero fraintendimenti circa il concetto di “formazione” di Giovanni Paolo II, lo stesso Pontefice precisa:

Quando parlo di “formazione”, il mio pensiero va spontaneamente all’esempio che Gesù Maestro ci ha dato e che ci è stato conservato nei Vangeli. Gesù è il “maestro buono” (cfr Mc 10, 17), il maestro mite e umile di cuore (cfr Mt 11, 29), il maestro per eccellenza. Alla sua pedagogia dobbiamo tutti ispirarci se vogliamo essere all’altezza del compito che ci è stato affidato. Una pedagogia, quella di Gesù, che è intrisa di sapienza, di prudenza e di pazienza; una pedagogia attenta agli altri, capace di interpretarne le esigenze e le attese, sempre pronta a lasciarsi interpellare dalle varie situazioni umane.


Lo stesso Papa, infine, si rivolge ai docenti universitari, con un ammonimento sempre attuale, e che oggi in molti dovrebbe rileggere attentamente:

Rivolgendomi soprattutto a voi, carissimi docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, mi preme darvi una consegna: siate veri e autentici educatori; abbiate cura di manifestare chiaramente a quale progetto educativo vi ispirate, dando ragione, da veri discepoli di Cristo, della speranza che è in voi (cfr 1 Pt 3, 15). Sia vostro impegno e vostro onore offrire alla Chiesa e al Paese giovani professionalmente ben preparati, cittadini politicamente sensibili e, in particolare, cristiani illuminati e coraggiosi.


A tutti, poi, indirizza l’esortazione a non dimenticare il carattere “cattolico” dell’istituzione universitaria:

Lo studioso cristiano, docente e discente, si distingue per la sua capacità di coniugare il rigore della ricerca scientifica con la certezza della fede che Gesù Cristo, quale Verbo eterno di Dio, è la Verità nel suo senso più pieno. Da qui la sua vocazione a ricercare, analizzare e spiegare le singole verità alla luce di Cristo, Verità assoluta, accompagnando lo studio con la preghiera e la coerenza di vita. Siate consapevoli di questa vostra vocazione. Non stancatevi di convertire i vostri cuori all’unico Salvatore, al cui Cuore è consacrata la vostra istituzione.
Siate fieri di appartenere alla “Cattolica” e sforzatevi di essere all’altezza delle responsabilità che ne conseguono. Lo richiede il ricordo della vostra tradizione, lo sollecita la natura stessa della vostra istituzione, lo impone la mirabile missione educativa a voi affidata.
«E’ l’ora di compiti grandi – scriveva Padre Gemelli nel lontano 1940 –. Ovunque vi troviate, mostratevi consapevoli di questa vostra missione. Siate fiamme che ardono, che illuminano, che guidano, che confortano» (Foglio agli studenti, ottobre 1940).
Faccio mio questo suo monito e ve lo riconsegno invocando sui vostri propositi e sulle vostre iniziative la materna assistenza della Vergine, Sedes sapientiae. Con questi sentimenti, imparto di cuore a voi qui presenti e a tutti coloro che operano nell’ambito della vostra Università una speciale Benedizione Apostolica.


Non voglio dimenticare neanche il Servo di Dio Paolo VI e la sua omelia tenuta il 5 aprile 1964, Domenica in Albis:
(…) ben ricordiamo quale merito sia stato sempre da Noi riconosciuto e lo sia tuttora ad una scuola universitaria, che si onora e si avvale della qualifica di «cattolica»; ed è poi sempre fissa nel Nostro spirito, come tuttora ne perdurasse la causa, la memoria dell’essere stati Noi stessi uniti da vincoli onorifici e responsabili alla gloriosa Università cattolica; anzi diremo che l’ufficio pontificale, a Noi ora affidato, di maestro e di pastore dell’intera Chiesa di Cristo, Ci fa ancor più obbligati e disposti a riconoscere, a proteggere, ad ammirare, ad amare in questo nostro giovane e fiorente Ateneo una testimonianza, una speranza, una forza del cattolicesimo italiano moderno.
(…) Noi vogliamo, per quanto è possibile nell’attimo e nella forma di questo rito, riconfermare i rapporti spirituali che hanno unito, fin dall’inizio, l’Università Cattolica del Sacro Cuore con la Sede Apostolica: un Papa, d’origine e di tempra milanese, Pio XI di felice memoria, ne fu sapiente e forte patrono fino dall’inizio; il suo presente tanto inferiore ed indegno, ma autentico successore, nella cattedra di Sant’Ambrogio prima ed ora in quella di San Pietro, rinnova al prediletto Ateneo la sua stima, la sua fiducia e la sua protezione; come, nello stesso tempo, gradisce e avvalora la fedeltà sincera e filiale, che codesta presenza della Università Cattolica qui così palesemente e così piamente Ci manifesta.



In quella stessa omelia Paolo VI parlava della necessità di ascoltare la voce d’un Maestro, «la voce di Sant’Agostino che mormora, a conclusione, sintesi di un lungo pensare: la felicità altro non è che il gaudio della verità: «Beata vita, quae non est nisi gaudium de veritate» (Conf. X, 23, P.L. 32, 794):

Questo, si sa, è un traguardo; ma esso segna una via, quella della vita spirituale propria d’un domicilio di pensiero filosofico e di ricerca scientifica a livello universitario; ed è il sentiero aspro e fiorito delle anime vive, tese ed aperte alle più inebrianti esperienze della nostra religione, quelle che, al dire di San Paolo, le rendono «capaci di comprendere, con tutti i santi, quale sia la larghezza e la lunghezza e l’altezza e la profondità, e d’intendere quest’amore di Cristo, che sorpassa ogni scienza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio» (Eph. 3, 18-19); quelle che certamente molti di voi che Ci ascoltate vanno misteriosamente e dolcissimamente esplorando nelle silenziose adorazioni della Cappella dell’Università, suo centro, suo focolare; quelle che all’università stessa hanno meritato e prefisso l’appellativo di Università Cattolica «del Sacro Cuore».


Sempre Paolo VI durante la recita dell’Angelus del 15 marzo 1970 ricordava a tutti quale fosse l’ideale autentico che ogni Università Cattolica si propone di realizzare e che passa attraverso quell’energia di luce e di amore infusa dallo «Spirito vivificante, che Cristo ci ha ottenuto e di cui ha fatto dispensatrice la Chiesa».
Non si può neppure ignorare il Beato Giovanni XXIII e il suo discorso rivolto agli «Amici dell’Università Cattolica del Sacro Cuore» l’8 marzo 1959:

L’Università Cattolica del Sacro Cuore! Il solo enunciare queste parole, così alte, e nello stesso tempo così familiari, richiama al Nostro pensiero tante persone care e tanti avvenimenti lieti della recente storia dei Cattolici d’Italia. Alcune di quelle figure già «ci hanno preceduto col segno della fede», e la loro statura diventa col passare degli anni sempre più elevata, mentre la loro vicenda umana sembra acquistare il profumo di una nuova «Leggenda Aurea». Quegli avvenimenti, poi, acquistano nel tempo un rilievo sempre più straordinario, come di fatti e di coincidenze voluti dalla Provvidenza, incoraggiati dai Nostri gloriosi Predecessori, e rivelatisi ora in tutta la loro importanza. Noi ringrazieremo sempre il Signore per averCi concesso di vivere assai vicino al diletto Ateneo.


«Nel suo insieme di cattedre, di laboratori e di archivi», ricordava ancora in quell’occasione Giovanni XXIII, «la Università è come una delle antiche cattedrali del Medio Evo, che attestavano la magnificenza del potere religioso e temporale che le aveva volute, e la pietà di tutto il popolo che vi si sentiva attaccato come a cosa sua», e per questo la sensibilità di ogni buon cattolico per la vita collettiva, ispirata al Cristianesimo, diventa sempre più animosa nella invocazione del contributo di solidarietà e di preghiera e di mezzi, anche materiali, per la vita, per il decoro e per gli sviluppi della Università del Sacro Cuore». E aggiungeva che «le sue affermazioni sono infatti motivo di onore per tutto il nostro Paese: e prendono posto tra le manifestazioni più alte ed edificanti dell’apostolato, che diffonde attorno a sé luce di dottrina e calore di fraternità e di carità».

2. Il secondo appello intendo rivolgerlo ai giuristi che coltivano e insegnano la materia di diritto canonico in seno all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Mi permetto sommessamente di ricordare loro cosa prevede il Codex Juris Canonici al Capitolo II, intitolato Le università cattoliche e gli altri istituti di studi superiori:

Can. 807 - È diritto della Chiesa istituire e dirigere università di studi, che contribuiscano ad una più profonda cultura degli uomini e a una più piena promozione della persona umana e altresì ad adempiere la funzione d’insegnare della Chiesa stessa.
Can. 808 - Nessuna università di studi, benché effettivamente cattolica, porti il titolo ossia il nome di università cattolica, se non per consenso della competente autorità ecclesiastica.
Can. 809 - Le Conferenze Episcopali curino che ci siano, se possibile e conveniente, università di studi o almeno facoltà, distribuite in modo appropriato nel loro territorio, nelle quali le diverse discipline, salvaguardata senza dubbio la loro autonomia scientifica, siano studiate e insegnate, tenuto conto della dottrina cattolica.
Can. 810 - §1. È dovere dell’autorità competente secondo gli statuti provvedere che nelle università cattoliche siano nominati docenti i quali, oltre che per l’idoneità scientifica e pedagogica, eccellano per integrità di dottrina e per probità di vita, e che, mancando tali requisiti, osservato il modo di procedere definito dagli statuti, siano rimossi dall’incarico.
§2. Le Conferenze Episcopali e i Vescovi diocesani interessati hanno il dovere e il diritto di vigilare, che nelle medesime università siano osservati fedelmente i princìpi della dottrina cattolica.
Can. 811 - §1. L’autorità ecclesiastica competente curi che nelle università cattoliche sia eretta la facoltà o l’istituto o almeno la cattedra di teologia, in cui vengano impartite lezioni anche agli studenti laici. §2. Nelle singole università cattoliche si tengano lezioni, nelle quali si trattino precipuamente le questioni teologiche connesse con le discipline delle medesime facoltà.
Can. 812 - Coloro che in qualunque istituto di studi superiori insegnano discipline teologiche, devono avere il mandato della competente autorità ecclesiastica.
Can. 813 - Il Vescovo diocesano abbia una intensa cura pastorale degli studenti, anche erigendo una parrocchia, o almeno per mezzo di sacerdoti a ciò stabilmente deputati, e provveda che presso le università, anche non cattoliche, ci siano centri universitari cattolici, che offrano un aiuto soprattutto spirituale alla gioventù.
Can. 814 - Le disposizioni, date per le università, si applicano a pari ragione agli altri istituti di studi superiori.


E mi permetto, altresì, di ricordare cosa prevedono i quattro paragrafi dell’art.2 (la natura di una Università Cattolica) della Costituzione Apostolica Ex Corde Ecclesiae:

§ 1. Un’Università cattolica, come ogni Università, è una comunità di studiosi che rappresenta vari rami del sapere umano. Essa si dedica alla ricerca, all’insegnamento e a varie forme di servizi rispondenti alla sua missione culturale.
§ 2. Una Università cattolica in quanto cattolica, ispira e svolge la sua ricerca, l’insegnamento e tutte le altre attività secondo gli ideali, i principi e gli atteggiamenti cattolici. Essa è collegata alla Chiesa o per il tramite di un formale legame costitutivo e statutario, o in forza di un impegno istituzionale assunto dai suoi responsabili.
§ 3. Ogni Università cattolica deve manifestare la propria identità cattolica o con una dichiarazione della sua missione, o con altro appropriato documento pubblico, a meno che non sia autorizzata altrimenti dalla competente autorità ecclesiastica. Essa deve provvedersi particolarmente mediante la sua struttura e i suoi regolamenti, dei mezzi per garantire l’espressione e il mantenimento di tale identità in modo conforme al § 2.
§ 4. L’insegnamento cattolico e la disciplina cattolica devono influire su tutte le attività dell’Università, mentre deve essere pienamente rispettata la libertà della coscienza di ciascuna persona. Ogni atto ufficiale dell’Università deve essere in accordo con la sua identità cattolica.


Ora, mi chiedo come si possa onestamente affermare che quell’atto ufficiale che va sotto il nome di “Codice Etico” – ritenuto addirittura atto fondamentale – sia «in accordo con l’identità cattolica», secondo l’art.2, § 4 della Costituzione Apostolica Ex Corde Ecclesiae, o che in esso siano «osservati fedelmente i princìpi della dottrina cattolica», secondo quanto prescrive il §2 del can. 810. Ma ancor di più mi chiedo se il contenuto di quel documento possa essere davvero considerato «motivo di onore per tutto il nostro Paese», e se possa davvero «prendere posto tra le manifestazioni più alte ed edificanti dell’apostolato, che diffonde attorno a sé luce di dottrina e calore di fraternità e di carità», secondo le autorevoli parole del Sommo Pontefice Giovanni XXIII.

La domanda è, ovviamente, retorica.


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