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La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito: osservazioni a conclusione del Meeting

Fonte:
CulturaCattolica.it

Quando la natura umana riconosce il rapporto che la costituisce, cioè scopre e accetta di essere fatta da un Altro, allora la vita diventa vocazione, come ha insegnato Mons. Giussani, risposta a una chiamata che interpella il cuore dell’uomo attraverso le circostanze concrete dell’esistenza, attraverso un “finito” che diventa segno di qualcosa di più grande. Accade così che “l’Infinito, voce di Dio”, chiama la sua creatura per farle scoprire di essere fatta per Lui, come ha affermato Benedetto XVI nel messaggio rivolto agli organizzatori del Meeting per l’amicizia dei popoli di Rimini. A conclusione della settimana del Meeting possiamo dire che gli incontri con le personalità invitate, le mostre e gli spettacoli hanno contribuito a comprendere l’implicazione reale dell’infinito nel finito, favorendo un approfondimento di esperienza e di coscienza di sé vissute in una dimensione di religiosità autentica, consapevole che il senso religioso, con le domande di significato e l’anelito alla felicità che lo contraddistinguono, è il motore dell’esistenza. Come suggerito dall’intervento del Papa, la dipendenza dell’uomo dall’infinito “rivela in modo luminoso la grandezza e la dignità suprema dell’uomo, chiamato alla vita per entrare in rapporto con la Vita stessa, con Dio”. Eppure “l’uomo moderno e contemporaneo tenta di affrancarsi” da questa dipendenza da Dio Creatore, trovandosi poi, però, ingolfato in “una ricerca affannosa e sterile, di “falsi infiniti” che possano soddisfare almeno per un momento. Il punto fondamentale, quindi, non è eliminare la dipendenza, che è costitutiva dell’uomo, ma indirizzarla verso Colui che solo può rendere veramente liberi”. Vivere con il respiro libero del cuore e della mente, rispettosi della propria natura: questa è stata l’esperienza dei giorni trascorsi a Rimini, giorni destinati a tracciare un solco nella quotidianità. Uno dei contributi più interessanti per cogliere l’implicazione dell’infinito nel finito è stato offerto dalla ricerca scientifica. A partire dalle neuroscienze che studiano il nostro sistema nervoso: in un dialogo sul mistero dell’unità dell’io, si sono confrontati un filosofo, un linguista e un medico. E’ emerso che l’io è un mistero e che per la conoscenza del fenomeno complesso del nostro io, di cui conosciamo le singole parti ma non come stanno insieme tra loro, la conoscenza scientifica è fondamentale ma non è tutto. La grande letteratura, ad esempio, ci ha fatto scoprire molto sull’io, portando un contributo fondamentale. Paolo Nespoli, il primo astronauta italiano che ha effettuato una missione spaziale internazionale di lunga durata, ha raccontato la sua esperienza che lo ha riportato a ritrovare lo stupore di un bambino. “Lo spazio è un ambiente totalmente nuovo dove tutto è da scoprire e dove si deve imparare da capo ogni cosa, dalle più semplici alle più complicate. Io mi sono sentito un bambino alla scoperta di me stesso e del mondo che mi stava attorno”. Infine, l’ultima scoperta scientifica del Bosone di Higgs, fra le più importanti del secolo, ha rimesso al centro il mistero della materia che “sfugge a chi vuole possederla”, come ha detto Lucio Rossi. “La conoscenza è inesauribile, è in un certo senso, è segno dell’infinito nel finito. Nella ricerca scientifica non si chiude mai la partita”. Ogni conoscenza spinge più in là, apre nuove domande e ricerche. In ogni campo del sapere. Scienza, poesia, storia … documentano la tensione dell’uomo a un Oltre perché, come ha detto Javier Prades nella sua relazione sul tema del Meeting, “non riusciamo ad accettare di essere insignificanti”.

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