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Un Meeting infinito

Fonte:
CulturaCattolica.it

Quanto Meeting ho visto nello spazio di due-tre giorni? Confrontando il programma dei sette giorni, vedo che arrivo ad attestarmi appena al livello del 5-6%. Ho partecipato ciascun giorno a uno-due incontri sui quindici che venivano quotidianamente proposti; ho visto un solo spettacolo su un totale complessivo di una trentina e mi sono perso il Flamenco che sceneggia il Vangelo, del quale alcuni amici mi parlano entusiasti; ho sorvolato sulle presentazioni di libri, sulle manifestazioni sportive, sul Villaggio dei ragazzi, sulla piazza della Sussidiarietà e sulle decine di banchetti sparsi per i corridoi e nelle sale. Neanche tutte le mostre ho visto. Mi si è svelato il Cristo di Dostoevskij nella mostra che conduceva a scoprire il volto di Cristo e dell’uomo nei personaggi dei suoi romanzi. Sono stato catturato dal dramma dell’Albania, costretta all’ateismo da Enver Hoxha: oltre ai quadri dell’esposizione, un intenso sceneggiato con quattro attori rappresentava il conflitto tra il dittatore e il vescovo che rivendicava la libertà del suo popolo. Sono stato introdotto ai misteri della genetica e della verità dell’uomo con lo sguardo di Jéròme Lejeune, il genetista che perse il Nobel per aver rivendicato che il compito della medicina è sostenere la vita e non produrre la morte; ho ripercorso la limpida testimonianza del vescovo di Lugano Eugenio Corecco, ricavandone lucidità per un’immagine autentica di pastore; mi sono esaltato davanti alla ‘fabrica’ del Duomo di Milano, magnifico nelle foto della costruzione complessiva e dei particolari delle 3330 statue di santi, costruito con l’intervento dei Visconti (14%) e con i soldi del popolo cristiano (86%!). Ho dovuto tralasciare la gettonatissima mostra sul Rock’n roll, l’affascinante mostra sui giovani che si inventano un lavoro, ho sorvolato velocemente sulla montagna sacra del Buddhismo, ma in compenso ho ascoltato la testimonianza del monaco giapponese Shodo Habukawa, che raccontava dell’amicizia con don Giussani e con altri italiani del movimento di Comunione e Liberazione. Ho lasciato perdere la mostra su Cristo deposto e gli Angeli, di Giovanni Bellini, ospitata nel museo della città. In compenso, alcuni incontri mi hanno condotto a capire e sperimentare il titolo del Meeting: “La natura dell’uomo è il suo rapporto con l’Infinito’. Due esempi: Javier Prades Lopez, Rettore dell’Università San Damaso di Madrid, con un italiano perfetto e un procedimento arduo e preciso come la scalata delle vette del Tour, ha condotto i suoi quindicimila e più ascoltatori a riconoscere la riduzione del desiderio prodotta dalla modernità, l’esperienza di novità dell’incontro con Cristo, l’equivoco della scienza che pretende di conoscere e misurare l’uomo senza coglierne l’inafferrabile mistero. Il secondo esempio viene dall’incontro con Paolo Nespoli, l’astronauta che ha trascorso sei mesi su una piattaforma intorno alla terra: l’intensità della sua esperienza, le immagini e le foto della sua avventura, il linguaggio scorrevole e lieto hanno vinto la fatica di doverlo ascoltare in piedi, fuori del grande salone ormai strapieno.
E allora, cos’è questo Meeting e che cosa se ne ricava, anche solo dai frammenti incontrati? Un’apertura di mente e di cuore, una prospettiva più audace del vivere, un lieto richiamo alla speranza. Non solo per i discorsi, le immagini, le mostre, ma per il fluire continuo dei giovani, adulti, bambini piccoli in braccio a papà e mamme, opere di vita. L’infinito non è un vuoto né un sogno, ma una presenza cercata e amata da un intero popolo.

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