Da chi ci faremo educare?
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Non entro in merito né nella discussione sull’aborto (sul sito trovate molto materiale di riflessione) né sulla sostanza della questione posta alla Corte Costituzionale.
C’è però una domanda che sorge spontanea: «Che cosa significa che una ragazza di 16 anni possa rimanere incinta e poi decida di abortire, e senta come estranei ad ogni sua decisione la madre, il padre e i familiari in genere?»
Sembra che si sia perso ogni legame con dei valori comuni e condivisi, come se la vita segnasse una terribile estraneità e solitudine e non si fosse più capaci di riconoscere, nella famiglia, una compagnia e un prezioso punto di riferimento.
Allora si chiede allo Stato di intervenire, di decidere, di legiferare. E così si perde un’altra occasione per costruire uno spazio umano di rapporti. Certo, poi si inseriranno in questo spazio le sciocchezze di chi parla della vita del concepito come di un «parassita» o di chi ritiene che la libertà della donna possa prescindere dal rispetto della vita di un embrione, cioè di un bambino. Fino a non saper più riconoscere che il concepimento è frutto di due volontà, ed è un atto di amore che ci auguriamo sia ancora, pensato, voluto, costruito con affetto e pazienza, non improvvisato in una istintività da «dieci secondi».
Perché non ripartire allora da quanto Benedetto XVI scriveva ai cristiani di Roma il 21 gennaio 2008 proprio sul tema gravissimo della educazione? Ascoltate:
«Educare però non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile. Lo sanno bene i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti e tutti coloro che hanno dirette responsabilità educative. Si parla perciò di una grande “emergenza educativa”, confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita. Viene spontaneo, allora, incolpare le nuove generazioni, come se i bambini che nascono oggi fossero diversi da quelli che nascevano nel passato. Si parla inoltre di una “frattura fra le generazioni”, che certamente esiste e pesa, ma che è l’effetto, piuttosto che la causa, della mancata trasmissione di certezze e di valori. |
Educare, diceva Don Bosco, è opera del cuore. E – aggiungiamo – è l’opera più bella e affascinante della vita. Non lasciamoci rapinare dalla mentalità di questo mondo, e neanche dallo Stato, il compito che ci rende costruttori di società ed artefici di speranza.