Arte o artificio?
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Se l’arte è specchio, o meglio, profezia dei tempi, l’arte di oggi cosa ci mostra? Verso dove l’artista e l’uomo stanno andando?
Recenti mostre ci stanno tragicamente rivelando quale riduzione la nostra cultura sta operando dell’essere umano e dell’arte stessa: l’uomo è ridotto a involucro di carne, cavia da laboratorio, ammasso informe di cellule da conservare in formalina e l’arte è diventata spazzatura, più è spazzatura, più è provocazione vuota e dissacrante e più ha il plauso degli intellettuali, delle menti “fini” e pensanti della nostra epoca… ma l’uomo della strada, l’uomo uomo, cosa pensa?
L’uomo uomo, quello che è accanto a noi in tram e nei treni pendolari come immagina se stesso, come immagina l’essere umano e cosa chiede all’arte?
Potrà forse essere superata l’idea di un’arte didattica, di un’arte che voglia comunicare qualcosa, qualcosa di positivo e costruttivo… ma l’arte contemporanea deve solo essere dissacratoria?
Queste domande, a cui non vogliamo dare risposta facile e preconfezionata ci sono nate da alcune pubblicità di rassegne comparse in internet (Immagine 1/2), rassegne che mostrano un essere umano degradato, fantoccio e cavia da esperimento.
Ma l’arte, la grande arte che dai greci è giunta a noi tramite l’avvenimento cristiano è ben altro, la cultura europea nata dalla armonica anche se non sempre facile fusione delle sue tre anime, ebraica, greca, cristiana, ci ha consegnato un’idea di uomo e un’idea di Bello molto diversi da questi ultimi esempi.
A partire dalla rivoluzione di Giotto (Immagine 3/4) la corporeità entra prepotentemente nelle raffigurazioni religiose: non un dio asettico, lontano, immateriale, non corpi evanescenti, cadaverici nella loro magra spiritualità, ma corpi reali, Dio stesso diventando corpo ha dato dignità al corpo umano, così bene raffigurato nella nudità di tanti Adamo ed Eva.
Ma da Giotto, quasi senza soluzione di continuità arriviamo a Michelangelo Buonarroti (Immagine 5/6), nella cui scultura e pittura si sono fuse con maestria la grandezza tragica dell’eroe greco e la grande tradizione della corporeità cristiana. I corpi di Michelangelo sono forti, possenti, reali e carnali eppure emanano dolcezza e positività, sono un inno alla vita e non un mesto e triste De profundis.
Vogliamo concludere queste poche osservazioni con questa citazione, invitando i nostri lettori ad esprimere il loro parere in merito.
«La nostra arte è la nostra dignità! Ha esclamato».
Ti ricordi che una volta, nella pieve, il curato proprio di questo aveva parlato in un’omelia. Commentava il dipinto dell’Assunzione di Maria e diceva di averlo sempre trovato bello, nella sua semplicità e nella luminosità dei colori. E aveva affermato - ben pochi, credo, avevano compreso che cosa intendesse dire - che solo persone dignitosissime possono dipingere cose belle. «Perché - aveva concluso - uno che non tende la sua vita di tutti i giorni verso la Verità, conosciuta o anche solo cercata, nella sua arte proporrà sempre e solo la propria finitezza. Riuscendo magari a produrre opere grandiose, assai ammirate e originali. Mai, comunque, belle, cioè opere attraverso le quali la Verità risplende. Mai. Se non per un miracolo» [Giovanni Donna D’Oldenico, Polvere, p. 273].