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"Mammallatte"

Fonte:
CulturaCattolica.it

Mi sono svegliata stamane pensando ad un episodio di molti ani fa, e il suo ricordo non mi vuole lasciare.
Era estate, eravamo in campeggio con i nostri tre figli, il primo campeggio della nostra famiglia e la mattina presto, molto presto, quando ancora l’umidità ricopriva la tenda, il sole aveva iniziato da poco a filtrare tra gli alberi di leccio, e noi avevamo ancora estremo bisogno di dormire, il più piccino dei nostri bambini che aveva poco più di due anni, sgusciava dal sacco a pelo, apriva la cerniera della tenda quel tanto che gli bastava per uscire a carponi, s’issava sulla sedia di plastica e stando in ginocchio, posava le sue paffute braccia conserte sul tavolo iniziando a dire senza sosta: “mammallatte, mammallatte, mammallatte” era impossibile ignorarlo, ficcare la testa sotto il cuscino, bisognava alzarsi e placare quel suo bisogno primario.

Mi è tornato in testa quel ritornello, pensando ad Eluana, alla sua impossibilità di dire: “mammallatte” o “mamma acqua”, e al nostro mettere la testa sotto il cuscino per fingere che si stia compiendo un gesto pietoso e non un orribile e devastante gesto mortifero.
Non posso non pensare a sua madre, ho letto ieri che è molto malata, non ha retto il dolore per quanto capitato a questa figlia alla quale aveva dedicato la vita, mi si spezza il cuore al pensiero di quella donna che oltre al dolore per quanto è capitato alla figlia deve lottare e combattere per vivere, una vita che forse per lei non ha più senso, nessuno deve e può giudicare il dolore e la solitudine di questa famiglia, lo sguardo vuoto di papà Beppino, che ripete come un mantra che nulla lo può più ferire, forse se avessero incontrato altri, se avessero percorso la strada del dolore con un’altra compagnia, Eluana dalla pelle di pesca, continuerebbe ad aprire gli occhi al giorno, a chiuderli di notte, a tossire e ad essere accudita, ma soprattutto loro potrebbero vivere con la consapevolezza che il loro immenso dolore può essere d’aiuto ad altri, può rendere la vita d’altri genitori, d’altri figli, meno sola, meno dura.

Perdonaci Eluana, se puoi perdonaci, perché la tua agonia ci fa tutti più cinici, il tuo lento morire cambia lo sguardo con cui guardare ai nostri figli.

Nessuno sa fino in fondo, nemmeno i luminari della scienza, se tu nel tuo profondo non stia implorando “mammallatte” e non hai che un colpo di tosse che tutti ignorano, per cercare di far uscire dalla prigione del tuo corpo quel grido, nessuno lo sa, ma nel dubbio, lasciarti morire è un'atrocità che ci rende tutti meno uomini.

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