I ragazzi sono senza di noi
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Siamo tutti d’accordo, non si fuma in classe. Ma non è questo il punto. Ascolto la notizia: professore filmato col telefonino mentre fuma in classe e passato poi su youtube, professore sospeso e ragazzi che manifestano in suo sostegno, politici e genitori chiedono rimedi efficaci e tempestivi all’ennesimo scandalo, si indice un’assemblea per discutere. Ognuno dice la sua, quando la notizia arriva ai tg di prima serata c’è un gran chiasso, ognuno dice la sua e vedo che il punto è rimasto fuori. Che tutti vanno in una direzione, ma che il centro del problema rimane dalla parte opposta. Quei ragazzi non volevano denunciare un adulto per ciò che stava commettendo, non volevano difendersi da una manifesta incongruenza che potesse liberarli dall’ipocrisia. Tant’è che poi difendono il loro prof, lo sostengono, lo rivogliono. Possiamo liquidare il tutto come uno scherzo sfuggito di mano nella noia. Possiamo, meglio, chiederci perché. Questi ragazzi, forzatamente uguali a tutti gli adolescenti delle scuole italiane, cosa cercano? Perché loro stanno cercando, senza più nemmeno disperazione, cercano senza saperlo, cercano nella situazione peggiore, cercano vagando, ormai nel miraggio della sete, senza sapere di avere sete. Così fanno gesti istintivi, come animali, sconsiderati, che a volte, senza calcolo, li portano là dove volevano: parlare con gli adulti, avere qualcuno a cui rivolgersi, qualcuno da rivendicare. Non sanno più chiedere un’assemblea per discutere, devono arrivarci così, goffi, sciocchi. Lo so, li vedo tutti i giorni, sono scoordinati, faticano a definirsi, a dire frasi intere, ci vuole un lavoro certosino, paziente, per metterli nella condizione di aprire un varco, toccarli. Si aggrappano inconsapevoli e soli a quei telefonini, come unico strumento di legame, con gli amici, con la società. I ragazzi sono senza di noi, adulti, è la nostra colpa, la nostra debolezza. La nostra presenza non si recupera, o costruisce, con sentenze mediatiche e semplicistiche definizioni di danni. Non possiamo cavarcela nemmeno con una chiacchierata, una lezione o un’assemblea, perché i ragazzi non sanno più parlare. Ne sentono un’esigenza profonda, inquieta, ma non lo sanno più fare. Li abbiamo lasciati soli, in silenzio, accondiscendendo e passando sopra, e ora si trovano assottigliati, senza un linguaggio che li sappia raccontare, senza significati da interrogare, e così parlano con stupidi video di pessima qualità. Con video cattivi, violenti, pieni di falso sesso e falsi eroi. Oppure con semplici bischerate, come il professore di Firenze ha definito il gesto dei suoi ragazzi, per difenderli. Pensano che guardarsi l’un con l’altro li renda partecipi, li sancisca esistenti. Noi dobbiamo invece partire dall’alfabeto, avere pazienza, dalle sillabe e dalle declinazioni dei verbi. Dobbiamo tenere accesa la paura di quello che sono diventati, lo sconforto nel vederli voltati, dobbiamo chiederci perché.