Il baco del Millennio
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Il 30 marzo 2006 c’è stata la trasmissione su Rai 1 «Il baco del Millennio».
Questo l’argomento:
Scienza e religioni
Le religioni, in campo scientifico, impongono comportamenti e scelte e determinano anche il corso degli eventi della storia. Oggi il rapporto tra scienza e religione sembra condizionare in maniera fortissima il dibattito e le decisioni politiche che ruotano attorno al diritto, che regola i meccanismi sociali entrando anche nelle decisioni private di ciascun cittadino. Proveremo a discutere di questo delicatissimo tema ponendo dubbi e domande sull’eterno conflitto tra laicismo e religiosità, tra fedi e società, tra pensiero e azioni concrete e quotidiane che riguardano il corpo, e la vita, di ognuno di noi. Chiederemo agli ascoltatori se sia giusto e in quale misura la religione possa determinare le regole della società.
Dato l’interesse dell’argomento ho scritto loro una lettera, che è stata citata, insieme a quella del nostro collaboratore per le questioni scientifiche Lorenzo Mazzoni.
Ritengo utile farvela conoscere, insieme a quello che un altro amico ha ugualmente scritto.
Gentili signori responsabili della trasmissione RAI «Il baco del Millennio»,
scusate il ritardo con cui vi scrivo, ma solo ora riesco a trovare un PC da cui scrivere ed inviare.
1. Questa mattina ho ascoltato con interesse parte della vostra trasmissione, e ho appreso che anche domani affronterete il problema della scienza in particolare nel suo rapporto con la fede. Ho anche avuto modo di ascoltare alcune affermazioni del professor Bellone, che non riesco condividere. Di lui ho letto il fascicolo sulla vita e sulla figura di Galileo Galilei, edita da «Le scienze»: bello, interessante, aggiornato... ma con un piccolo difetto, mi pare (e scusate la franchezza). Mi sono sempre chiesto perché quando il professor Bellone parla di scienza, nel caso di Galileo, sia - giustamente - preoccupato di rifarsi agli studi più aggiornati, mentre quando affronta l’argomento della rapporto di Galileo con la Chiesa cattolica egli rimanga sempre molto datato, ancorato a vecchie e superate tesi storiografiche, senza, mi pare, tenere conto degli ultimi studi pubblicati, in Italia e all’estero.
Credo che un superamento di schemi e steccati sia di vantaggio per tutti, credenti e non credenti, per vincere la sfida del terzo millennio. Così ci ha insegnato Giovanni Paolo II, chiedendo di rivedere criticamente la questione di Galileo. E molti contributi sono già stati pubblicati e di dominio pubblico. Inoltre ritengo che il suo insegnamento, sia da professore che da Pontefice, sia estremamente importante per riconsiderare in maniera moderna la questione che stiamo dibattendo.
2. Ho poi letto, in questi giorni, un testo interessante dal titolo «La Cacciata di Cristo» di Rosa Alberoni. A proposito di scienza e fede così si esprime:
[...] Una nuova divinità si è presentata sul palcoscenico della storia dell’era della globalizzazione: si chiama scientismo.
Lo scientismo è una estensione atea del presupposto base della scienza moderna. Il presupposto è questo: compito dello scienziato è quello di spiegare i fenomeni naturali. Se qualcosa è misterioso, lo scienziato raccoglie informazioni, avanza una teoria, da questa ricava delle ipotesi e, se l’esperimento le conferma, la teoria viene considerata vera. Se invece l’esperimento non rea lizza quanto previsto, la teoria deve essere rivista, corretta o abbandonata. Un fenomeno inspiegato, per lo scienziato è perciò - per definizione, per presupposto - qualcosa che potrebbe essere spiegato nel futuro. Se lo scienziato non credesse di poter trovare una spiegazione al misterioso, all’ignoto, all’attualmente incomprensibile, non comincerebbe nemmeno la ricerca.
Non esiste perciò, all’interno dell’orizzonte epistemologico della scienza, l’inspiegabile, ma solo quello che non è stato ancora spiegato e che potrebbe essere spiegato domani. Anche il miracolo, di fronte alla pura scienza, è perciò soltanto ciò che non si riesce a spiegare oggi.
[...] Chi crede in Dio o nel sovrannaturale pensa che Colui che ha creato l’universo può distruggerlo, migliorarlo, modificarne le leggi: può intervenire nell’ordine della natura come e quando vuole. Per l’ateo invece, siccome non c’è Dio, e neppure il sovrannaturale dei pagani, esiste solo la natura conosciuta e conoscibile attraverso la scienza. Egli non può dubitare di questo, vi crede totalmente, essa è perciò la sua fede. Lo scientismo è la sua fede.
Per lo scientista l’unico essere è la natura, e l’unico sapere possibile, l’unica conoscenza possibile è quella della scienza. È talmente certo del suo sapere che, di fronte ad un evento inspiegabile ma incontestabile - ad esempio che appaia un angelo con tanto di ali, prenda la cattedrale di San Pietro e la porti sul Monte Bianco - afferma che si tratta solo di qualcosa che la scienza non sa spiegare oggi, ma potrebbe farlo domani. In realtà, ritiene in cuor suo che certamente ci riuscirà, perciò ridicolizza, ritenendolo un demente, chi crede nell’intervento divino.
Ma lo scientista che non crede nel religioso, e resta all’interno del paradigma scientifico, compie poi un atto arbitrario che lo porta al di fuori dello stesso paradigma. Dà giudizi di valore, emette norme, comandamenti, tutte cose che sono estranee al paradigma scientifico in cui ha deciso di confinarsi. La scienza ha un proprio sistema concettuale in cui sono assenti i valori. Può scandagliare in tutti i possibili modi un’opera d’arte, con la spettroscopia, con il carbonio radioattivo, con quello che vuole, ma non può dire se è bella o brutta. Bello e brutto non appartengono al suo sistema di categorie. E lo stesso vale per la storia, la scienza politica, la sociologia, esse possono analizzare tutte le forme di organizzazione umana, ma non possono affermare: «Questa è migliore dell’altra». Non è di loro pertinenza farlo. Se lo fanno, esse utilizzano altre categorie, di origine religiosa o ideologica, e come studiosi tradiscono il proprio ruolo.
Tuttavia, il grande prestigio ottenuto nei progressi scientifici, l’autorità attribuita agli scienziati porta molta gente a considerarli dei «sapienti», dei «saggi», a cui tributare la più alta considerazione. E i media incoraggiano e rafforzano questa tendenza, perché li consultano non solo sulle scoperte fatte, ma anche su cosa è opportuno, giusto o sbagliato fare. Ed è allora che lo scienziato si trasforma in scientista.
[...] Ma l’azione più devastante dello scientismo ateo deriva dalla sua pretesa di non voler avere alcun limite morale o legale alla propria libertà di sperimentare. Lo scientista chiede per lo scienziato una libertà totale, senza limiti, senza freni etici. E camuffa questa pretesa dicendo alla gente: chi vuole porre dei limiti alla ricerca e alla sperimentazione scientifica è contro il progresso, è contro il diritto di ciascuno ad avere una vita migliore. È un oscurantista, un reazionario. Mentre lui vuole dare all’umanità benefici infiniti: allungare la vita, guarire malattie finora incurabili, eliminare il dolore, donare il benessere fisico e, quindi, la felicità. E poco importa se per curare un uomo si uccide un bambino nel grembo della madre, tanto per lui l’uomo esiste - ed ha dignità e diritti - solo quando lo vede con gli occhi e lo tocca con le mani. Finché è nel grembo di una donna, o prende un suo ovulo fecondato, lo considera un mucchietto di cellule, che può usare a piacimento o distruggere.
Con questa pretesa non si accorge di comportarsi come quegli scienziati che erano felici di poter compiere degli esperimenti direttamente sugli esseri umani, che i nazisti procuravano loro, prelevandoli dai campi di sterminio. Oggi gli scientisti invocano la libertà totale della scienza, proclamando sdegnati che essi non sono dei nazisti, ma uomini saggi, che agiscono per il bene dell’umanità. È in nome dell’umanità che chiedono la libertà totale di manipolare a proprio piacimento il Genoma umano, di sperimentare sugli embrioni, di creare incroci genetici fra l’uomo e gli animali, incuranti, di fatto, delle conseguenze biologiche e sociali che ne deriverebbero. Incuranti dei mostri che possono scatenare.
E quando vengono posti di fronte a queste scene apocalittiche, affermano che non avverrà. E come fanno ad esserne certi? Semplice, non lo dicono ma lo pensano: se dovessero constatare di aver creato dei mostri li distruggerebbero, senza comunicarlo alla gente. Quindi i mostri non ci sarebbero, perciò non avverrà. L’importante è poter provare, vedere se sono capaci di creare la vita. Di prendere il posto di Dio.
[...] Ma c’è un’altra differenza. Gli scienziati nazisti facevano gli esperimenti di nascosto, la gente è venuta a saperlo solo dopo. Mentre gli scientisti predicano sui mass media, accusano i credenti, e anche gli uomini intelligenti non credenti, di voler bloccare il progresso della scienza, e quindi d’impedirgli di creare il Paradiso sulla terra per tutta l’umanità.
Con questa visione paradisiaca del futuro, gli scientisti si sono procurati molti seguaci, che aspettano fiduciosi la Terra promessa. E sono arrivati in loro soccorso alcuni filosofi che, cavalcando lo scientismo, dicono che tocca a loro indicare la via, stabilire cosa è bene e cosa male. Una riedizione della vecchia tesi di Platone secondo cui dovrebbero essere i filosofi a governare, e che Popper ha criticato nel suo celebre saggio Platone totalitario.
3. Inoltre curo da alcuni anni il sito CulturaCattolica.it cercando di dare contributi di dialogo e di serio approfondimento ai tanti visitatori. Con l’aiuto di un amico ho messo in linea il luminoso contributo del cardinale Ratzinger sull’argomento. Una trasmissione seria come la vostra non può certo dimenticarlo.
Grazie della vostra cortese considerazione.
Gabriele Mangiarotti
Ed ecco il testo della lettera di Franco Tornaghi:
Dopo anni di appassionata lettura dei testi di e su Galilei ritengo che sull’intera vicenda vi sia un grande equivoco di fondo, che potrebbe essere sintetizzato con la seguente domanda: nella specifica vicenda della teoria copernicana, Galilei riuscì a produrre la dimostrazione della rotazione terrestre attorno al sole?
Sicuramente, da genio scientifico qual era, smontò le obiezioni fisiche all’accettazione della tesi eliocentrica, ma questo non basta per darla per dimostrata. Quindi alcuni scienziati dell’epoca – tutt’altro che ignoranti come la vulgata vuol far credere - giustamente si posero nell’atteggiamento che è ben espresso nella lettera del 12 aprile 1615 del Cardinal Bellarmino a Paolo Antonio Foscarini (18 anni prima della condanna a Galilei):
“…quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro del mondo e la terra nel terzo cielo, e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole, allora bisognaria andar con molta circospezione in esplicare le Scritture che paiono contrarie e più tosto dire che non l’intendiamo, che dire che sia falso quello che si dimostra”. Mi pare una frase rispettosa della realtà e della scienza, precisa dal punto di vista della chiarezza d’impostazione e utile come chiave di lettura della motivazione della posizione della Chiesa. La considero anche un esempio di utilizzo della ragione secondo la totalità dei suoi fattori, così indispensabile per uno scienziato.
Franco Tornaghi