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Umiltà e verità

Fonte:
CulturaCattolica.it

Anch’io ho ascoltato alla radio la notizia secondo cui l’affermazione che un esperimento di alcuni fisici avrebbe dimostrato l’esistenza di particelle più veloci della luce era priva di fondamento, dato che alcuni strumenti di misura non erano stati tarati esattamente. Mi ha colpito, da un lato, la serietà di chi ha voluto verificare l’esperimento, dall’altro – ma in questo caso negativamente – la sbrigatività con cui i giornalisti prima hanno dato la notizia e poi la smentita.
Segno, tra i tanti, di una scarsa responsabilità nel comunicare, che dimostra come spesso si sia preoccupati più di dire comunque una «ultima parola» che di essere servitori umili della verità.
In riferimento a questo, vale la pena riprendere le parole splendide di Benedetto XVI, il quale, nell’incontro con i parroci di Roma, così ha detto: «Quando invece sono umile ho la libertà anche di essere in contrasto con un’opinione prevalente, con pensieri di altri, perché l’umiltà mi dà la capacità, la libertà della verità». Il Papa ha saputo coniugare verità, umiltà e libertà. Ecco quello di cui c’è più bisogno oggi! Uomini che sappiano amare la verità: quella che sa riconoscere il cammino di tutti, con amore e con fermezza, aprendo la strada su cui altri uomini possano poi continuare a muovere i loro passi.
Non i sentieri interrotti della presunzione, del disprezzo, della saccenza e della vanagloria dei cosiddetti liberi pensatori (o atei e razionalisti) che sanno solo esprimere odio, livore e invidia nei confronti di chi ricorda che la ragione non è misura (grettamente intesa) ma apertura alla realtà e al suo mistero; i sentieri aperti di chi riconosce che si può imparare da tutti coloro che cercano la verità, anche se non coincide, nella sua definizione, con quello che pensiamo noi. Che sanno soffrire e hanno «compassione» per l’uomo, chiunque esso sia. Che godono dei frammenti di bene, di bello e di vero ovunque si trovino. Che non si ergono a giudici impietosi di coloro di cui non condividono le convinzioni.
Certo, per essere così bisogna avere quella virtù così affascinante e rara che si chiama «magnanimità»: grandezza d’animo. Che è rara o, quando c’è, è combattuta da coloro che (per non fare nomi: gli Scalfari, gli Odifreddi, le Hack, i Grendene e i Carcano di turno) pensano di essere giusti perché sanno smascherare gli errori - veri o presunti - degli altri. Che battono i mea culpa sui petti altrui, perché tanto loro, i giusti, di colpe non ne hanno mai…
Amiamo gli scienziati che sanno riconoscere i propri errori, come abbiamo amato Giovanni Paolo II quando ha saputo chiedere perdono per tutto il male che i cristiani hanno compiuto nella storia (e non mi risulta che altri abbiano avuto lo stesso coraggio e la stessa umiltà, anzi, continuano ad asserire di non avere mai sbagliato).
Come sarebbe più umana la vita se avessimo a cuore il bene e il vero. E l’altro, con quella «umiltà [che] mi dà la capacità, la libertà della verità»!

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