Testimoni «digitali», Sakineh e Asia Bibi
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Accade sempre più spesso, in questa nostra società segnata dalla comunicazione, che le notizie ci invadano la mente, il tempo, la fantasia: ma anche che scorrano davanti ai nostri occhi senza più interpellarci, urgendoci ad una responsabile presa di posizione.
Allora sembra che valga e sia degno di attenzione solo ciò che – nel modo di comunicare – abbia la capacità di scuoterci.
Ho appena finito di vedere, in TV, le immagini sbiadite della presunta confessione di Sakineh. Come se il potere che l’ha condannata a morte abbia bisogno di giustificarsi davanti all’opinione pubblica. Quando sappiamo bene che non interessa affatto a quel potere quello che l’occidente pensa. Bisogna ricordare a quel potere quanto ha detto Benedetto XVI al suo Presidente, pochi giorni fa: «In alcuni Paesi queste comunità affrontano situazioni difficili, discriminazione e perfino violenza, e non hanno la libertà di vivere e professare pubblicamente la loro fede».
Ho però anche di fronte a me la notizia, sfuggita ai più, soprattutto affastellata tra le tante, senza che se ne potesse dare un rilievo anche emotivo, quel rilievo che merita, della condanna a morte di Asia Bibi. Condanna, forse sospesa, motivata dalla sua fiera volontà di essere fedele a quella religione il cui fondatore, Gesù Cristo, a differenza di Maometto, ha dato la sua vita per salvarla. Tale volontà di fedeltà è stata ripagata con la condanna a morte, perché il suo paragonare Gesù con Maometto sarebbe stato inteso come una bestemmia.
Questo mi ha fatto ripensare alla nostra presenza nel mondo della comunicazione, quella presenza che il Papa vorrebbe sempre più incisiva e capace di comunicare a tutti, e non solo ai credenti, le proprie ragioni.
Siamo una rete, e non solo virtuale: abbiamo amici, rapporti, conoscenze. In occasione della legge 40 abbiamo fatto sentire la nostra voce, più forte di Corriere e Repubblica e di tutti i mezzi di comunicazione del mondo, del potere. Perché non pensare di dare rilievo e consistenza a ciò che ci sta a cuore?
Quasi un anno fa si è tenuto il Convegno «Testimoni digitali». Il Papa ha lanciato un invito pressante a tutti noi, così sintetizzabile: «I media possono diventare fattori di umanizzazione “non solo quando, grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispetti le valenze universali”. Ciò richiede che “essi siano centrati sulla promozione della dignità delle persone e dei popoli, siano espressamente animati dalla carità e siano posti al servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e soprannaturale”. Solamente a tali condizioni il passaggio epocale che stiamo attraversando può rivelarsi ricco e fecondo di nuove opportunità». Vogliamo fare sempre più nostra la consegna, sentirci uniti con tutti coloro che testimoniano quell’amore alla verità che è sempre difesa della vita, della libertà, della dignità di ogni uomo. Vogliamo soprattutto difendere il diritto di ognuno – siamo grati e vicini ad Asia Bibi – di esprimersi e difendere ciò in cui crede.
Oggi l’emergenza più grave è certo quella educativa, ma per l’educazione di un popolo che sappia camminare a testa alta e difendere i propri diritti e quelli di ogni uomo. Nei tempi gloriosi di Solidarnosč il motto che più ci ha affascinato è stato: «Per la nostra e la vostra libertà». Anche ora!