Lettera aperta a Giancarlo Venturini, per i risultati delle elezioni a San Marino
A San Marino ha vinto la DC (il suo nome è PDCS). Questo può essere il segnale rivolto al mondo per la ripresa coraggiosa della identità cristiana. E questa è la questione: ritrovare gli elementi di quella che La Pira chiamava l'Architettura dello stato democratico, capace di un chiaro giudizio sulle forze presenti in campo e capace di scelta degli alleati con cui collaborare.- Autore:
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Caro Giancarlo,
innanzitutto i miei complimenti per il tuo successo e per il Partito. Di questi tempi è una grande soddisfazione. Ho letto il tuo comunicato e l’impegno per una politica che garantisca una qualità della vita per tutti i sammarinesi.
Leggendo i vari commenti della stampa, nazionale e internazionale, colpisce lo stupore per il fatto che proprio un partito come la DC (così dicono tutti del PDCS) tenga ancora, anzi abbia successo addirittura migliorando i propri risultati.
Queste impressioni degli «estranei» mostrano quello che già al Referendum per l’introduzione dell’aborto si era notato, che cioè tutti gli occhi erano puntati sulla nostra realtà. Per noi che abbiamo vissuto intensamente quei momenti è stata la conferma che il nostro paese sia una «anomalia» – come lo era tempo fa l’Italia della DC – che ha ancora qualcosa di significativo e di importante da dire.
E quando ce lo ha ricordato, tempo fa, il Primo Ministro di Malta George W. Vella, oratore ufficiale, [vedi in nota], sottolineando come proprio i piccoli stati sono una risorsa per tutti, ne abbiamo preso atto con soddisfazione. La tua vittoria ricorda che San Marino non è il fanalino di coda dell’Europa e del mondo, bisognoso di ottenere l’approvazione dei potenti della terra, ma ha un volto, che diventa responsabilità, che è giusto riconoscere e difendere.
Allora il compito che si apre è vasto e, penso proprio, entusiasmante. Ho ascoltato queste parole di Papa Francesco, che ritengo valide anche per il nostro oggi: «fedeltà alla tradizione – diceva Mahler – “significa tenere vivo il fuoco e non adorare le ceneri”» e penso che questo tenere vivo il fuoco sia il compito che compete a te e al partito che guidi e rappresenti.
E questo in un momento segnato dall’urgenza di tenere desti i principi e i valori che costituiscono la nostra storia millenaria. La ferita della approvazione della legge sull’aborto, che qualche partito nella competizione ha reclamato come conquista di civiltà (salvo poi, come alcuni hanno detto: «Abbiamo avuto casi di successo come quello delle unioni civili, abbiamo avuto dei casi di difficoltà come quello dell’interruzione volontaria della gravidanza perché laddove si tocca l’aspetto della vita e della morte è diverso rispetto alle unioni civili…») tale ferita va risanata anche tra coloro che per definizione sono difensori della vita. E qui, per tenere conto della grande testimonianza di Madre Teresa di Calcutta, sappiamo che tale difesa è il baluardo per salvaguardare la pace e sconfiggere la guerra: «Tante persone sono molto preoccupate per i bambini che muoiono di fame, ma milioni muoiono deliberatamente per volere della madre. E questo è ciò che è il grande distruttore della pace oggi. Perché se una madre può uccidere il proprio bambino, cosa mi impedisce di uccidere te e a te di uccidere me? Nulla».
Mi ha colpito quello che hai detto nel Comunicato dopo le elezioni: «Invitiamo tutte le forze politiche a collaborare per trovare punti di continuità e accordo nell’interesse comune. Mettiamo da parte gli scontri e lavoriamo insieme per costruire un futuro prospero e sostenibile per la nostra amata Repubblica». Hai partecipato all’incontro con il Coordinamento delle Aggregazioni laicali in cui sono stati proposti i punti di un impegno politico per il bene comune possibile anche tra noi e mi ha colpito il fatto che come voi anche un’altra formazione politica, Repubblica Futura, abbia risposto all’invito e si sia detta pronta a collaborare per garantire l’attuazione di questi principi.
E mentre c’è chi sembra avere come orizzonte la morte (Giovanni Paolo II parlava di «cultura della morte») si sono trovate persone impegnate in politica, pur in diversi schieramenti, che hanno riconosciuto il valore di questi principi.
Ci hai fatto capire che la collaborazione non è un optional bensì la condizione di un fecondo lavoro di costruzione e ricostruzione.
Credo che su questo versante potrai trovare molti alleati, e che sarai capace di essere un appassionato costruttore di quei «ponti» che tutti invochiamo e che sono così necessari tra persone che hanno un identico desiderio di bene e la volontà di costruire. Senza nascondersi le reali difficoltà, le incomprensioni, gli errori che nel cammino comune si sono commessi. È grande il tuo invito alla collaborazione, e potrà portare al rinnovamento della nostra vita comune. Tenendo presente che non può essere compromesso o cedimento di fronte a ciò che è essenziale per vivere una vita libera e civile.
Come sarebbe bello potere lavorare e dare carne a ciò che hai riconosciuto come possibilità di cammino comune, in particolare nel campo della sussidiarietà. Quel campo che la dottrina del PDCS ha nel suo DNA in quanto Democrazia CRISTIANA, e che è l’apporto più significativo perché l’«Antica terra della libertà» sia quel faro di libertà e nuova socialità che tutti desideriamo.
Senza illusioni né velleitarismi, sappiamo che il tesoro di cui siamo portatori ha anche purtroppo nemici scaltri e agguerriti. Ma non sei solo. Il risultato così bello dice che esiste un popolo che desidera una «nuova base di partenza per rendere San Marino un luogo migliore per tutti».
In questo lavoro e impegno sono certo che non sarai solo. Ed è questo l’augurio che ti faccio.
Nota
Stralcio del discorso di George W. Vella per l'insediamento dei Capitani reggenti, il 1 aprile 2017:
«Eccellenze,
durante la mia attività politica a Malta e in qualità di osservatore appassionato degli affari internazionali, non ho mai smesso di credere che i piccoli Stati svolgano un ruolo importante sulla scena internazionale. Non tanto nello stabilire le difficili condizioni in materia di sicurezza, ma sicuramente nel contribuire ad un’agenda mirata, autentica e basata sui valori.
Come Ministro degli Affari Esteri ho imparato ad apprezzare appieno questa caratteristica. In larga misura, il successo della politica estera di Malta nel corso dei decenni è stato determinato dal principio secondo cui le dimensioni territoriali non possono limitarne in alcun modo la visione e l’efficacia. Questo si applica pienamente a un contesto che conosciamo molto bene, quello dell’Unione Europea. Non solo si riconoscono agli Stati più piccoli la voce e lo spazio di cui necessitano e che meritano, ma questi paesi influenzano effettivamente i processi decisionali e sono, nel contesto attuale, una forza trainante per il rilancio del progetto europeo.»
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