L’antidoto alla pedofilia
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Mi è stato chiesto un commento, da parte di RadioFormigoni, ai gravi fatti di pedofilia e abusi sessuali perpetrati da alcuni sacerdoti in Irlanda, Germania, Austria e altrove.
Se volete ascoltarlo, ecco il link.
Di fronte a questo problema ho letto vari commenti sia sui giornali sia sui siti Internet, tanto amici che avversari del cristianesimo: la maggior parte di loro sembra affermare che la causa di tali deviazioni vada trovata nel celibato imposto ai preti dalla Chiesa cattolica. Personalmente credo che la questione riguardi principalmente l’educazione vissuta nei seminari e la concezione di fede ivi che è stata comunicata. In particolare nella non consapevolezza che la fede è capace di generare una antropologia adeguata. Si tratta della proposta di un cristianesimo impaurito della vita: ma tale cristianesimo non ha armi, non solo contro gli abusi sessuali, ma neppure per sostenere una presenza di Chiesa convincente, entusiasmante, creatrice di forti personalità.
Vorrei approfondire la questione, appena accennata nell’intervista a RadioFormigoni, che mi pare sia troppe volte sottovalutata.
Ritengo che siamo in presenza di una vera crisi nella Chiesa cattolica, e mi spiego: seguo, per l’educazione familiare ricevuta e per l’incontro con il movimento di Comunione e Liberazione, con amore appassionato l’insegnamento del Papa (e mi riferisco sia a Giovanni Paolo II che a Benedetto XVI, come anche a Paolo VI) e ho sempre ritenuto che quanto i papi propongono alla Chiesa sia profondamente umano e ragionevole. Ho quindi imparato ad essere fiero della Chiesa Cattolica, senza vivere con quel complesso di inferiorità, che costringe poi tanti credenti alle posizioni “politically correct” che spesso si ritrovano in ambienti cattolici.
Sono stato educato ad un rifiuto netto del clericalismo (e sono diventato prete affascinato da quanto Don Giussani diceva, che per essere preti autentici bisogna essere uomini veri), quel clericalismo che si nutre di formalismo e per il quale la vita cristiana non è la più bella delle avventure..., ma ho imparato anche a prendere le distanze da quel laicismo bigotto che imperversa ai nostri giorni, quel laicismo che vive di schemi e contrapposizioni, ma che non sa incontrare mai la vita e la diversità, la storia e le varie esperienze, con una presuntuosa saccenteria che allontana dal rischio e dall’amore alla novità.
Credo quindi che la soluzione ai problemi del clero sia da cercare in una rinnovata esperienza di Chiesa, e in un amore non formale al magistero del Papa: «Cristo non toglie nulla, dona tutto!», il cristianesimo non consiste in regole e dottrine, ma è l’incontro con la persona di Gesù che dà autentiche ragioni per vivere.
Ci saranno certamente meno crisi dei preti quando ci sarà più esperienza di fede e quando la fede, che mette in movimento la vita, sarà pensata e vissuta come luogo di bellezza umana. Aspetto questo tempo consegnando la vita e il lavoro che svolgo.
Ricordo quanto diceva Olivier Clément a proposito della crisi di fede del secolo scorso: il mondo aveva incontrato un cristianesimo impaurito della vita, privo di qualsiasi dinamismo di trasfigurazione. Mentre Don Giussani ricordava, in una delle sue affermazioni più intense e commoventi: «Se la nostra vita è normale, con quello che abbiamo avuto, è difficile che possiamo trovare nella giornata dei particolari peccati, ma il peccato è la meschinità della distrazione e della dimenticanza; il peccato della meschinità di non tradurre in novità, non far splendere di aurora nuova quello che facciamo: lo lasciamo opaco, così come viene; senza colpir nessuno, ma senza donarlo allo splendore dell’Essere».
Solo il cristianesimo testimoniato così da questi maestri avrà armi adeguate per vincere ogni tipo di abuso e sarà capace di convincere gli uomini – e i giovani in particolare – di ogni tempo.