Difendere l’anima!
- Autore:
- Fonte:
Il giudizio che riportiamo di Giulio Meotti ci pare sia il contesto adeguato in cui leggere quelle sue parole.
P.S.: La Diocesi ha diffuso questo manifesto alla Veglia Pasquale 2021

Non ho la presunzione di sapere tutto, e cerco di imparare da coloro che riflettono sulla realtà, così da tentare di giudicare quanto accade, evitando stereotipi e chiusure preconcette.
Mi aiuta spesso il confronto e la lettura delle osservazioni di Giulio Meotti, un giornalista de Il Foglio che cerca di illustrare la realtà nei suoi risvolti spesso più drammatici, e censurati dall’illusione di un pensiero gaio e nichilista.
Leggendo l’ultimo suo libro, La dolce conquista. L’Europa si arrende all’Islam, mi è parso di riconoscere alcune linee di pensiero che hanno attualità e valenza anche nella nostra realtà repubblicana.
1. «L’islam vince sempre, perché viene a conquistare ciò che nessuno protegge, ciò che nessuno difende, nemmeno i diretti interessati: l’anima delle persone, in primo luogo quelle che non sanno di averne una e quelle che credono che essa appartenga solo a Dio. Gli altri seguiranno, per codardia, opportunismo, wokismo».
2. «In Francia, salutiamo coloro che appiccano i roghi e perseguitiamo coloro che suonano la campana martello» diceva Nicolas de Chamfort, giornalista moralista francese del XVIII secolo.
3. Impariamo la lezione. «La storia degli ultimi tre secoli dell’Impero Romano d’Occidente ci insegna che… la prosperità attira come una calamita i barbari, desiderosi di goderne senza condividerne anche la disciplina… La storiografia ha giustamente messo in discussione l’idea romantica che le invasioni germaniche siano state compiute da barbari ignoranti.
Ha dimostrato che gli invasori, al contrario, erano ansiosi di condividerne i frutti. Non volevano mettere in discussione la civiltà greco-romana, volevano approfittarne. Ciò non impedì loro di distruggerla, perché non capirono che essa era fiorita grazie a vita civile, stato di diritto, unità politica e cultura letteraria. Lo stesso vale per i migranti che oggi corrono nell’Eldorado europeo. Non odiano l’Occidente, fuggono dalla miseria e sperano di prendersi la propria parte di prosperità, che agisce come uno specchio su di loro, a partire dal nostro welfare. Ma questa prosperità non si basa sulle risorse naturali, ma è il frutto del lavoro degli uomini, del loro spirito d’iniziativa, del loro ingegno, del loro zelo. Si fonda su un modello sociale basato sulla famiglia monogama e ideali come la dignità della persona, la responsabilità individuale, la pietà filiale al centro del pensiero cristiano e su un patrimonio intellettuale, ovvero l’eredità greco-romana favorevole al lavoro, allo spirito d’impresa, alla giustizia, all’ordine e alla trasmissione. Pensare che i nuovi arrivati ne beneficeranno è un’utopia mortale. Sarebbe possibile solo se vivessimo in una terra di abbondanza, dove tutto ciò che dovremmo fare è scegliere».
Basta pensare a molte delle notizie che quotidianamente ci raggiungono: 12 vite umane cancellate dalla nostra storia, 12 bimbi o bimbe che non saranno presenti tra noi, e questa è la tragedia dell’aborto, comunque praticato; la menzogna sui diritti negati ai bimbi frutto di compra-vendita (l’utero in affitto), presenti in relazioni omogenitoriali spacciate per «famiglie», mentre è proprio il diritto ad avere un papà e una mamma che viene annullato; la continua sottolineatura della società laica come società che non deve dare diritti all’espressione pubblica della fede cristiana, nella assoluta indifferenza di fronte a quella scuola in Italia che concede le aule scolastiche per il Ramadan di due (due di numero) studentesse islamiche… e si potrebbe continuare all’infinito, purtroppo, nel raccontare di una popolazione resa insensibile dai mass-media di fronte allo scempio della propria storia e cultura, per cui tutto ciò che è trasgressivo trova spazio e consenso, mentre non si dà voce al pensiero libero di chi cerca di salvaguardare quella storia di cui siamo fieri e che ha dato frutti di autentica civiltà. Ricordate l’altr’anno quei manifesti sconci che rappresentavano relazioni omosessuali con esplicito intento pornografico?
Per non parlare della educazione sessuale di Stato, che si impone per legge, e che sembra, al di là di generici riconoscimenti della consultazione delle famiglie, diventare campo di indottrinamento e di quella «colonizzazione ideologica» di cui tanto spesso ha parlato Papa Francesco.
Certo, a volte si ha l’impressione che «salutiamo coloro che appiccano i roghi e perseguitiamo coloro che suonano la campana martello», perché le conseguenze del parlare libero sono spesso spiacevoli e penalizzanti per chi ha l’ardire di amare la verità e proclamarla con coraggio. Vale forse quello che diceva il poeta Milosz: «Si è riusciti a far capire all’uomo che se vive è solo per grazia dei potenti. Pensi dunque a bere il caffè e a dare la caccia alle farfalle. Chi ama la res publica avrà la mano mozzata».
Riprendo quello che ricorda Meotti: la nostra «prosperità non si basa sulle risorse naturali, ma è il frutto del lavoro degli uomini, del loro spirito d’iniziativa, del loro ingegno, del loro zelo. Si fonda su un modello sociale basato sulla famiglia monogama e ideali come la dignità della persona, la responsabilità individuale, la pietà filiale al centro del pensiero cristiano e su un patrimonio intellettuale, ovvero l’eredità greco-romana favorevole al lavoro, allo spirito d’impresa, alla giustizia, all’ordine e alla trasmissione». E questa è la prosperità umana di San Marino, come dell’Italia e della nostra cultura occidentale. Lo ricordiamo con fierezza, e anche con un po’ di nostalgia, consapevoli che questa nostra ricchezza non può essere sperperata.
Forse è giunto il momento di riconoscere l’origine della nostra identità e di smettere di combatterla seguendo mode e stili di vita che non portano altro che decadenza e illusione di libertà. Nell’inseguimento dei «nuovi diritti» stiamo perdendo l’unico vero diritto, quello di essere noi stessi e di amare la bellezza della vita. Perché lasciamo spazio a chi «viene a conquistare ciò che nessuno protegge, ciò che nessuno difende, nemmeno i diretti interessati: l’anima delle persone».
Dopo avere espresso queste mie considerazioni ho potuto ascoltare (e rileggere) le chiare affermazioni di Mons. Gallagher nell’orazione per l’insediamento dei Capitani Reggenti. Ritengo che siano un «manifesto» della libertà e della ripresa della nostra convivenza civile che deve diventare occasione di un lavoro serio e di un autentico “esame di coscienza”.
Un impegno per ciascuno di noi. Insieme alla riscoperta di quella responsabilità che la nostra storia ci ha consegnato.
Grato a chi rende fruibile per tutti i miei articoli.