A buon intenditor poche parole!
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Ieri su Twitter p. Spadaro aveva preannunciato la sua partecipazione alla trasmissione di Bruno Vespa Porta a porta sui 100 giorni del pontificato di Papa Francesco chiedendo a tutti i suoi followers di indicare alcune domande e alcuni argomenti da trattare. Buona idea, mi sono detto, così gli ho mandato un paio di suggerimenti. Poi ho guardato la trasmissione, ma solo in parte, e non so se tutti i miei suggerimenti abbiano avuto peso (certamente sì quello della sottolineatura della continuità del magistero tra Benedetto e Francesco). Quello che ho capito è che Papa Francesco è un dono alla Chiesa Cattolica, e un punto di speranza per gli uomini, che – mi sembra – nonostante tutti i tentativi non riescono proprio ad inquadrarlo. È sempre oltre ogni schema, e bisogna allora capire che il metodo per comprenderlo deve saper fare i conti colla sua originalità. Che è come dire che il silenzio carico di attesa all’annuncio del suo nome subito dopo la notizia appresa deve diventare regola. Altrimenti si farfuglia, si imbastiscono discorsi, ma la realtà sarà sempre da un’altra parte.
Pensavo a queste cose quando ho letto la trascrizione della sua omelia di questa mattina, 12 giugno 2013, a Santa Marta. Ne riporto una parte, soffermandomi su una considerazione che non si può tanto impunemente tralasciare (come è accaduto quando nell’incontro con i movimenti ha detto che condizione di un autentico dialogo è il «non negoziare la propria appartenenza»).
Il Papa: i cristiani vincano la tentazione di “andare indietro” e il “progressismo adolescente”
“Questa tentazione di andare indietro, perché siamo più ‘sicuri’ indietro: ma la sicurezza piena è nello Spirito Santo che ti porta avanti, che ti dà questa fiducia - come dice Paolo - e questa fiducia lo Spirito, che è più esigente perché Gesù ci dice: ‘In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota della legge’. E’ più esigente! Ma non ci dà quella sicurezza umana. Non possiamo controllare lo Spirito Santo: quello è il problema! Questa è una tentazione”.
E poi, ha detto, c’è un’altra tentazione quella del “progressismo adolescente”, che ci fa “uscire dalla strada”. Vedere una cultura e “non essere tanto staccati” da essa:
“Prendiamo di qua, prendiamo di là i valori di questa cultura… Vogliono fare questa legge? Avanti con questa legge. Vogliono andare avanti con quello? Allarghiamo un po’ la strada. Alla fine, come dico, non è un vero progressismo. E’ un progressismo adolescente: come gli adolescenti che vogliono avere tutto con l’entusiasmo e alla fine? Si scivola… E’ come quando la strada è col gelo e la macchina scivola e va fuori strada… E’ l’altra tentazione in questo momento! Noi, in questo momento della storia della Chiesa, non possiamo né andare indietro né andare fuori strada!”
Che cosa avrà mai voluto dire Papa Francesco con queste parole: «Vogliono fare questa legge? Avanti con questa legge. Vogliono andare avanti con quello? Allarghiamo un po’ la strada.»? Quale sarà «questa legge»? E quale sarà la strada «da allargare»? Si potrà dire di tutto di questo Papa, ma non che è ingenuo né sprovveduto né che non sappia guardare il presente nel quale vive. Allora lasciamo che questa parola ci interroghi. E applichiamo la sua riflessione alla nostra attualità. Del resto è proprio l’attualità reale quello che il Papa considera (pensiamo allo IOR e alla finanza…). In questi tempi in cui in Italia e nel resto del mondo (Francia di Hollande compresa) si propongono «leggi» che assumono acriticamente i «valori» della cultura mondana, in cui si fa parlare al Festival biblico una dichiarata abortista, forse l’insegnamento del Papa dovrebbe farci riflettere.
A buon intenditor poche parole! O dobbiamo pretendere che ci declini anche il suo insegnamento?