Condividi:

Essere vivi

Fonte:
CulturaCattolica.it
Con la forza dello Spirito Santo, scegliete la vita e l’amore, e siate testimoni al mondo della gioia che ne scaturisce

«Che cosa vuole realmente dire essere “vivo”, vivere appieno la vita? E’ questo ciò che tutti vogliamo, specialmente in gioventù, ed è questo che Cristo vuole per noi. Infatti, egli ha detto: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). L’istinto più radicato di ogni essere vivente è di rimanere in vita, di crescere, di svilupparsi e di trasmettere ad altri il dono della vita. Ne segue che è quanto mai naturale interrogarsi come sia meglio realizzare tutto questo.
Per quanti vivevano nell’Antico Testamento questo interrogativo era soltanto pressante quanto per noi oggi. Indubbiamente ascoltavano con attenzione quanto Mosé aveva loro detto: “Ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita” (Dt 30, 19-20). Era chiaro ciò che dovevano fare: dovevano prendere le distanze dagli altri dei e adorare il vero Dio che si era rivelato a Mosé - e dovevano obbedire ai suoi comandamenti. Potreste pensare che sia improbabile che nel mondo di oggi la gente adori altri dei. Ma a volte la gente adora “altri dei” senza rendersene conto. I falsi “dei”, qualunque sia il nome, l’immagine o la forma che loro attribuiamo, sono quasi sempre collegati all’adorazione di tre realtà: i beni materiali, l’amore possessivo, il potere…
I beni materiali, in sé, sono cose buone. Non sopravvivremmo a lungo senza denaro, abiti e un’abitazione. Per vivere abbiamo bisogno di cibo. Ma, se siamo ingordi, se rifiutiamo di condividere quanto abbiamo con l’affamato, allora noi trasformiamo questi beni in una falsa divinità. Quante voci, nella nostra società materialistica, ci dicono che la felicità si trova procurandosi il maggior numero possibile di beni e di oggetti di lusso! Ma questo significa trasformare i beni in false divinità. Invece di portare la vita, portano la morte.
L’amore autentico è certamente qualcosa di buono. Senza di esso, la vita difficilmente sarebbe degna di essere vissuta. L’amore porta a compimento il nostro bisogno più profondo; e quando amiamo, noi diventiamo più pienamente noi stessi, diventiamo più pienamente umani. Ma quanto facilmente l’amore può essere trasformato in una falsa divinità! La gente sovente pensa di amare quando in realtà tende a possedere l’altro o a manipolare l’altro. La gente a volte tratta gli altri come oggetti per soddisfare i propri bisogni piuttosto che come persone da apprezzare e amare. Quanto è facile essere ingannati dalle molte voci che nella nostra società sostengono un approccio permissivo alla sessualità, senza prestare riguardo alla modestia, al rispetto di sé e ai valori morali che conferiscono qualità alle relazioni umane! Questo è adorare una falsa divinità. Invece di portare la vita, porta la morte» [Benedetto XVI, Incontro con i giovani della comunità di recupero dell’università di Notre Dame di Sidney, 18 luglio 2008].

Il potere che Dio ci ha dato di plasmare in meglio il mondo attorno a noi è certamente qualcosa di buono giacché quando stabilì gli uomini nel mondo, affinché si moltiplicassero e assoggettassero la terra (Gn 1,28), quando li “rivestì di forza secondo natura” (Sir 17,3), e tuttavia dispose, poiché il Donatore divino del proprio e altrui essere dono non è e non si fa presente in modo spettacolare perché costringerebbe impedendo fin dall’inizio l’amore, che “cercassero Dio e si sforzassero di trovarlo, come a tastoni” (At 17,27), conferì loro già allora una libertà e una responsabilità originali. Essi dovevano accedere al futuro che si apriva dinnanzi a loro con questo molteplice compito, ed entro questo compito della creazione (che è iscritto nell’essenza stessa di ogni uomo) vi è una speranza che ciò sia realizzabile. Tutto questo concretamente e storicamente si è infranto fin dalle origini non già per effetto della disobbedienza dell’uomo, ma per effetto della volontà dell’uomo stesso dietro istigazione e l’influsso di Satana, nello scontro tra Dio e Satana, tra il regno di Dio e il regno di Satana con la conseguenza di una decadenza personale e sociale, anzi cosmica provocando una volontà idolatrica di potenza, di aggressione, di sopraffazione di ciò che è più nobile da parte di ciò che è volgare, fino a far apparire ambigui e in definitiva “vani” (Rm 8,19) gli sforzi umani. Ma la presenza del Risorto con il dono del Suo Spirito, l’incontro con Lui dà la possibilità, la responsabilità di plasmare in meglio il mondo e l’umanità e quindi quelle piccole speranze che nuotano contro la corrente della vanità utilizzando in modo appropriato e responsabile questo potere che ci permette di trasformare la vita della gente. Tutte le comunità hanno bisogno di guide capaci. Tuttavia resta forte la tentazione di attaccarsi al potere per se stesso, di cercare di dominare sugli altri o di sfruttare l’ambiente naturale per i propri interessi! Questo è trasformare il potere in una falsa divinità facendo apparire ambigui, vani gli sforzi di plasmare in meglio il mondo e l’uomo, le speranze piccole o grandi che senza essere la grande speranza, mantengono in cammino. Trasformare il potere in una falsa divinità invece di portare la vita porta la morte.
Il culto dei beni materiali, il culto dell’amore possessivo e il culto del potere spesso portano la gente a “comportarsi da Dio” che è l’unica grande speranza che abbraccia l’universo e che ci fa apprezzare le piccole o più grandi speranze che ci mantengono in cammino prestando attenzione ai comandamenti che Dio ci ha fatto conoscere. “Comportarsi da Dio” è la via che conduce alla morte mentre l’adorazione dell’unico vero Dio, di quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati e ama ogni singolo e l’umanità fino alla morte ci porta a riconoscere in Lui la sorgente di tutto ciò che è bene, affidare noi stessi a lui, aprirsi alla forza risanatrice della sua grazia e obbedire ai suoi comandamenti: questa è la via per scegliere la vita dandoci la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto.

Un luminoso esempio di che cosa vuol dire allontanarsi dalla via della morte per incamminarsi sulla via della vita: la parabola del figliol prodigo
Quando, all’inizio del racconto, quel giovane lasciò la casa di suo padre, era alla ricerca dei piaceri illusori promessi dai falsi “dei”. Scialacquò la sua eredità in una vita di vizi e alla fine si trovò in uno stato di abietta povertà e di miseria. Quando toccò il fondo, affamato e abbandonato, comprese quanto era stato sciocco lasciare suo padre che lo amava. Con umiltà fece ritorno e chiese perdono. Pieno di gioia il padre lo abbracciò ed esclamò: Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,24).
Benedetto XVI dà il benvenuto anche ai giovani che, nella comunità di recupero, non sono cattolici o cristiani, a coloro che si muovono ai confini della vita della parrocchia e della Chiesa con percorsi analoghi al Figlio prodigo. “Forse avete compiuto scelte delle quali ora vi rammaricate, scelte che vi hanno portato lungo una via che, per quanto potesse al momento apparire attraente, che potesse soddisfarvi totalmente senza bisogno di altre speranze, vi ha soltanto condotto a un ancor più profondo stato di miseria e di abbandono. La scelta di abusare di droghe e di alcool, di entrare in attività criminali o autolesioniste poté allora apparire come una via di uscita da una situazione di difficoltà o di confusione. Voi adesso sapete che, invece di portare la vita, ha portato la morte. Prendo atto volentieri del coraggio dimostrato nello scegliere di ritornare sulla via della vita, proprio come il giovane della parabola. Avete accettato l’aiuto: dagli amici e dai familiari, dal personale del programma “Alive”, da quanti hanno grandemente a cuore il vostro benessere e la vostra felicità. Cari amici, vedo in voi degli ambasciatori di speranza per quanti si trovano in situazioni simili. Voi potete convincerli della necessità di scegliere la via della vita e di rifuggire dalla via della morte, perché parlate in base all’esperienza. In tutti i Vangeli, sono coloro che hanno operato scelte sbagliate ad essere particolarmente amati da Gesù, perché, quando si sono resi conto del loro errore, si sono aperti più degli altri alla sua parola risanatrice. In verità, Gesù fu spesso criticato da sedicenti giusti, perché passava troppo tempo in compagnia di tali persone. “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”, chiedevano. Ed egli rispondeva: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati… non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9,11-13). Erano coloro che desideravano ricostruire la loro vita che si dimostravano i più disponibili a dare ascolto a Gesù (rendendosi conto che ciò che avevano esperimentato non era il tutto) e a diventare suoi discepoli. Voi potete seguire le loro orme; anche voi potete avvicinarvi particolarmente a Gesù proprio perché avete scelto di ritornare a Lui, (al Suo amore, garanzia che esiste ciò che solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo: la vita che è “veramente” vita). Potete essere certi che, proprio il Padre del racconto del Figliol prodigo, Gesù vi accoglie a braccia spalancate. Vi offre il suo amore incondizionato: ed è nella profonda amicizia con Lui che si trova la pienezza della vita”, il suo regno, il paradiso che non è un al di là immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge.

Il cuore dell’insegnamento morale di Gesù
Quando amiamo, noi portiamo a compimento i nostri bisogni più profondi e diventiamo più ampiamente noi stessi, diventiamo più pienamente umani. Amare è ciò per cui siamo programmati, ciò per cui siamo stati progettati dal Creatore. Non si tratta di passeggere, superficiali relazioni, ma del vero amore, del cuore dell’insegnamento di Gesù: “Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” e “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mc 12,30-31). Questo, per così dire, è il programma saldato all’interno di ogni persona prima di ogni sua rivelazione, di ogni sua consapevolezza e di ogni sua scelta, se solo avessimo la saggezza e la generosità di conformarci ad esso, solo se fossimo disposti a rinunciare alle nostre preferenze per metterci al servizio di quello che veramente siamo come dono del Donatore divino e degli altri, per dare la nostra vita per il bene degli altri, e in primo luogo per Gesù, che ci ha amati e ha dato la sua vita per noi. Questo è quanto ogni uomo nel suo intimo vagamente intuisce e tuttavia nell’intimo aspetta: la vita che è “veramente” vita.
Così, nell’incontro con i giovani della comunità di recupero a Sidney, Benedetto XVI ha concluso: “Cari giovani amici, il messaggio che oggi rivolgo a voi è lo stesso che Mosé formulò tanti anni or sono: “Scegli dunque la vita, perché tu e la tua discendenza possa vivere, amando il Signore tuo Dio”. Il suo Spirito vi guidi sulla via della vita, per obbedire ai suoi comandamenti, seguire i suoi insegnamenti, abbandonare le scelte sbagliate che portano solo alla morte, e impegnarvi per tutta la vita nell’amicizia con Gesù Cristo. Con la forza dello Spirito Santo, scegliete la vita e scegliete l’amore, e siate testimoni davanti al mondo della gioia che ne scaturisce”.

Vai a "L'insegnamento del Papa oggi"