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L'Eucaristia non è un fatto privato

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Essere cristiani è vivere alla presenza dell’unico Signore e diventare in Lui una cosa sola

«…in ogni Chiesa particolare vi era un solo vescovo e intorno a lui, intorno all’Eucaristia da lui celebrata, si costituiva la comunità, unica perché uno il Calice benedetto e uno il Pane spezzato… “Tutti voi siete uno”! In queste parole si sente la verità e la forza della rivoluzione cristiana, la rivoluzione più profonda della storia umana, che si sperimenta proprio intorno all’Eucaristia: qui si radunano alla presenza del Signore persone diverse per età, sesso, condizione sociale, idee politiche. L’Eucaristia non può mai essere un fatto privato, riservato a persone che si sono scelte per affinità o amicizia. L’Eucaristia è un culto pubblico, che non ha nulla di esoterico, di esclusivo. Anche, stasera, non abbiamo scelto noi con chi incontrarci, siamo venuti e ci troviamo gli uni accanto agli altri, accomunati dalla fede e chiamati a diventare un unico corpo condividendo l’unico Pane che è Cristo. Siamo uniti al di là delle nostre differenze di nazionalità, di professione, di ceto sociale, di idee politiche: ci apriamo gli uni agli altri per diventare una cosa sola a partire da Lui. Questa fin dagli inizi è stata una caratteristica del cristianesimo realizzata visibilmente intorno all’Eucaristia, e occorre sempre vigilare perché le ricorrenti tentazioni di particolarismo, seppure in buona fede, non vadano di fatto in senso opposto. Pertanto, il Corpus Domini ci ricorda anzitutto questo: che essere cristiani vuol dire radunarsi da ogni parte per stare alla presenza dell’unico Signore e diventare in Lui una cosa sola» [Benedetto XVI, Omelia del Corpus Domini, 22 maggio 2008].

Dopo il tempo forte dell’anno liturgico che incentrandosi sulla Pasqua si distende nell’arco di tre mesi – prima i quaranta giorni della Quaresima, poi i cinquanta giorni del Tempo pasquale – la liturgia ci fa celebrare tre feste che hanno invece un carattere “sintetico” in rapporto alla memoria dei fatti e detti di Gesù: la Santissima Trinità che storicamente ha fatto maturare che ogni essere umano, ad immagine del Dio vivente, Padre, Figlio e Spirito Santo, è persona cioè un dono unico nel suo essere in relazione con Dio destinata a figlia nel Figlio attraverso lo Spirito Santo e con tutti i fratelli della famiglia umana e culturalmente, eticamente fondamento di ogni idea universale che la esprime e di ogni individualismo che la uccide, quindi la solennità del Corpus Domini, e infine il Sacro Cuore di Gesù. Ma qual è il significato proprio della solennità del Corpo e Sangue di Cristo? E Benedetto XVI lo individua nello svolgimento dei gesti sacramentali fondamentali: il convenire intorno all’altare del Signore, per stare insieme alla sua presenza, la processione, cioè il camminare con il Signore, e infine l’inginocchiarsi davanti a Lui che si è chinato fino a noi e ha dato la vita per noi in adorazione con un po’ di silenzio e ricevere la benedizione. E il Santo Padre si è soffermato brevemente su questi tre atteggiamenti, per sapere e pensare la fede celebrata in rapporto alla nostra vita cioè alla fede vissuta

Tutti uno” intorno all’altare del Signore, per stare insieme alla sua presenza con un culto pubblico
E qui Benedetto XVI ha individuato la radice, la verità e la forza della rivoluzione cristiana, la rivoluzione più profonda della storia umana, la civiltà avvenuta in Europa e quindi in tutto l’occidente oggi in crisi, esperimentata proprio intorno all’Eucaristia dove convengono alla presenza del Signore persone diverse per età, sesso, condizione sociale, idee politiche, carismi particolari all’interno della Chiesa. L’Eucaristia non può mai, per essere vera, identificarsi con un convenire privato, riservato a persone che si sono scelte per affinità o amicizia. Ogni Eucaristia è un culto pubblico, cattolico, che non ha nulla di esoterico, di esclusivo. Non è chi conviene per la celebrazione che si sceglie di incontrarsi, ma ci si ritrova gli uni accanto agli altri, accomunati dalla stessa fede e perché chiamati a diventare un unico corpo del Risorto condividendo l’unico Pane di vita filiale divino – umana che è Cristo. Con questa consapevolezza accade il dono, attraverso lo Spirito del Risorto, di sentirci uniti al di là delle differenze di nazionalità, di professione, di ceto sociale, di idee politiche: ci apriamo, anche ecclesialmente con carismi diversi, per diventare una cosa sola a partire da Lui. Anche la divisione classista, esoterica presente in tutte le religioni, tra chi può e non può comprendere ciò che è proprio e peculiare dell’uomo è venuta meno perché anche i semplici, con la comunione eucaristica, giungono a comprendere quanto i dotti, anzi meglio di loro. Questa fin dagli inizi è stata una caratteristica del cristianesimo realizzata visibilmente intorno all’Eucaristia, la prima e unica religione popolare. E Benedetto XVI ha detto che “occorre sempre vigilare perché le ricorrenti tentazioni di particolarismo (anche all’interno del vissuto ecclesiale), seppure in buona fede, non vadano di fatto in senso opposto. Pertanto, il Corpus Domini ci ricorda anzitutto questo: che essere cristiani vuol dire radunarsi da ogni parte per stare alla presenza dell’unico Signore e diventare in Lui una sola cosa”.

E’ costitutivo dell’essere cristiani camminare, pellegrinare con il Signore
Camminare con il Signore è la realtà significata e che saputa e pensata si realizza partecipando alla processione eucaristica, quasi un naturale prolungamento della Messa, muovendoci dietro Colui che è la Via, il Cammino, il Percorso. Con il dono di se stesso nell’Eucaristia, sempre sapendo e pensando, il Signore ci libera dalle nostre “paralisi”, ci fa rialzare e ci fa tentare e ritentare con fiducia e speranza anche quando non riusciamo, ci rimette in cammino, con la forza di questo Pane della Vita. Come accadde allora al profeta Elia, che si era rifugiato nel deserto per paura dei suoi nemici, e aveva deciso di lasciarsi morire è icona di quello che può accadere oggi sapendo cosa significa partecipare alla processione eucaristica e pensandoci. Dio lo svegliò dal sonno e gli fece trovare lì accanto la materia di una focaccia appena cotta: “Alzati e mangia – gli disse – perché troppo lungo per te è il cammino” (1 Re 19, 5.7). Dio non si è accontentato di far giungere la sua Parola, necessaria per sapere e pensare, ma lo ha raggiunto attraverso la mediazione materiale di una focaccia, analogo al sacramento come è l’Eucaristia. La processione del Corpus Domini, con l’efficacia della stessa mediazione, ci vuole liberare da ogni abbattimento e sconforto, ci vuol far rialzare, perché possiamo riprendere il cammino, ritentare con fiducia e speranza con la forza che Dio dà mediante la presenza di Gesù Cristo. E’ icona, per sapere e pensare, anche la memorizzazione dell’esperienza del popolo d’Israele nell’esodo dall’Egitto, la lunga peregrinazione attraverso il deserto con il dono della manna, il pane piovuto dal cielo. Un’esperienza che per Israele è costitutiva, ma icona esemplare per tutta l’umanità, per noi. Infatti l’espressione “l’uomo non vive soltanto di pane (per la vita corporea), ma di …quanto esce dalla bocca del Signore” (Dt 8,3) è un’affermazione universale dal momento che il Verbo è di fatto carne e non semplicemente parola e non si rivela a noi, non ci viene incontro, non entra in noi solo attraverso una illuminazione interiore occasionata dalla predicazione di un messaggio, ma attraverso mediazioni “materiali”, come partecipare fraternamente insieme ad una processione eucaristica, ad un pellegrinaggio, alla Giornata Mondiale dei Giovani. Ognuno può trovare la propria strada, se incontra Colui nella mediazione della Parola e del Pane di vita e si lascia guidare dalla sua amichevole presenza. Senza il Dio – con noi, il Dio vicino, attraverso mediazioni “materiali” come i segni sacramentali, come possiamo sostenere il pellegrinaggio dell’esistenza, sia singolarmente che in quanto società e famiglia di popoli e soprattutto come giovani? Non basta essere interiormente illuminati, anche se necessario. L’Eucaristia nella Messa e nel suo naturale prolungamento della processione è il Sacramento del Dio che non ci lascia soli nel cammino, ma si pone al nostro fianco e ci indica la direzione. In effetti, non basta andare avanti, bisogna vedere dove si va e non solo singolarmente, ma fraternamente condividendo insieme cioè culturalmente! Non basta il “progresso”, se non ci sono dei criteri di riferimento condivisi cioè che divengono cultura. Pastoralmente oggi, con l’assolutizzazione della illuminazione puramente interiore attraverso la parola e la crisi della mediazione materiale, sacramentale, è difficile far cogliere l’aspetto costitutivo del camminare con il Signore insieme. E così cresce l’individualismo e se si corre fuori strada si rischia di finire in un precipizio, comunque di allontanarsi più rapidamente dalla meta. Dio ci ha creati liberi, ma non ci ha lasciati soli: si è fatto Lui stesso “via” e risorto cammina anche pubblicamente insieme con noi in vissuti fraterni di comunione ecclesiale, perché la nostra libertà abbia anche il criterio condiviso cioè culturale per discernere la strada giusta e percorrerla in tutti gli ambiti sociali, economici e quindi politici. Sono speranza, perciò, l’aumento di pellegrinaggi mariani, il risveglio di Congressi Eucaristici e anche le Giornate Mondiali o Particolari dei Giovani.

Culmine di ogni processione è l’inginocchiarsi davanti al Signore, l’adorazione, che inizia già nella Messa, accompagna tutta la processione e culmina nel momento finale della benedizione eucaristica, quando tutti si prostrano davanti a Colui che si è chinato fino a noi e ha dato la vita per noi.
Così Benedetto XVI, in Germania, ha concluso la Giornata Mondiale dei Giovani, rifacendosi all’inizio del “decalogo”, i dieci comandamenti, dove sta scritto: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me” (Es 20, 2-3). Per Benedetto XVI il terzo senso costitutivo del Corpus Domini, dopo la Messa e la processione, è inginocchiarsi in adorazione di fronte al Signore. Adorare il Dio di Gesù Cristo, fattosi pane spezzato per amore, è il rimedio più valido e radicale contro le idolatrie di ieri e di oggi. Inginocchiarsi davanti all’Eucaristia è professione di libertà: chi si inchina a Gesù non può e non deve prostrarsi davanti a nessun potere terreno, per quanto forte. “Noi cristiani – ha concluso l’Omelia Benedetto XVI, facendolo concretamente al termine della processione – ci inginocchiamo solo davanti al Santissimo Sacramento, perché in esso sappiamo e crediamo essere presente l’unico vero Dio, che ha creato il mondo e lo ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito (Gv 3,16). Ci prostriamo dinnanzi a un Dio che per primo si è chinato verso l’uomo, come Buon Samaritano, per soccorrerlo e ridargli vita, e si è inginocchiato davanti a noi per lavare i nostri piedi sporchi. Adorare il Corpo di Cristo vuol dire credere che lì, in quel pezzo di pane, c’è realmente Cristo, che dà vero senso alla vita, all’immenso universo come alla più piccola creatura, all’intera storia umana come alla più breve esistenza. L’adorazione è preghiera che prolunga la celebrazione e la comunione eucaristica e in cui l’anima continua a nutrirsi: si nutre di amore, di verità di pace; si nutre di speranza, perché Colui al quale ci prostriamo non ci giudica, non ci schiaccia, ma ci libera e ci trasforma”.

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