Quel donatore malato ha seminato disperazione

Autore:
Sgreccia, Mons. Elio
Fonte:
Osservatore Romano ©
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Diciotto bambini olandesi, diciotto bambini apparentemente sani, sono inseguiti da uno sconosciuto nemico. Concepiti in provetta col seme di un anonimo donatore tra il 1989 e il 1995, sono venuti al mondo apparentemente perfetti. Ma nel 1998 il donatore ha scoperto d'essere affetto da una gravissima malattia degenerativa, l'atassia cerebrale. Malattia che paralizza e toglie la parola. Incurabile. Ereditaria. I diciotto bambini hanno cinquanta possibilità su cento di svilupparla.
Al Jeroen Bosch Hospital della città di Den Bosch, i medici per tre anni si sono domandati se dovevano dirlo o no, a quei genitori, che cosa, quale condanna era segretamente scritta nel Dna del padre dei loro figli. Poi hanno deciso: parlare. Diciotto famiglie sono cadute nella disperazione. Una disperazione muta, giacché quasi nessuno rivela agli amici una fecondazione artificiale. Soprattutto, non la si rivela al bambino. (È difficile dire: tuo padre, non lo conoscerai mai, e forse nemmeno sa che tu sei nato).
Un dramma nel silenzio, dunque. D'ora in poi in quelle famiglie la vita girerà attorno all'attesa angosciosa dei sintomi, che normalmente non si manifestano prima dei vent'anni. Sarà un lungo, struggente vegliare. Cinquanta probabilità su cento: nove sani, e nove condannati. (Succede a tanti, e anche ai bambini, di ammalarsi gravemente; ma questa predizione, questo aspettare una tragedia annunciata, è già condanna).
Eppure, si tormentano i medici dell'ospedale olandese, tutto era stato fatto secondo le regole, e tutti rispettati i protocolli internazionali per la donazione di seme: donatori giovani, sani, senza traccia di tare ereditarie negli ascendenti, non alcolisti, non tossicomani, non affetti da Aids. Donatori perfetti, garanzia di figli perfetti; e solo una formalità quell'avviso che si dà alle coppie prima dell'inseminazione, che non si possono escludere "fatti nuovi" a carico del donatore. Tutto in regola, tutto verificato, tutto scrupolosamente controllato: invece, quella degenerazione maligna s'era ben nascosta, e nessuno l'aveva potuta smascherare. E ora i medici, persa tutta la loro sicurezza, ammettono che l'insondabile esiste ancora, che non tutto è calcolabile, che qualcosa può sempre drammaticamente sfuggire. Allargano le braccia i professori: ora la croce - e che croce - è addosso a quelle madri e quei padri. Passeranno la vita ad aspettare: in ogni tremito, in ogni balbettio, crederanno di scorgere il nemico. Una possibilità su due di scampare. Una su due di essere catturati.
Il dramma olandese scoppia proprio nei giorni in cui ricorre il ventesimo anniversario della prima fecondazione in provetta. Come un'ombra scura sull'ottimismo di chi crede che tutto ciò che è possibile sia lecito, e non ha dubbi nel cammino trionfale della scienza. Tutto era regolare, tutto valutato e controllato. Ma un gene s'era nascosto, era sfuggito, subdolo, alla conta. Non tutto è prevedibile dall'uomo. Non siamo onniscienti, non lo saremo mai.
La condanna cade sugli innocenti: su dei bambini che oggi hanno dai tredici ai sei anni. I più piccoli tracciano le prime lettere sui banchi di prima elementare. Credono di essere figli del loro padre, e sani, e forti come lui. Chi dirà, a quelli che s'ammaleranno, cosa è successo? Chi risponderà, quando capiranno, e chiederanno: cosa avete fatto? E cosa avrà in testa un vecchio in carrozzella, paralizzato e muto, sapendo d'avere donato, col suo seme, anche la condanna a tutti quei suoi figli sconosciuti? Ma sono domande oziose. Nessuno, fra i signori delle provette, si fermerà per questa storia. Ieri la Gran Bretagna ha annunciato il via libera alla produzione di embrioni da utilizzare per ottenere cellule staminali. Il progresso avanza verso un futuro radioso. Le domande non piacciono, i dubbi sono oscurantismo. E quei diciotto, le loro famiglie, la loro attesa, sono solo il prezzo che necessariamente va pagato alla modernità. Danno collaterale, inevitabile e marginale. In fondo, sono solo diciotto bambini.