Pezzi di ricambio? Non solo per auto

Quando un figlio non è più un dono, ma diventa un diritto
Autore:
Curro, Nicola
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
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“Nessuno - o meglio, nessuno sano di mente dovrebbe farlo - inizia una guerra senza essersi prima chiarito che cosa intende ottenere con quella guerra e come intende condurla”. Questa frase, scritta da Karl von Clausewitz nel suo saggio “Della Guerra”, dovrebbe far riflettere e non poco i sostenitori del referendum sulla procreazione assistita. E molto dovrebbe riflettere anche Margherita De Bac, giornalista di punta del Corriere della Sera in materia di fecondazione artificiale, giacché qualche giorno fa ha rimproverato l’Italia di proibire ciò che la Spagna invece sembra intenzionata a permettere.
Pare, infatti, che il Governo socialista guidato da Zapatero per curare i “bambini colpiti da talassemia, da anemia Fanconi o alcuni tipi di leucemia” sia intenzionato ad approvare una legge che, attraverso la selezione degli embrioni, consentirà la nascita di «bebè terapeutici» da utilizzare come donatori di midollo osseo e cellule staminali per i fratellini colpiti da malattie genetiche.
L’approvazione di questa legge dal punto di vista tecnico-scientifico comporterà non solo l’eliminazione degli “ovociti fecondati che presentano difetti molto gravi”, ma, attraverso una ulteriore selezione, anche di quelli che pur essendo sani non possono essere destinati all’impianto perché non “compatibili con le caratteristiche dei fratellini in attesa”.
Umanamente, invece, se si ha un minimo di buon di buon senso non si può non affermare che una legge del genere rappresenta una mostruosa aberrazione le cui conseguenze al momento paiono inimmaginabili.
Una di esse, però, potrebbe essere quella descritta da Jodi Picoult nel suo ultimo romanzo ‘La custode di mia sorella’. La scrittrice americana, che il Washington Post ha definito “una specie di chiaroveggente nell’individuare i temi caldi e scriverci sopra pagine altamente leggibili”, racconta la storia vera di una bambina malata e della sua sorellina di ricambio la quale, creata da un embrione in laboratorio per il desiderio dei genitori di guarire la primogenita dalla leucemia, ad un certo punto decide di riprendersi la propria vita e fa causa ai genitori.
Anna, questo il nome della protagonista del romanzo, non riuscendo più a vedersi se non per quella che è, cioè “un donatore per Kate, sempre, senza soluzione di continuità”, andando dall’avvocato vuole che i suoi genitori finalmente si accorgano di lei, vuole che capiscano che i suoi bisogni non coincidono con lo scopo per cui è stata generata.
Il romanzo della Picoult, che provocatoriamente induce il lettore a porsi delle domande circa la complessità dei rapporti umani, ha il merito di chiarire una questione fondamentale: i problemi, per quanto gravi possano essere, non si affrontano in modo ideologico o lasciandosi definire dalle emozioni.
Trovare la soluzione ad essi, significa prendere in considerazione tutti i fattori che li determinano senza lasciarne fuori nemmeno uno di essi, altrimenti il rischio che si corre è quello di condannare all’infelicità numerosi bambini che saranno costretti a vivere la propria vita come botteghe di ricambi umani.
Almeno fino a quando non decideranno, come Anna, di riprendersi la propria vita.