La legge 40 dopo la sentenza della Consulta

Questa sentenza non mina i principi fondamenti della legge 40, ma sicuramente apre almeno su alcuni punti ad una pericolosa interpretabilità che potrebbe portare ad una deriva nell'uso.
Autore:
Tanduo, Luca e Paolo
Fonte:
CulturaCattolica.it
Vai a "Fecondazione artificiale"

La legge 40 che regola in Italia la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), comunemente detta fecondazione assistita, torna sotto attacco a causa di ricorsi e sentenze giudiziarie.
L’accanimento verso questa legge nasce da quella parte minoritaria nel paese, già clamorosamente sconfitta al referendum del 2005, che non si è ancora rassegnata e dopo la via referendaria continua i suoi attacchi per via politica (vedi la scandalosa modifica delle linee guida da parte del Ministro Turco dello scorso maggio 2008) e per via giudiziaria. Ma forse c’è da dire che l’aspetto che più dà fastidio è che la legge 40 funziona. Il numero delle cliniche non è affatto diminuito, ma tutte si sono dovute iscrivere ad un registro nazionale che le certificasse, tutelando così in maggior misura la salute della donna. I dati del Registro della Procreazione Medicalmente Assistita confermano che i centri che attuano la PMA in Italia sono 342 nel 2007, erano 120 nel 2003.
La legge 40 ha fermato quel “Far West” procreativo che aveva portato a casi di prestito di utero, fecondazione eterologa, parti plurigemellari ecc.
Ma per capire meglio cosa realmente è successo in seguito all’applicazione della legge 40 che non è una legge cattolica (ricordiamo che la fecondazione in vitro è comunque eticamente sbagliata), bisogna partire dai risultati della sua applicazione dopo il 2004, data di entrata in vigore della legge.
Già l’anno scorso i dati dicevano che dal 2003 al 2005 il ricorso alle tecniche PMA e il numero dei nati vivi erano aumentati, oggi i dati dell’ultimo rapporto al Parlamento sulla legge 40, sulla base dei dati dell’Istituto Superiore di Sanità, dichiarano che aumenta il numero delle coppie che si sono rivolte ai centri di fecondazione assistita in Italia per avere un figlio, passando da 43.024 nel 2005 a 55.437 nel 2007, e i nati vivi (sì perché comunque la fecondazione in vitro, visto il basso tasso di successo comporta la morte di una percentuale del 70% circa degli embrioni) sono passati da 4.940 a 9.137. Quindi sono aumentate le coppie che hanno utilizzato la PMA; questo smentisce anche i soliti “miti” dei viaggi all’estero.
La legge 40 ha inoltre permesso e favorito investimenti sulla ricerca e lo sviluppo delle tecniche di congelamento degli ovociti, che è eticamente valido a differenza di quello degli embrioni.
La sentenza con la quale la Corte Costitu¬zionale ha dichiarato l’illegittimità di al¬cune parole dell’articolo 14 apre nuove problematiche che saranno più chiare quando saranno rese note le motivazioni. Bisogna comunque dire che non sono stati accettati i ricorsi che riguardavano l’articolo 1 della legge che riguarda l’identità umana del concepito e quindi la titolarità del suo diritto alla vita riconosciuta; rimane così riconosciuto come valido il punto più innovativo e importante della legge, il principio cardine e fondamentale nella battaglia per la difesa della vita; dobbiamo quindi fare attenzione a non permettere la strumentalizzazione della sentenza.
Ricordiamo che gli articoli 13 e 14 della legge 40 vietano chiaramente qualunque sperimentazione sull’embrione se non per fini di diagnosi e di terapia volte alla tutela della salute dell’embrione stesso, e vietano la crioconservazione (congelamento), selezione, clonazione e la soppressione di embrioni.
Questi riferimenti sono molto importanti, in quanto prima dell’entrata in vigore di questa legge non esisteva una regolamentazione chiara. Se una donna decideva di ricorrere alla PMA e iniziava un ciclo di cure, venivano prodotti molti embrioni. Gli embrioni prodotti in sovrannumero venivano congelati e resi pronti da scongelare ed utilizzare, qualora il primo ciclo di cure non avesse dato un esito positivo (es. aborto spontaneo). Si capisce bene che molti di questi embrioni venivano prodotti con il solo scopo di essere congelati e in parte erano destinati a scopi non chiari (forse sperimentazione ecc..). Basti pensare che solo in Italia ci sono attualmente circa 30.000 embrioni ancora congelati. Adesso grazie a questa legge non solo non è più permessa la crioconservazione, ma nell’articolo 14 si precisa che gli embrioni prodotti devono essere al massimo 3 e devono essere tutti impiantati contemporaneamente nell’utero della madre: viene a mancare, dunque, l’intenzionalità di produrre embrioni in eccesso, che sarebbero destinati esclusivamente alla morte.
Con la cancellazione da parte della Corte Costituzionale del limite di tre embrioni che nell’articolo 14 era così dichiarato “ non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre” si pongono tre problemi:
1. innanzitutto per fecondare più embrioni le donne devono subire bombardamenti ormonali maggiori; inoltre l’impianto di più embrioni può causare gravidanze plurime, ed entrambe queste situazioni possono creare più problemi alla salute della donna.
2. se si decidesse di creare più embrioni e di non impiantarli tutti, si ritornerebbe alla situazione di creare embrioni con possibili scopi di selezione eugenetica o con lo scopo di non essere utilizzati, e quindi destinati sicuramente alla morte.
3. come potrà conciliarsi questo esubero di embrioni col divieto, che la Consulta non ha cancellato, di crioconservazione?
Bisogna infine ricordare che scientificamente i dati mostrano che la tendenza è quella di impiantare 1-2 embrioni e questo non inficia in alcun modo la percentuale di successo delle tecniche; il numero massimo di 3 embrioni infatti era stato scelto in base all’evidenza scientifica e non come decisione politico-ideologica.
Vedremo come si deciderà di procedere, questa sentenza non mina i principi fondamenti della legge 40, ma sicuramente apre almeno su alcuni punti ad una pericolosa interpretabilità che potrebbe portare ad una deriva nell'uso.