A un anno dalla morte di Eluana 2 – Le ultime scoperte sugli stati vegetativi
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Riguardo poi allo scottante problema della perdita di coscienza, e quindi al caso di stato vegetativo permanente, innanzitutto bisogna chiarire che in questi casi non c’è la morte cerebrale, le cellule cerebrali sono vive e mandano segnali elettrici. Il paziente può respirare in modo autonomo, «mantiene una vitalità circolatoria, respiratoria e metabolica e un controllo sulle cosiddette funzioni vegetative (esempio temperatura corporea, pressione arteriosa, diuresi, ecc...)». I riflessi dei nervi cranici e i riflessi respiratori sono mantenuti; le funzioni cerebrali «mantengono una certa vitalità, sebbene ridotta».
Colpisce che proprio ad un anno dalla morte di Eluana gran parte della stampa dia grande risalto ad un recente lavoro scientifico che, confrontando le reazioni cerebrali alle stesse domande, da parte di un paziente in stato vegetativo e di un soggetto sano, ha riscontrato attraverso la risonanza magnetica funzionale che erano uguali. Hanno chiesto ad un paziente in stato vegetativo di pensare di giocare a tennis o di stare in casa e hanno così visto che si «accendevano», rispettivamente, la corteccia motoria (quella appunto legata ai movimenti) e quella spaziale (che colloca una persona nello spazio) proprio come in un paziente sano; è stato dimostrato che se si mette davanti agli occhi di uno di questi malati una fotografia di persone care, e si fa una risonanza magnetica funzionale, si vede l’accensione di una attività cerebrale. Questi studi sono stati pubblicati anche su “The New England Journal of Medicine”. Che impatto avrebbero avuto queste notizie nei giorni in cui invece molti giornali parlavano solo di “staccare la spina” ad Eluana? Perché tacere verità già note?
In un altro studio firmato per la rivista scientifica «BioMedCentral Neurology», uno specialista ha scritto di ritenere tutt’altro che isolate le circostanze in cui si è trovato un suo giovane paziente belga: urlava ma nessuno lo sentiva, fino a quando con nuove tecniche hanno scoperto che l’attività cerebrale non era interrotta e sono riusciti a mettersi in contatto con lui. «Al 41 % di chi è in stato di minima incoscienza viene diagnosticato erroneamente uno stato vegetativo - sostiene il medico - mentre sappiamo che tutti coloro che risultano consapevoli possono essere curati e compiere progressi significativi».
L’imprecisione delle diagnosi in questi casi come in molti altri, in cui si diagnostica una morte prossima, e poi vengono smentite dai fatti, devono richiamare che il vero pericolo è l’abbandono terapeutico del malato, come mostrano l’esperienza inglese dopo l’approvazione del Suicide Act e la deriva olandese o dell’Oregon dove le morti per suicidio assistito sono quadruplicate dopo approvazioni di leggi che ne hanno legalizzato la pratica.
E’ urgente un impegno educativo e di formazione che coinvolga tutti, le parrocchie e le associazioni. La misericordia non va confusa con la mancanza di coraggio. Sono ancora oggi attuali le parole di Giovanni Paolo II nell’Evangelium Vitae (EV n. 95) : “Urgono una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della vita. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita. […] L'urgenza di questa svolta culturale è legata alla situazione storica che stiamo attraversando, ma si radica nella stessa missione evangelizzatrice, propria della Chiesa. Il Vangelo, infatti, mira a «trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità»; è come il lievito che fermenta tutta la pasta (cfr. Mt 13, 33)".