Michael Zantovsky - Havel. Una vita 1 - L'inizio

Presentiamo il testo Havel. Una vita, per il suo valore letterario e per l’alta coscienza morale del suo protagonista che fa parte di quella schiera di uomini e di donne come Mandela, Perlasca, Sanders, madre Cabrini, Gandhi e altri ancora, che hanno impiegato le loro forze ed energie per il proprio paese e per la affermazione e tutela della dignità e dei diritti dell'uomo
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
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Premessa
Presentiamo il testo Havel. Una vita, per il suo valore letterario e per l’ alta coscienza morale del suo protagonista che fa parte di quella schiera di uomini e di donne come Mandela, Perlasca, Sanders, madre Cabrini, Gandhi e altri ancora, che hanno impiegato le loro forze ed energie per il proprio paese e per la affermazione e tutela della dignità e dei diritti dell'uomo.

Havel. Una Vita è stato scritto da Michael Zantovsky, già portavoce di Havel, e del Forum Civico nel 1989, e suo grande amico, che ce ne racconta il percorso come drammaturgo e leader politico, rendendoci al tempo stesso partecipi dei violenti cambiamenti che hanno segnato la storia della Cecoslovacchia e dell’Europa.
“Ma i veri pregi del libro - commenta Vittorio Petrosillo nella sua Recensione al libro di Zantovsky - riguardano la ricostruzione critica dei “tre” Havel: il drammaturgo, il dissidente e lo statista. Una tripartizione da accogliere con cautela perché, come argomenta l’Autore, l’artista drammaturgo Havel è inestricabilmente legato al dissidente Havel, e a sua volta lo statista Havel nella sua azione politica sarebbe inconcepibile senza il talento artistico e la tensione etica degli altri due Havel.”

L’inizio
La mitologia conta. Non fu casuale che il figlio primogenito di una famiglia borghese benestante abbia ricevuto il nome del santo patrono della Boemia Venceslao. Il nome si era tramandato da generazioni e Vaklav aveva dato il suo nome al figlio Vaklav Maria che fece lo stesso per il figlio Vaclav, il futuro presidente, il 5 ottobre 1936. E la leggenda di San Venceslao rievoca quella di re Artù.
La famiglia del piccolo Vaclav era alto borghese e, come leggiamo, il bambino non aveva nulla da desiderare,
”vestito e nutrito come un principe”(Havel. Una vita, pag. 47).
Attorno alla famiglia Havel, stabilita a Praga, il mondo stava mutando i suoi connotati: in base al Patto di Monaco del ‘38 la Cecoslovacchia aveva perso i Sudeti e pochi mesi dopo Hitler aveva imposto un protettorato sopra la Boemia e la Moravia mentre la Slovacchia aveva costituito uno Stato indipendente affiliato alla Germania. Undici mesi dopo iniziò la Seconda Guerra Mondiale che cambiò la mappa politica dell’Europa.
Vaclav e il fratello Ivan vivevano un'infanzia spensierata, disegnando e nuotando nel lago vicino ad Havlov dove erano stati trasferiti dai genitori che, dalle lettere che inviavano ai figli, non sembravano loro particolarmente vicini.
Vaclav frequentava la scuola del villaggio con successo, ma si sentiva emarginato, quasi umiliato per il suo stato privilegiato rispetto ai figli di contadini che frequentava e per questo non ricorda mai la sua infanzia come un periodo particolarmente felice a causa delle barriere sociali che aveva vissuto come bambino privilegiato in un ambiente rurale e proletario concepito quasi come “un muro invisibile” dietro al quale si sentiva solo e inferiore.
Alla fine della guerra, a nove anni Vaclav vide nel ‘45 il giogo nazista sostituito da due eserciti meno aggressivi: uno sventolava la bandiera rossa con una falce e un martello, l'altro aveva uno stendardo a stelle e a strisce.
Il governo del Partito Comunista in Cecoslovacchia iniziato il 25 febbraio 1948, era subito entrato nell’orbita sovietica.
Gli Havel e i loro beni non vennero toccati.