Io sono Malala 8 - L'esodo e il ritorno
Il viaggio per loro e per tutti fu terribile: migliaia di persone scappavano portando con sé solo i vestiti che avevano indosso, pochi sapevano dove andare, le strade erano intasate di vetture, i miliziani pattugliavano le strade con i mitra spianati, i posti di blocco erano continui e aggiungevano terrore a terrore.- Autore:
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L’esodo
Nel febbraio del 2009 si firmò la fine dei combattimenti fra l'esercito di Musharraf e i talebani di Fazlullah ma la situazione non cambiò, e ad un certo punto a maggio l'esercito governativo ordinò a tutti i residenti di allontanarsi da Mingora ora divenuto campo di battaglia.
Iniziò così per Malala e per la sua famiglia il 5 maggio 2009 un triste pellegrinare.
Un esodo che ricorda quello di tante popolazioni. Degli armeni, degli ebrei. E di tanti ancora.
Il viaggio per loro e per tutti fu terribile: migliaia di persone scappavano portando con sé solo i vestiti che avevano indosso, pochi sapevano dove andare, le strade erano intasate di vetture, i miliziani pattugliavano le strade con i mitra spianati, i posti di blocco erano continui e aggiungevano terrore a terrore.
Fu l’esodo più massiccio della storia dei pashtun.
Per giorni e mesi Ziauddin si spostò con la sua famiglia, ora su mezzi di fortuna, ora a piedi, chiedendo ospitalità ai parenti sparsi nelle zone vicine che si prestavano ad aprire le porte delle loro case, scuole e moschee, perché nella mentalità pashtun l’ospitalità è sacra. Ricevettero cibo, vestiti, aiuti e soprattutto coraggio per non disperare, per resistere. Attraversarono 4 città.
A Haripur (a nord di Islamabad) Malala compì 12 anni ma nel suo diario scrisse che nessuno quel giorno se ne ricordò.
Il Ritorno
Si misero sulla strada del ritorno dopo tre mesi, subendo continui controlli e interruzioni di viaggio, posti di blocco e lunghe attese.
Entrarono in una Mingora irriconoscibile: muri crivellati di colpi, edifici fatti saltare con la dinamite, mucchi di rottami, negozi saccheggiati, piante cresciute selvagge, giardini trasformati in giungle. Era il 24 luglio 2009.
I talebani si erano ritirati e Falzullah era alla macchia. La presenza però dei miliziani appariva molto invasiva.
La loro casa era rimasta miracolosamente in piedi ma le provviste di cibo erano sparite.
Malala ritrovava finalmente la sua stanza e i suoi amati libri di letteratura, scienze, matematica, storia, e ritrovava i romanzi e i suoi DVD e questo le bastava, leggiamo, per sentire "una grande gioia" e gratitudine a Dio che li aveva risparmiati per lei.
Lentamente, nello sforzo comune di ricostruire, la vita riprendeva, per questa popolazione coraggiosa e anche la Kushal School tornò a funzionare, con insegnanti e allievi.
Il coraggio dell'iniziativa. La fama
Quell’estate, avviate le lezioni, 27 ragazze della Khushal School furono invitate a visitare Islamabad e a incontrarsi col generale Athar Abbas incaricato delle pubbliche relazioni in Pakistan, che voleva incontrare dei giovani, parlare con loro della vittoria sui talebani, e ascoltare le loro domande.
Malala, accompagnata dal padre, fu interpellata per prima e disse che le stavano a cuore le scuole, che dovevano essere ricostruite al più presto condannando apertamente i talebani per le ingiustizie perpetrate, le violazioni dei diritti e le violenze.
Il generale promise alle ragazze che in caso di bisogno avrebbero potuto rivolgersi a lui e Malala chiese e ottenne più di 1 milione di rupie che il generale mise a disposizione per pagare insegnanti e libri. La sua figura, la sua presenza ad eventi importanti e i suoi appelli appassionati iniziavano a circolare e a farla conoscere. Malala fu nominata portavoce di un'assemblea di bambini nel distretto dello Swat organizzata dall'Unicef e da una fondazione dedita al sostegno degli orfani e dei disabili.