Io sono Malala 7 - L'inizio della vita pubblica di Malala
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La scuola
In mezzo agli orrori che la circondavano appariva ancora un porto sicuro, un luogo di pace. E questo dava a Ziauddin l’audacia e il vigore per non arretrare: ogni giorno era impegnato in conferenze e trasmissioni televisive per denunciare i soprusi e la violazione sistematica dei diritti, e così la schiera dei suoi nemici si ingrossava.
“Adesso hai paura?” gli chiedeva Malala e lui rispondeva: ”Di notte la paura è forte, ma al mattino con la luce, si ritrova il coraggio”. Un turbinio di preoccupazioni agitava Ziauddin: aveva scritto anche al giornale locale chiedendo di non fare del male alla sua famiglia che vedeva minacciata.
A scuola Ziauddin decise di organizzare una marcia per la pace, e incoraggiò i giovani a parteciparvi e a dire la loro contro quello che stava succedendo, rilasciando delle interviste in pashtun all’unica emittente privata.
Gli inizi
Malala andò e parlò, abituata ai toni convinti e appassionati di suo padre e quello fu l'inizio della sua vita pubblica. Altri genitori avevano proibito ai figli di partecipare, terrorizzati. Ma Malala sapeva di poter contare su suo padre, un gigante del coraggio.
“Come osano i talebani privarmi del mio diritto inalienabile all’istruzione?” aveva esordito.
Quella bambina piccola di statura, dagli occhi grandi e dalla voce sicura, attirò l'attenzione dei media e la intervistavano per le emittenti private per Geo
(rete di notizie del paese), e per la BBC in Urdu.
“Avevo solo 11 anni, ma sembravo più grande e pareva che alla televisione piacesse sentir parlare una ragazzina tanto piccola… Nel mio cuore ero sicura che Dio mi avrebbe protetta. Se parlo in difesa dei miei diritti, dei diritti di tutte le ragazze come me, non sto facendo niente di male. Anzi, Dio vuole vedere come ci comportiamo in situazioni del genere” (pag.125)
La BBC e il Diario
Un giorno Ziauddin ricevette una richiesta più impegnativa da parte di un corrispondente della BBC. Si cercava un insegnante o una studentessa che scrivesse un diario raccontando quotidianamente la vita sotto i talebani, le sofferenze, le speranze nel futuro, i i sogni. "Perché non io?", chiese Malala e così ogni sera si collegava con un reporter, per rispondere alle sue domande. Messe poi per iscritto, le sue dichiarazioni venivano pubblicate sul sito della BBC. Usò come nome per non farsi riconoscere Gul Makai, che significa fiordaliso ed era il nome dell’eroina di un racconto popolare. La prima intervista avvenne il 3 gennaio 2009.
Malala dichiarò: "Non mi fermeranno. Continuerò la mia formazione, che sia a casa, a scuola o in qualunque altro posto. È questa la richiesta che abbiamo da fare al mondo: salvate le nostre scuole, salvate il Pakistan, salvate lo Swat”. ”Studiare, leggere, fare i compiti è il nostro futuro” (pag.129)
E la drammaticità e perentorietà di queste “frasi pungenti”, leggiamo, colpiva cronisti e ascoltatori.
I genitori non volevano che venisse scoperta la sua identità, ma non arrivavano certo a pensare che una bambina di poco più di 11 anni potesse attirare malvagità e violenza.
Orrore e morti
In quei giorni bui del 2008 le distruzioni, le irruzioni e saccheggi degli edifici, delle case e delle scuole continuavano.
I militanti di Fazlullah divennero sempre più feroci: la mattina scaricavano i cadaveri in mezzo alla piazza, che da allora si chiamò Piazza Insanguinata, perché chi andasse al lavoro li vedesse.
Uccidevano per futili motivi: perché i capelli degli uomini non erano abbastanza lunghi, perché i calzoni non lasciavano vedere il polpaccio, perché non c'erano i permessi per spostarsi, perché si era parlato male di loro.
E purtroppo le persone avevano iniziato a guardarsi con sospetto fra loro, a temere le delazioni, le denunce e lettere anonime. Un terzo degli abitanti di Mingora lasciò la città.
I talebani si consideravano padroni del territorio: bombardarono la centrale elettrica e il gasdotto.
Venne a mancare l'acqua potabile e ci furono alcuni casi di colera.
Nello sforzo di trovare dei rimedi per la sua famiglia e per i vicini, Ziauddin si fece prestare dei soldi per istallare un generatore a scuola e per pompare acqua potabile da un pozzo profondo in modo che fosse disponibile a tutto il quartiere.
Durante l'inverno i talebani si allontanarono dalla vallata e sparirono fra le montagne. Fu un periodo di tregua.