Havel. Una vita 7 - La Rivoluzione di Velluto - Dubcek e la presidenza

La vittoria della rivoluzione fu completata con l'elezione a Presidente della Federazione Cecoslovacca, il 29 dicembre 1989, del capo della rivoluzione: il drammaturgo ribelle e attivista dei diritti umani Václav Havel.
Havel non aveva mai pensato di diventare presidente; gli interessava di più il successo teatrale, ma leggiamo: ”Con i suoi scritti, con le sue coraggiose resistenze al regime comunista e il sacrificio di cinque anni in carcere, la logica conseguenza delle premesse di quella trama lo ha collocato inesorabilmente nella parte del protagonista... Muovendosi con prudenza quasi nell'ombra, era diventato il candidato incontrastato per la presidenza”. (Havel. Una Vita, pag.400 e 402)
Autore:
Carloni, Salvatore
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
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La proposta
Poco prima della fine della pena la polizia segreta gli fece la proposta di poter chiedere la grazia prima della scadenza della pena. Essendo infatti preda del terrore per la possibile morte del loro più famoso detenuto, si era cercato di fare l'ennesimo tentativo per chiedergli una ritrattazione in cambio di uno sconto di pena ma ancora una volta Havel rifiutò. Ottenne la libertà nel gennaio 1983 per una grave malattia ai polmoni.

La libertà e la Rivoluzione di Velluto
Negli anni seguenti Havel ricevette una serie di riconoscimenti e premi prestigiosi, non abbandonando la vocazione teatrale e ricevette fra gli altri, l'11 novembre 1986 il Premio Erasmo "per il suo contributo alla cultura europea”, e questo lo spinse a continuare a scrivere nella profonda convinzione sempre coltivata del valore e dei compiti della cultura.

La Rivoluzione di Velluto
Il popolo ceco era attraversato da venti di ribellione irrefrenabili e il 21 agosto1988, ventesimo anniversario dell’occupazione sovietica, 10.000 persone marciarono in piazza Venceslao per chiedere la fine del regime e il ripristino della libertà.
Le Milizie del popolo intervennero arrestando e picchiando la folla e i dissidenti, con decine di feriti.
Havel in particolare era braccato ma non cedeva e quando venne di nuovo condannato, divenne una figura simbolo a livello nazionale. Il 16 gennaio 1989, anniversario del suicidio di Jan Palach, Havel fu arrestato e condannato a 9 mesi di carcere per aver deposto fiori sotto la statua di san Venceslao. Fu rilasciato a maggio.
Il 17 novembre segna l’inizio della Rivoluzione di velluto con rivolte e scioperi guidati da Havel protrattasi fino al 29 dicembre 1989, e causa della dissoluzione dello Stato Comunista Cecoslovacco.
Il 19 novembre 1989 viene fondato con a capo Havel il “Forum Civico”, “associazione libera, informale e antitotalitaria” (Postfazione a Angelo Bonaguro, V. Havel, Un Uomo al Castello, pag.358), affermatasi come voce mediatrice e legittima della nazione nei negoziati con lo Stato: si chiedevano le dimissioni del governo federale, l'abolizione dei tre articoli della Costituzione riguardanti il ruolo di primo piano del Partito Comunista e le dimissioni di Husak, fu abolito l'articolo costituzionale sul ruolo dirigente del Partito comunista e fu abolito l'insegnamento nelle università del marxismo-leninismo e della storia del movimento operaio internazionale.
Il 24 novembre l’intera dirigenza del Partito Comunista si dimise.
Domenica 3 dicembre venne nominato un nuovo governo federale sotto la guida di Ladislav Adamec, composto da 20 membri, di cui 15 del Partito Comunista.
Lunedì 4 dicembre in piazza San Venceslao a Praga 15000 persone si riunirono per manifestare contro la composizione del nuovo governo.

Dubcek
Lunedì 11 dicembre venne nominato alla carica di presidente del parlamento Alexander Dubcek, figura ancora benvoluta.
La vittoria della rivoluzione fu completata con l'elezione a Presidente della Federazione Cecoslovacca, il 29 dicembre 1989, del capo della rivoluzione: il drammaturgo ribelle e attivista dei diritti umani Václav Havel.
Havel non aveva mai pensato di diventare presidente; gli interessava di più il successo teatrale, ma leggiamo: ”Con i suoi scritti, con le sue coraggiose resistenze al regime comunista e il sacrificio di cinque anni in carcere, la logica conseguenza delle premesse di quella trama lo ha collocato inesorabilmente nella parte del protagonista... Muovendosi con prudenza quasi nell'ombra, era diventato il candidato incontrastato per la presidenza”.(Havel. Una Vita, pag.400 e 402)
Il 29 dicembre del 1989 varcò la soglia del Castello, sede dei precedenti presidenti, tutti burocrati impersonali (Un uomo al castello, Havel, pag.359)
Leggiamo: ”Impressionante il suo primo discorso di capodanno 1990 da Presidente della Repubblica, dopo essere entrato, con sua moglie Olga nella cattedrale di Praga a sentire il Te Deum, inchinandosi ai re boemi e a Sant'Agnese. Dopo 50 anni di comunismo, di ateismo forzato, un presidente entrava nella cattedrale e davanti al cardinale Tomaseck si chinava a sant’Agnese e ai re boemi e recitava il Te Deum“ (Interrogatorio, pag.99 )
In questo discorso si presentò dicendo che non avrebbe ripetuto come i suoi predecessori che tutto andava bene, ma affermò che il paese non era affatto in buone condizioni e precisò: “Viviamo in un’epoca in cui i problemi dell’ambiente ci riguardano da vicino, ma il peggio è che viviamo in un ambiente deteriorato moralmente”. In questo discorso si manifestano i tratti essenziali di quest’uomo così lontano dalla mentalità politica corrente: “un anti-politico senza potere, e proprio per questo un grande politico con un irresistibile potere, il potere morale.” (Petrosillo, Il potere morale di Havel)

Foto [Vaclav Havel firma il giuramento da presidente della Repubblica ceca, 29 dicembre 1989 (CTK via AP Images)]