Havel. Una vita 5 - Charta 77
Havel si rendeva altresì conto che la ribellione di un solo uomo non poteva aprire le porte alla rivoluzione: occorreva una ”piattaforma organizzativa e di alleati, una struttura stabile cui far riferimento, un luogo in cui lavorare e confrontarsi.” Così, in quel clima, non essendo legale l'esistenza di partiti di opposizione, nacque il movimento di Charta 77, una “comunità libera informale ed aperta di uomini di diverse convinzioni, diverse religioni e diverse professioni, legati dalla volontà di operare individualmente e insieme per il rispetto dei diritti civili ed umani"- Autore:
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Charta 77
Si rendeva altresì conto che la ribellione di un solo uomo non poteva aprire le porte alla rivoluzione: occorreva una ”piattaforma organizzativa e di alleati, una struttura stabile cui far riferimento, un luogo in cui lavorare e confrontarsi.” (idem, pag.121)
Così, in quel clima, non essendo legale l'esistenza di partiti di opposizione, nacque il movimento di Charta 77, una “comunità libera informale ed aperta di uomini di diverse convinzioni, diverse religioni e diverse professioni, legati dalla volontà di operare individualmente e insieme per il rispetto dei diritti civili ed umani" (Havel. Una vita, pag.221).
La Charta era il frutto della collaborazione e unità tra cristiani e non cristiani che si ritrovavano in uno stesso impegno nella scoperta del valore insostituibile della umana dignità. Elencava i diritti umani fondamentali di ogni uomo, la sicurezza in Europa, i diritti culturali economici e sociali della convenzione internazionale. Si concludeva con la costituzione di un Comitato per i diritti umani, che avrebbe vigilato sul rispetto dei diritti garantiti dalla legislazione nazionale, con la collaborazione dell'Europa. In breve: una completa, articolata, intemerata contestazione del regime totalitario del Partito Comunista.
Scriveva Topol, uno dei firmatari della Charta: “Copiavamo le pubblicazioni illegali come nel Medioevo. Charta 77 passava di mano in mano. Usciva come un Samizdat, fogli ricopiati di nascosto in casa con la macchina da scrivere”.(Havel) Ci indicò la rotta di una rivoluzione culturale che rimetteva al centro la riappropriazione della libertà individuale, sconfiggendo, attraverso la verità, la paura del regime”. (Gabriele Santoro, Chi era Vaclav Havel: Intervista a Jachym Topol, 28 Febbraio 2022)
La Chiesa
E apriamo qui brevemente una parentesi per ricordare che la Chiesa in Cecoslovacchia, in quegli anni, già da prima del 1949 aveva subito una serie di condanne che limitavano pesantemente la presenza e sussistenza di conventi e istituti religiosi e dal 1950 erano stati interrotti i rapporti con Pio XII, l’insegnamento religioso non era stato più impartito nelle scuole, salve richieste esplicite e gli studenti cattolici non venivano ammessi all’università.
Nel ‘50 Monasteri conventi e seminari erano stati chiusi e l’arcivescovo di Praga messo al confino fino al ‘63. Nel ‘65 il vescovo Tomasek, grande figura della storia della chiesa ceca aveva assunto l’amministrazione della diocesi di Praga e nella Primavera di Praga (1968), al fianco della popolazione, aveva sostenuto, incoraggiato e confortato con lunghi appelli e lettere i sacerdoti e i fedeli. Anche il Movimento dei preti si era mosso in quel breve periodo di rifioritura della libertà per chiedere riabilitazioni e scarcerazioni ed erano stati riammessi gli ordini religiosi e l’insegnamento della religione nelle scuole.
Ma dopo l’agosto del ‘68 con l’invasione dei carri armati sovietici erano tornate in ogni campo limitazioni, minacce, discriminazioni che colpivano gli ambiti sociali, culturali, religiosi. Sorse allora la “chiesa catacombale” che si proponeva di convivere con quella “ufficiale “che era quel minimo di struttura che era stata lasciata alla Chiesa. I preti clandestini svolgevano ogni tipo di lavoro per restare vicini ai fedeli.
Charta 77 viene resa pubblica
Il primo gennaio 1977 la dichiarazione di Charta 77 venne dunque resa pubblica e i suoi portavoce erano Vaclav Havel, Iri Hajek e il filosofo Jean Patocka deceduto il 13 marzo 1977 dopo feroci interrogatori avvenuti presso i servizi di sicurezza.
Il documento fu confiscato anche se nel frattempo si era diffuso e si deliberò da parte del Politburò del Partito Comunista che la Charta era un testo contro-rivoluzionario e i firmatari erano avversari del socialismo con complici all’estero. La condanna a 14 mesi di prigione e a tre anni per aver leso gli interessi dello Stato all’estero arrivò nell’ottobre del 1977.
Havel descrive nel libro il tempo trascorso in carcere come un periodo duro non tanto per le sofferenze fisiche quanto per la perdita di ogni prospettiva di libertà. La depressione lo aveva lentamente invaso e a poco a poco aveva iniziato a pensare che la sua era una battaglia persa e che era stato ripudiato anche dai suoi amici e collaboratori.
Dichiarò in prigione di volersi dimettere dalla Charta e dalla carica di portavoce e quando queste affermazioni furono rese pubbliche dal Comitato, questo apparve agli occhi di molti sostenitori di un tempo, un rinnegamento e un tradimento.
Quando fu dimesso nel maggio del ‘78 grazie ad uno sconto di pena, si trovò a dover lottare per riacquistare oltre alla stima dei firmatari e degli amici, fiducia in se stesso, perchè si vergognava della sua debolezza e di non essersi comportato da supereroe, ma da uomo che affrontava con mancanza di coraggio le sfide del potere.
Presto però i firmatari si strinsero di nuovo attorno a lui, gli ridettero fiducia, e ripresero a trovarsi anche in pubblico pur venendo continuamente attaccati e insultati dalla polizia. Il 27 aprile 1978 fu tra i fondatori del “Comitato di Difesa degli Ingiustamente Perseguitati” (VONS), in ottobre scrisse il suo saggio-manifesto della dissidenza più famoso: “Il Potere dei senza potere”, e dal 6 novembre ritrovò la forza di un tempo e il ruolo come supplente di portavoce in Charta77.
La decisione presa era quella da un lato di un'accusa sempre più lucida nei confronti del regime comunista che viveva in un clima di falsità e menzognera normalizzazione e dall’altro di affermazione sempre più determinata del diritto alla libertà e prima ancora della verità che chiamava ogni uomo a collocarsi al centro della società difendendo e affermando i propri diritti alla libertà fisica, di pensiero, di espressione e di azione.
"Mi era chiaro, dichiarò, che bisognava fare qualcosa e mi era chiaro che questo spettava a me”(“Il potere dei senza potere. Interrogatorio a distanza con Vaclav Havel, pag. 23)
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