Gandhi - La mia vita per la libertà 12 - Commiato

Il 1° febbraio 1986 al Raj Ghat, dedicato alla memoria dell’illustre Mahatma Gandhi, papa Giovanni Paolo II confessò ad alta voce: il suo era “un pellegrinaggio per rendere omaggio a un uomo che ha incarnato nel nostro secolo il bisogno di Dio e la vita come testimonianza religiosa, come servizio reso a Dio”. Mai un pontefice aveva usato espressioni così alte per un non cristiano. Lo chiamò “eroe dell’umanità”, “annunciatore della natura religiosa dell’uomo, che anela a Dio come la cerva ai corsi d’acqua” (rassegna stampa, Matteo Errini, Giornale di Brescia, 27.11.1991 )
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
Vai a "Vita e Dramma"

Commiato.
Dopo questi avvenimenti, le ultime pagine dell’Autobiografia sono dedicate al commiato dai suoi lettori. “È giunta l'ora di concludere questo libro; da allora in poi la mia vita diventò talmente di dominio pubblico che c'è ben poco che la gente già non sappia” (pag. 372 Testo)
Infatti, dopo aver terminato la stesura della autobiografia ci furono le condanne e le carcerazioni del 1922, 32, 42, per accusa di sedizione,
la famosa marcia del sale quando all’alba del 12 marzo 1930 Gandhi si mise alla testa di un piccolo gruppo di persone che in prossimità a Dandi divennero migliaia.
Quando il 6 aprile 1930 Gahdhi raccolse dall’oceano un frammento di sale, tutti lo acclamarono come il liberatore e in India da quel giorno raccolsero, produssero, vendettero sale. Gandhi fu imprigionato e i poliziotti attaccarono con violenza inaudita i disubbidienti.
Il governo dovette capitolare e accordarsi con Gandhi che avrebbe rappresentato l’India a Londra avanzando la richiesta di un governo costituzionale.
Gandhi e la marcia del sale entrarono nella storia mitica dell’india e il dominio inglese era sempre più vicino alla sua conclusione.
Nel '32 ci fu un nuovo digiuno contro gli elettori separati per intoccabilità.
Si volse sempre più al sacrificio (nel 1931 aveva visitato Roma e aveva pianto davanti al Crocifisso) e all’idea di poter morire offrendosi per gli altri.
Nel ‘34 fu di nuovo arrestato e nel ‘34 l’Inghilterra decretò l’autogoverno delle Province.

La proposta del piano di partizione tra India e Pakistan avvenne nel '44 e fu realizzata nel '47 con l’accettazione da parte di Gandhi e il passaggio delle consegne del potere dall'Inghilterra ai due nuovi Stati indiani,(Government of India ACT) India e Pakistan.
Il 30 gennaio del 1948 per mano di un fanatico Gandhi fu assassinato a colpi di pistola.
Le ultime parole di Gandhi furono “He Ram” cioè “oh Dio!”
E queste le parole scritte da Gandhi alla fine del suo libro: “Non è senza dolore che mi commiato dai lettori. I miei esperimenti hanno per me molto valore, non so se sono riuscito a metterli giù. Posso dire solo che per tentare di tracciare una narrazione esatta non ho badato a sforzi: descrivere la verità. Così come l'ho vista, non nel modo in cui l'ho raggiunta, questo è stato il mio scopo costante, dal quale ho tratto una ineffabile pace mentale, perché ho accarezzato la speranza che possa portare alla fede nella verità… ma il cammino è alto e limpido: per giungere alla purezza perfetta bisogna essere assolutamente senza passione nel pensiero, nella parola e nelle azioni; bisogna emergere dalle correnti contrastanti di amore e di odio, di attaccamento e di repulsione… Nel salutare il lettore, almeno per il momento, gli chiedo di unirsi a me nel chiedere al Dio della Verità che mi conceda la grazia di raggiungere l’ Ahimsa (3) con il pensiero, con la parola e con gli atti” (pag. 374 Testo)

Il 1° febbraio 1986 al Raj Ghat, dedicato alla memoria dell’illustre Mahatma Gandhi, papa Giovanni Paolo II confessò ad alta voce: il suo era “un pellegrinaggio per rendere omaggio a un uomo che ha incarnato nel nostro secolo il bisogno di Dio e la vita come testimonianza religiosa, come servizio reso a Dio”. Mai un pontefice aveva usato espressioni così alte per un non cristiano. Lo chiamò “eroe dell’umanità”, “annunciatore della natura religiosa dell’uomo, che anela a Dio come la cerva ai corsi d’acqua” (rassegna stampa, Matteo Errini, Giornale di Brescia, 27.11.1991 )



NOTE
3. L’Ahimsa Questo termine indica rispetto per lo spirito, la natura, la cultura: significa vivere in pace con tutto ciò che ci circonda. In qualche modo, rappresenta la congruenza tra ciò che diciamo, pensiamo e facciamo circa l’atto di dare amore ed essere in armonia con il mondo.

Immagine