L'ultimo Natale di Giovanni XXIX, di Graham Greene

In questo sorprendente racconto di Graham Greene si rivela l'odio per la presenza della Chiesa, segno drammatico degli ultimi tempi
Autore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Un personaggio misterioso


Chi è il misterioso vecchio che abita in completa solitudine da vent'anni in un monolocale alla periferia della città? Di lui sappiamo solo che ha perso la memoria in un grave incidente, "un rumore secco, un lampo abbagliante e poi una lunga oscurità, piena di sogni complicati, dalla quale si era svegliato alla fine nella stessa stanzetta in cui abitava adesso".
Tutti evitano di parlargli, e nella strada sottostante c'è sempre qualcuno che lo sorveglia. Unica compagnia del vecchio, un piccolo crocifisso di legno con il braccio spezzato, un oggetto recuperato nel bidone dei rifiuti.
Un giorno, un fatto inspiegabile:
"Verranno a prenderla il giorno 25 - gli disse lo sconosciuto - la accompagneranno all'aeroporto e la condurranno all'aereo…" "Ha detto il 25? Siamo in dicembre, o mi sbaglio?" Gli riusciva difficile tenere il conto del tempo…"Allora sarà il giorno di Natale". "Il giorno di Natale è stato abolito più di vent'anni fa. Dopo quell'incidente". Rimase lì a domandarsi: come si fa ad abolire un giorno? …Disse ad alta voce: "E tu? Hanno abolito anche te?" Sembrò che il braccio mancante gli desse la risposta: "Sì".
Pian piano veniamo a conoscere altri particolari sulla vita passata del vecchio e sul suo mistero. Un giorno una anziana signora lo chiama con un nome strano, Giovanni. Un'altra volta egli si arrischia a parlare coll'onnipresente guardiano:
"Che Dio la benedica, amico" , e l'uomo aveva avuto un sobbalzo, come di dolore, e aveva voltato le spalle.

Finalmente arriva il giorno di Natale, e lo sconosciuto preleva il vecchio per portarlo all'aeroporto.
Destinazione: l'incontro col Generale. Durante il volo, l'ufficiale aggiorna il vecchio sui cambiamenti avvenuti nel mondo negli ultimi vent'anni. Un'unica compagnia di bandiera, un unico organo della stampa mondiale, un Governo unico, un Capo unico, il Generale.
"Non si preoccupi, signore. Il tempo dei cambiamenti è finito. Il mondo ha trovato la stabilità e la pace. Di cambiamenti non c'è più bisogno".
Lampi di ricordi cominciano ad affiorare nella mente del vecchio:
All'improvviso…fu atterrito da un pensiero, si domandò quali ricordi potessero aspettarlo se si fosse risvegliato. Cominciò a leggere il suo libro; lo aprì automaticamente, per abitudine, ad una pagina che conosceva a memoria: "Egli fu nel mondo, e il mondo era fatto da lui, e il mondo non lo conosceva".
Il tintinnio del bicchiere, mentre lo steward lo portava via, fece riaffiorare un ricordo. La sua mano si mosse spontaneamente, quasi volesse deporre qualcosa sul tavolino lì davanti, e per un istante egli vide di fronte a sé uno stuolo di sconosciuti a capo chino, c'era un silenzio profondo, e poi quello scoppio assordante, e poi l'oscurità…
Sceso dall'aereo, il vecchio viene accolto con onori inspiegabili, tanto che una frase gli sale ripetutamente alle labbra: "Io sono un servo dei servi", "Io sono un servo". Viene condotto in un lussuoso albergo per attendere l'incontro col Generale, il giorno successivo.
"Chi è quel signore, l'ospite del Generale? a giudicare dai vestiti sembra un poveretto".
"E' il Papa". "Il Papa? Che cos'è il Papa?" domandò il segretario, ma l'ufficiale uscì dall'albergo senza dare una risposta.



A colloquio con il Generale


Il vecchio - a questo punto sappiamo che è il Papa, Papa Giovanni XXIX - cade in un profondo sonno e sogna un momento del suo passato: un immenso capannone, poche decine di fedeli, un discorso in lingue sconosciute, una bambina che lo guarda con disprezzo, come se non capisse quello che lui dice.
E' il giorno di Santo Stefano. Il cameriere addetto alla camera del Papa gli porta la colazione e lo prega di indossare degli strani vestiti: una cotta ed una cappa, entrambe bianche. Gli infila anche al dito un prezioso anello.
Sullo sportello dell'armadio c'era uno specchio lungo, e gli sfuggì un'esclamazione d'orrore: "Sembro un prete". "Lei era un prete. Questi indumenti sono stati prestati per la circostanza dal Museo Mondiale dei Miti".

Ricevuto da un picchetto di soldati, con gli onori militari, Papa Giovanni XXIX viene infine ammesso alla presenza del Generale.


"Non ho alcuna responsabilità nell'attentato contro di lei - disse. - Fu un grave errore di un mio predecessore, un certo Generale Megrim. Errori simili vengono facilmente commessi nelle ultime fasi di una rivoluzione. Abbiamo impiegato cento anni per costituire lo Stato mondiale e la pace mondiale. A modo suo lui aveva paura di lei e dei pochi seguaci che lei aveva ancora".
"Paura di me?"
"Sì… Lei è l'ultimo cristiano vivente - disse il Generale. - È un personaggio storico. Per questo ho voluto renderle onore alla fine".
Il Generale estrasse un portasigarette e glielo porse.
"Vuole fumare con me, Papa Giovanni? Mi dispiace di avere dimenticato il numero. Era XXIX?"
"Papa? Mi perdoni, non fumo. Perché mi chiama Papa?"
"L'ultimo Papa, ma pur sempre un Papa". Il Generale si accese una sigaretta e continuò. "Deve capire che non abbiamo niente contro di lei personalmente. Lei ha occupato una grande posizione. Abbiamo condiviso molte delle stesse ambizioni. Abbiamo avuto molto in comune. Questa fu una delle ragioni per cui il Generale Megrim la considerava un nemico pericoloso. Finché aveva dei seguaci, lei rappresentava una scelta alternativa. Fin quando esisteva una scelta alternativa ci sarebbe sempre stata la guerra. Io non sono d'accordo sui metodi adottati da lui. Spararle in modo così clandestino mentre lei diceva... come la chiama?"
" Le mie preghiere?"
"No, no. Era una cerimonia pubblica già proibita dalla legge". Il vecchio si sentì smarrito. " La Messa?" chiese.
"Sì, sì, credo che si chiamasse così. Il problema era che il suo piano avrebbe potuto farla diventare un martire e ritardare non poco il nostro programma. È vero che c'erano soltanto una dozzina di persone a quella... come la chiama?.. Messa. Ma il suo metodo era rischioso. Il successore del Generale Megrim se ne rese conto, e io ho seguito la stessa linea più tranquilla. L'abbiamo tenuta in vita. Non abbiamo mai permesso alla stampa di fare nemmeno un accenno occasionale a lei, o alla sua vita tranquilla nel ritiro".



L'io e il potere


Si precisa il piano del Generale: uccidere finalmente l'ultimo Papa, l'ultimo cristiano.


"Voglio che lei muoia con dignità. L'ultimo cristiano. Questo è un momento storico".
"Ha intenzione di uccidermi?"
"Sì".
Il vecchio provò sollievo, non paura. Disse: "Mi manderà dove ho spesso desiderato andare durante gli ultimi vent'anni".
"Nelle tenebre?"
"Oh, le tenebre che ho conosciuto non erano la morte. Solo un'assenza di luce. Lei mi manda nella luce. Le sono grato".
"Speravo che avrebbe consumato un ultimo pasto con me. Come una sorta di simbolo. Un simbolo di amicizia definitiva fra due persone nate per essere nemiche"
"Mi perdoni, ma non ho fame. Si proceda con l'esecuzione".
"Prenda almeno un bicchiere di vino con me, Papa Giovanni".
"Grazie. Quello sì".
Il Generale riempì due bicchieri. Mentre vuotava il suo la mano gli tremò un poco. Il vecchio levò il proprio come in segno di saluto. Pronunciò a bassa voce alcune parole che il Generale non comprese del tutto, in una lingua che non capì.
"Corpus Domini nostri…" Mentre l'ultimo rimasto dei suoi nemici cristiani beveva, fece fuoco.
Tra la pressione del grilletto e l'esplosione del proiettile uno strano terrificante dubbio gli attraversò la mente: era possibile che fosse vero ciò in cui quell'uomo credeva?



E' un Natale per nulla sentimentale quello che l'Autore dipinge nel suo racconto apocalittico. Graham Greene - che si colloca qui nel filone della tradizione antiutopica di Benson e del suo "Padrone del mondo" - ci presenta un personaggio che trionfa nell'apparente sconfitta, come Cristo sulla croce o Stefano nel martirio. Il colpo di dubbio inferto al suo boia è la vittoria della certezza cristiana sul Potere e sulla sua tronfia vacuità. Proprio nel giorno di Santo Stefano, come ricorda l'arcivescovo Thomas Becket ne "L'Assassinio nella cattedrale"di Eliot:




"(…) Vorrei soltanto che voi in cuor vostro meditaste il profondo significato e mistero delle nostre messe di Natale. Perché ogni volta che una Messa vien detta, noi facciamo rivivere la Passione e la Morte di Nostro Signore; e in questo giorno di Natale noi la diciamo per celebrare la sua Nascita. (…) Fu in questa notte appena passata che una schiera dell'esercito celeste apparve davanti ai pastori di Betlemme, cantando "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà"; così questo momento è l'unico in tutto l'anno in cui noi celebriamo insieme la Nascita di Nostro Signore e la Sua Passione e Morte sulla Croce.
(…) per il Mondo, dal suo punto di vista, questo è uno strano comportamento. Perché chi nel Mondo si rattrista e si rallegra nello stesso tempo e per la stessa ragione? Infatti, o la gioia è superata dal dolore o il dolore sarà scacciato via dalla gioia; così è solo in questi nostri Cristiani misteri che noi possiamo rallegrarci e rattristarci insieme, e per la stessa ragione (…)
Considerate ancora una cosa alla quale forse non avete mai pensato. Non soltanto noi nella festa di Natale celebriamo insieme la Nascita di Nostro Signore e la Sua Morte: ma nel giorno che segue noi celebriamo il martirio del suo primo martire, il beato Stefano. È per caso, credete voi, che il giorno del primo martire segue immediatamente quello della Nascita di Cristo? Assolutamente no. (…) perché non si diventa Santi per caso."
(dalla Predica nella Cattedrale la mattina di Natale del 1170
da ASSASSINIO NELLA CATTEDRALE di T.S. Eliot)