Interstellar: un vero film di fantascienza 1 - La storia

Autore:
Parenti, Stefano
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Finalmente un bel film di fantascienza! È questo un primo giudizio sintetico che, da appassionato del genere, ritengo di poter attribuire all'ultima pellicola di Christopher Nolan: Interstellar. Uno dei pochi registi attualmente in circolazione che ha saputo, da tempo, suscitare il mio interesse poiché, pur calandosi nel grande filone dell'intrattenimento mainstream, è riuscito ad approfondire alcune tematiche antropologiche tutt'altro che superficiali, come la memoria (Memento), l'intelligenza, la percezione e l'inconscio (Inception), l'identità (The prestige). Il tema della scienza occupa un ruolo centrale nei suoi film – l'elettricità di Tesla in The Prestige e la possibilità di entrare nel sogno altrui in Inception – ma solamente Interstellar può definirsi pienamente fantascientifico. Procediamo con ordine.
La prima cosa che colpisce è che Interstellar ha molto da dire. Due ore e mezza piene di avvenimenti. È la caratteristica di Nolan: una trama ricca, complessa, lunga. La quasi totalità dei film contemporanei lascia ampio spazio agli effetti speciali, ovvero a lunghe sequenze d'azione che finiscono per costituire il cuore della pellicola a discapito dell'intreccio (la lista è lunga...lunghissima...mi soffermo a citare, per brevità, gli Star Trek di J.J. Abrams, Pacific Rim, il bel Gioco di Ender, Robocop, Transformers, il brutto Snowpiercer, e tutti i cine-comics). I pochi film “di concetto” risultano semplici e costruiti attorno ad un'unica idea (Moon, Gravity, il brutto Elysium). Interstellar, invece, è pieno di fatti, di intrecci, di cambi di prospettiva. Mette a tema molti argomenti. Tanti. Forse troppi. Uscendo dalla sala ho provato una certa difficoltà nel riordinare le idee per capire che cosa abbia visto. È questo il biglietto da visita dell'autore, ben evidente nella complessità della trilogia del Cavaliere Oscuro. Da questo punto di vista Interstellar si confronta con l'unico altro film di fantascienza interpretato dal bravo Matthew McConaughey, Contact di Robert Zemeckis, con cui condivide, peraltro, anche alcuni contenuti (il fisico Kip Thorne, che ha contribuito agli aspetti scientifici di Interstellar, ha collaborato anche con Carl Sagan, autore del romanzo Contact da cui è stato tratto il film).
Interstellar racconta di un futuro malinconico: una malattia uccide il granturco, riducendo alla fame la popolazione mondiale. I campi infetti vengono bruciati. L’esito è un cambiamento sul clima dell’intero pianeta che è soggetto a spaventose tempeste di sabbia. Il governo americano decide di destinare gli uomini all'agricoltura, riducendo gli investimenti alla ricerca. È questo il motivo per cui Cooper, ex pilota della Nasa, si ritrova a gestire da dieci anni la fattoria di famiglia, assieme al nonno Doyle, al figlio Tom ed alla figlia Murphy. Cooper è un uomo triste ed inquieto: sogna di tornare a volare nello spazio, ma è costretto ad accontentarsi di un semplice lavoro da manovale. Dentro di sé sperimenta una tensione generata dal conflitto tra il proprio ideale, ovvero la vita come desidera che sia, e la realtà. La sua percezione è che il governo abbia deciso di “tirare i remi in barca”, ovvero non affrontare direttamente il problema che affligge l’umanità. Da un certo punto di vista, ha pienamente ragione: scopre, ad esempio, che i libri di scuola della figlia riscrivono il passato, sostenendo che le missioni Apollo siano state solamente delle invenzioni e suggerendo ai giovani americani di rivolgere la propria attenzione all’agricoltura ed all’allevamento piuttosto che alla scienza speculativa e pratica. "Rivolgete gli occhi alla terra, non alle stelle" si potrebbe parafrasare. Lo spettatore, che tende ad identificarsi col protagonista, è spinto a contrastare tale prospettiva, che sembra negare una verità antropologica: il mirar le stelle implica, nella prospettiva umana, il dare slancio a quel motore interiore che è il desiderio (parola che deriva proprio dal termine sidus, ovvero “cielo”; “de-sidera”, che riguarda i cieli). Quando, però, un segnale misterioso lo porta a contatto con una strana base militare Cooper dovrà ricredersi.
Non so se spingermi oltre nel raccontare la trama, poiché potrei rovinare la visione a chi, ancora, non ha guardato Interstellar. Non è un segreto, però, che Cooper si addentrerà nuovamente nello spazio, poiché il piano per salvare l’umanità prevedrà la ricerca di un nuovo pianeta da abitare. Ci sono altri due aspetti che è bene menzionare, poiché si rivelano necessari ai fini dello svolgimento della tesi che mi propongo di argomentare. Entrambi riguardano due personaggi, ed è importante sottolinearlo poiché il cuore della vicenda non si sviluppa unicamente nei fatti, ovvero nelle varie situazioni esterne ai protagonisti, ma anche e soprattutto nelle relazioni. Interstellar unisce la storia dell’umanità con la storia dei protagonisti o, meglio ancora, dipana ciò che è il tema dei personaggi nell’ambito delle vicende che essi stessi si trovano ad affrontare. Da questo punto di vista la prospettiva del film si avvicina a quella dei grandi romanzi epici, come la Commedia di Dante, in cui il percorso del protagonista equivale a quello dell'umanità, o I promessi sposi, solo per spendere i nomi più noti. La figlia di Cooper, Murphy, è animata dalla stessa inquietudine del padre: anche lei combatte contro una realtà che sembra contrastare il suo desiderio di conoscenza e, da ultimo, di felicità. Dapprima, infatti, si trova davanti ad alcuni fatti, apparentemente misteriosi o casuali, che non riesce a comprendere: la sabbia che si dispone geometricamente sul pavimento, i libri che continuano a cadere dalla libreria, ecc. Intuisce che essi potrebbero essere dei segni, ovvero delle realtà che testimoniano altre realtà più nascoste, ovvero dei simboli. Ma non viene ascoltata, né compresa, né supportata. Le tocca, poi, fronteggiare la partenza del padre, il quale le promette che tornerà dal suo viaggio interstellare. Una promessa, però, che ben si addice ad un “marinaio” dello spazio, poiché Cooper non potrà prevedere l’esito di una missione di cui ignora i segreti. Dunque Murphy ricopre uno dei ruoli più struggenti: possiede il medesimo desiderio di felicità del padre e la medesima scontentezza per la realtà che ha di fronte ma, a differenza del papà, è sprovvista di strumenti se non l’accettazione – drammatica - dello status quo, in attesa di sviluppi ulteriori. Cooper, invece, incarna l’uomo che – “finalmente!” – potrebbe egli stesso dire – può viversi la vita che sognava. Una immagine di felicità a cui sottomette ogni altra evidenza reale, come il suo ruolo di padre. Il terzo protagonista è una donna, la bellissima Anna Hatheway, ovvero la dottoressa Amelia Brand. Biologa, in volo verso pianeti sconosciuti non solo per salvare l’umanità, ma per ricongiungersi col fidanzato che l’ha preceduta in una missione antecedente. Anche lei ha un’idea precisa su come poter essere felice, ed anche lei dovrà abdicarla: ricongiungersi all'amato le sarà impossibile (ma lo spettatore non cade nel dramma grazie al feeling che la dottoressa sembra instaurare con Cooper).