Parte Terza: Con gli occhi di un clone

Il problema della clonazione esce dalle pagine delle riviste scientifiche...
Autore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Che cosa provano un Uomo Condizionato, un Mutante, un Clone, consapevoli di essere diversi (perché prima o poi lo verranno a sapere), camminando tra gli Umani senza essere certi di poter rivendicare la comune dignità di uomini? Che cosa c'è nello sguardo di un Clone?
Solo la Fantascienza, esploratrice di spazi ignoti ma non superflui, può dirlo.

Gli arroganti forzati dell'evoluzione


Ne parla ad esempio Fredric Brown nel suo racconto Alla larga! La scoperta di una sostanza miracolosa, la daptina, avvenuta nel 2034, consente agli uomini di modificare ed adattare i neonati in modo da farli sopravvivere in qualunque condizione (è un concetto analogo a quello di "Pantropia" presentato da Blish ne Il seme tra le stelle). Così gli uomini compiono il grande passo: creano i Marziani. Cioè bambini adattati, dai larghi toraci e dai corpi coperti di pelliccia, in grado di sopravvivere nei gelidi climi e nelle atmosfere rarefatte del pianeta Marte. Ma l'ultimo giorno prima dell'esperimento definitivo, avviene la tragedia: "Domani è il giorno della libertà. Domani saremo dei marziani, i marziani. Domani ci impossesseremo del pianeta… Domani, al segnale, uccideremo gli insegnanti e tutti gli altri terrestri…loro non sanno quanto li odiamo. Non sanno quanto li troviamo orribili e disgustosi, loro e i loro corpi grottescamente deformi dalle spalle strette e dai petti scarni…Non vogliamo avere più nulla a che fare con la Terra. Questo pianeta è nostro, e non vogliamo alieni. Alla larga!" La domanda che Brown pone, con caustica ironia, è evidente: "Se l'uomo costruirà altri tipi umani, chi saranno i 'diversi'?"
Anche Hoqqueath, l'uomo-foca de Il seme tra le stelle di J. Blish deve lottare per superare la diffidenza degli Umani nei suoi confronti. Sono passati millenni ormai dal primo esperimento di adattamento degli Umani ai vari pianeti dell'Universo, e la Terra stessa, ormai ridotta a un deserto di nude rocce, deve essere "riseminata"; ma gli Uomini non sono più in grado di abitarla.
"Ecco, lui fiuta l'ostilità
", pensa tra sé il capitano dell'astronave fissando il volto dell'Uomo-foca, "Un Uomo Condizionato è sempre un Uomo Condizionato e combatte sempre per la parità con la originale forma umana. Ma non è così, mio caro burocrate dal grugno di foca…" Sull'astronave che sta per riseminare la Terra, gli Umani riescono a mettere in isolamento gli Uomini-foca, non tollerando la loro diversità, ma questi ultimi fanno venire a galla il dato di fatto inconfutabile: gli Umani "originari" sono ormai una trascurabile minoranza, prossima all'estinzione. In giro per l'Universo non ci sono che uomini-protozoo, uomini-roccia, uomini-scimmia, uomini-foca.
L'evoluzione programmata dall'Uomo ha portato all'abolizione dell'uomo.
Requiem per l'uomo, dunque. Lo sostiene anche Michel Houellebecq nel suo recente Le particelle elementari, libro per altro non di fantascienza, ma dove si prospetta la sostituzione degli esseri umani con i Cloni. Il Clone non ha più né sesso né dolore, è programmato per superare l'imperfezione umana. Così parla un Clone nel finale del libro: "Avendo rotto il legame filiale che ci avvinceva all'umanità, noi viviamo. Secondo il metro degli uomini noi viviamo felici; vero è che abbiamo saputo sconfiggere il, per loro insormontabile, potere dell'egoismo, della crudeltà e della collera; comunque sia viviamo una vita differente…La ricerca del Vero e del Bello, meno stimolata dallo sprone della vanità individuale, ha nei fatti acquisito un carattere meno assillante. Agli umani dell'antica razza, il nostro mondo fa l'effetto di un paradiso. Talvolta ci capita di qualificarci noi stessi - con un tono, a dire il vero, leggermente ironico - con quel nome di "dei" che tanto li aveva fatti sognare… Dobbiamo rendere omaggio a questa specie sventurata e coraggiosa che ci ha creati…Questa specie che altresì, per la prima volta nella storia del mondo, seppe considerare la possibilità del proprio superamento…".

"Ma io cosa ci faccio qui?"
L'opera nella quale vengono analizzati con spietata lucidità tutti i risvolti della clonazione umana, è senza dubbio Diario di un ragazzo clonato di Enzo Fontana. In un futuro ormai prossimo, i primi decenni del XXI secolo, la clonazione terapeutica (attuata per avere una "riserva d'organi da trapianto") è ormai prassi comune, ma anche la clonazione vera e propria è diventata possibile. Così Elisa e Davide Lercher, due coniugi che hanno perduto tragicamente il proprio figlio Castore (il gemello Polluce era già morto a poche ore dal parto), decidono di clonarlo. Nasce in tal modo Beniamino, che su consiglio dei medici viene tenuto all'oscuro della propria origine, fino a che scopre egli stesso, in modo traumatico, di essere il Clone di Castore.
"Beniamino …serrò il pugno e lo alzò sulla propria immagine con l'impulso a infrangerla, ma si frenò limitandosi ad appoggiare la fronte al suo gelido riflesso. Ecco la conferma della verità che avevo intuito, pensava, la verità sulle mie origini mostruose: sono un clone, un clone, un clone…!"
Nel diario che Beniamino scrive dialogando con il suo "doppio" Castore, viene posta la questione radicale: "Mi avete voluto per me stesso o avete ricreato l'illusione del vostro 'amatissimo' figlio perduto?" Beniamino attraversa amaramente tutti i gradini della propria condizione, ma il libro si conclude con uno spiraglio di misericordia: il protagonista muore sulla cima di un alto monte, abbracciato ad una croce, e "per scioglierlo dall'abbraccio quasi gli spezzarono le dita delle mani".
Cosa c'è dunque nello sguardo di Beniamino, oppure di Rachael, la replicante di Blade Runner?
Lo chiarisce un bell'articolo di Ruggero Guarini, comparso su Il Giornale del 4 gennaio 2003, in piena "bagarre" per l'annuncio-choc dei Raeliani sulla clonazione di "Eva".
"Il problema psicologico e morale, anzi religioso e metafisico, dell'identità dei cloni non differisce in nulla dal problema dell'identità degli androidi raffigurati nel film Blade Runner. Il loro dolore, la loro angoscia, il loro rancore, la loro disperazione, sono il dolore, l'angoscia, il rancore e la disperazione di creature che pur sembrando umane si sanno o si sospettano e si scoprono figli di un "creatore" abusivo, prodotti di un trucco scientifico, fantocci programmati… Osservate bene il tragico volto di Rachael, la meravigliosa androide interpretata dalla stupenda Sean Young. Osservate bene, soprattutto, il suo malinconico sorriso. La sua struggente perplessità. Il suo sguardo vagamente imbambolato. La sua espressione di splendido, regale animaletto oppresso da un dubbio abissale. E vedrete che il sugo del film è interamente racchiuso in quel volto che dal principio alla fine si pone un solo quesito: "Sono una ragazza o una bambola?""